PALERMO – L’impegno di Vittorio comincia dieci anni fa, quando Nerina, la cagnolina randagia che accudiva con cibo e attenzioni, fu trovata impiccata per strada. Fu uno shock per il ragazzino, che allora aveva solo nove anni e non si dava pace di tanta gratuita crudeltà. Così, dopo la morte di Nerina, Vittorio decise di dedicare il tempo libero e le sue energie alla tutela dei cani randagi.
Oggi Vittorio ha 19 anni e da allora ha salvato dall’abbandono e da probabili maltrattamenti circa un migliaio di cani di tutte le razze e dimensioni, compresi alcuni pitbull che sarebbero stati utilizzati in combattimenti clandestini; molte bestiole sono state collocate felicemente in famiglie di adozione, trovate attraverso appositi appelli nei social più diffusi.
Per il territorio, infatti, il ragazzo è diventato un punto di riferimento e, grazie ai social, è a lui che ci si rivolge in caso di necessità. La sua pagina Facebook conta tantissimi followers ed è qui che vengono postate le foto dei cani in adozione, dei cani ritrovati, dei “salvataggi” effettuati.
Finché non si trova una famiglia “adottiva”, i trovatelli e i randagi sono ospiti in un rifugio che si trova in un terreno, messo a disposizione dal padre di Vittorio, nella loro cittadina siciliana di Canicattì, tra la provincia di Caltanissetta e quella di Agrigento, il capoluogo da cui dista una trentina di chilometri. Balzata in prima pagina nella cronaca nazionale perché nelle sue vicinanze – rispettivamente nel 1988 e nel 1990 – sono stati barbaramente uccisi dalla criminalità mafiosa tre suoi cittadini, i magistrati Antonino Saetta (col figlio Stefano) e Rosario Livatino, Canicattì per fortuna è nota anche per le sue pregiate produzioni agricole, tra cui l’uva da tavola “Italia”.
Ecco cosa ha detto il ragazzo a Lucia Basso, la giornalista del TG regionale siciliano che lo ha intervistato, qualche settimana fa, nel canile/rifugio a Canicattì: “Ai randagi che non posso ospitare nel canile, fornisco comunque acqua e cibo ogni giorno. E spero che in strada non vengano maltrattati. Davanti a un supermercato, qualche tempo fa, ho trovato un cane con una zampa compromessa e le orecchie tagliate. Ma ora nel mio rifugio è un cane felice: è vaccinato, con microchip. L’ho chiamato Mozart. Do un nome a ogni cane. Ora siamo in cerca di una famiglia anche per Mozart”.
Vittorio non è solo nella sua particolare missione, gli dà una mano anche la sorellina minore Flavia che, come lui, ama i cani. Inoltre, per sostenere il suo impegno, in quest’angolo di Sicilia arrivano aiuti da tutta l’Italia: soprattutto cibo, ma anche donazioni in denaro perché si possano garantire ai cani le razioni alimentari quotidiane, le eventuali cure veterinarie, nonché le attrezzature per il rifugio. L’attenzione generosa verso l’impegno di Vittorio è prova del diffuso senso di attenzione verso queste creature, nostri “fratellini” minori.
Maria D’Asaro
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