ROMA – La gentilezza non salverà certo il mondo ma potrà renderlo un posto dove le persone possono intrecciare legami forti e, soprattutto, aiutarsi. E’ il messaggio sotteso a “Wonder: white bird”, diretto da Marc Forster e tratto dal romanzo a fumetti della scrittrice newyorkese R.J.Palacio, in questi giorni nelle sale. Sullo sfondo, una Francia occupata dai nazisti e le deportazioni degli ebrei nei campi di concentramento, eppure questo film, lontanissimo da ogni stereotipo sul tema, non è l’ennesimo sull’olocausto che qui diventa il pretesto, attraverso la storia della protagonista, per parlare di affetti, di solidarietà, di umanità al di là di ogni differenza sociale, religiosa o fisica.
Lei è Sara Blum, una anziana e affascinante nonna (Helen Mirren), artista famosa arrivata a Parigi per una mostra ma che con l’occasione dedica una serata al nipote adolescente cui, con la sua storia, riesce a toccare nodi sensibili tanto da indurlo a modificare certi comportamenti, a trattare con più attenzione le persone e, insomma, ad essere gentile. Quella della donna è una vicenda drammatica come tante lo sono state quelle degli ebrei durante la seconda guerra mondiale: da ragazzina, ad un certo punto riesce a sfuggire dalle deportazioni grazie all’aiuto di un compagno di scuola, Julian (Orlando Shwerdt), da lei sempre snobbato perché il più sfortunato di tutti e anche il più maltrattato a causa di una zoppìa che lo costringe a camminare con una stampella.
Nel fienile vicino alla sua casa la ragazzina, che nel frattempo non sa dove siano finiti i genitori, viene ospitata e accudita amorevolmente da quelli del suo giovane salvatore e lì rimane per un anno cercando di scacciare la sofferenza e la solitudine disegnando, immaginando il mondo fuori da lì e parlando con un uccello bianco (whithe bird del titolo), come se fosse la madre di cui non sa più nulla. Julian diventa il suo unico compagno in un difficilissimo momento della vita e si rivela un ragazzo forte e capace, maturo e intelligente, smentendo tutte le convinzioni che anche lei superficialmente aveva coltivato su di lui. Julian riesce a donarle anche dei momenti magici che non scadono mai in niente di melenso o poco credibile ma, al contrario, sono quelli autentici che nascono dalla consapevolezza che ogni momento può essere l’ultimo, concetto che anima tutto il film e dà emozioni a ondate.
Sara, mentre apprezza le capacità e la grazia di Julian, si rende conto di quanto anche lei sia stata ingiusta con lui e l’amore nasce non dal bisogno, non dalla solitudine ma proprio dalla scoperta che ognuno fa dell’altro in una situazione unica: quando è impossibile mettersi una maschera perché l’unica preoccupazione è la sopravvivenza. La dura esperienza in cui si trova Sara diventa l’occasione per conoscere la vita e crescere, comprendere l’importanza degli affetti autentici, dell’attenzione verso gli altri, della cura. Il racconto di lei da nonna è un lungo flashback che inizia e si conclude a tu per tu con il nipote per il quale la lunga rivelazione vale come un viaggio di formazione, una presa di consapevolezza, uno shock improvviso che gli fa vedere le cose da una nuova angolazione.
Su tutto domina il potere dell’arte, in cui si muove da grande comunicatrice la protagonista, terreno nel quale si riconoscono e si connettono al di là del tempo e dello spazio le persone sensibili. E’ intorno a loro che, come insegna questo film, si possono intessere relazioni sane e rendere il mondo più bello.
Gloria Zarletti
Nell’immagine di copertina, una scena tratta dal film “Wonder: white bird”
Lascia un commento