ROCCASINIBALDA (Rieti) – Dopo 50 anni la croce astile è tornata a Vallecupola, frazione di Roccasinibalda (in provincia di Rieti) anche se solo per un giorno. La preziosa croce processionale risalente al 1554, attribuita a Jacopo Del Duca, architetto e scultore, allievo nella bottega di Michelangelo Buonarroti, correva il rischio di essere rubata, come tante opere d’arte sacra troppo spesso trafugate nelle chiese rurali, fiorenti e numerose nei territori delle aree interne percorsi dalle greggi in transumanza. Negli anni ’60 il parroco di Vallecupola don Tommaso Serprietri, decise di consegnarla alla Diocesi di Rieti, per metterla al sicuro. La croce, recentemente esposta anche in Vaticano, venne commissionata dal cardinal Ranuccio Farnese, abate commendatario di Farfa e di San Salvatore Maggiore (molti i manufatti che recano il suo sigillo) nipote di Papa Paolo III.
E’un pregevole esemplare in lamina d’argento, con decorazioni a volute, un lavoro di sbalzo e cesello raffinato e lumeggiante, effettuato su cuscinetti di cuoio con martelletto e bulino, rosette che coprono le lamelle di metallo che avvolgono l’anima di legno, profilo in rame dorato e fu il prototipo dello stile delle croci abruzzesi. Due gli stemmi raffigurati: quello dei Farnese davanti (giglio azzurro in campo oro) e quello papale dietro (due chiavi decussate).
La giornata è stata un momento molto significativo per la popolazione di Vallecupola che in quest’occasione si è riappropriata anche della storia e di un passato di cui essere orgogliosi e da cui ripartire. “Gli oggetti di arte sacra testimoniano la caratteristica di una fede diffusa e di unità d’intenti, erano commissionate da persone di alto rango e i fedeli, che ne sono i fruitori, costituiscono il popolo di Dio”, sottolinea Ileana Tozzi, docente e ispettore onorario del Sabap per Rieti e provincia, durante il suo intervento nel convegno pomeridiano (“Le croci astili, espressione della cultura materiale del territorio dell’Abbazia di San Salvatore Maggiore”), riprendendo quanto detto dal vescovo Domenico Pompili, che ha celebrato la messa nella mattinata, all’arrivo della croce in paese, accompagnata dal saluto della banda musicale di Longone Sabino: “Nella croce vediamo il segno di un amore adulto, di madri e padri consapevoli, come Mosè, che educano guardando al futuro, facendo spazio agli altri, anche a costo della propria vita”.
Il “ritorno a casa” è stato realizzato grazie alla disponibilità del Vescovo e al lavoro congiunto dell’Università Agraria di Vallecupola e della biblioteca museo Angelo Di Mario (scrittore, linguista, etruscologo, poeta e scultore originario di Vallecupola scomparso nel 2013), che hanno iniziato un nuovo percorso di collaborazione, da estendere alla Riserva Monti Navegna Cervia, Rocca Sinibalda, Castel Di Tora, Cittaducale, la Comunità Montana del Turano, la Pro Loco di Ascrea, associazioni e cittadini. “Istituiamo oggi ‘la giornata della croce’ che tornerà qui ogni cinque anni e sarà sempre l’11 agosto, giorno nel quale nacque Ranuccio Farnese” dichiarano il presidente dell’Università Agraria Giuliano Picchi e Maria Grazia Di Mario, giornalista e direttrice della biblioteca.
Sono 27 le croci processionali custodite a Rieti, le prime 7 le raccolse il vescovo Bonaventura Quintarelli, al quale si deve il salvataggio, a proprie spese, della torre campanaria della cattedrale, danneggiata dal terremoto di fine ‘800 e che molti volevano abbattere. Angelo Sacchetti Sassetti (storico, filologo e sindaco di Rieti per tre mandati) decise di custodire le 7 croci nel museo civico della città, le altre 20 sono esposte nel museo diocesano e testimoniano l’attività fiorente di oreficeria nel territorio sabino. Paola Berardi, storica dell’arte e ispettore onorario per i Beni e le attività culturali, è intervenuta su “Jacopo del Duca nell’Hombra di Missere”, laddove Missere è proprio Michelangelo Buonarroti. La chiesa di Vallecupola venne riconsacrata nel 1554 e per quell’occasione venne commissionata la croce.
Con Paolo Maglioni, che ha consultato diversi documenti storici e atti notarili, si scopre che la chiesa della Madonna della Neve in origine era quella cimiteriale (oggi in disuso), la chiesa del paese (inagibile dal 2018) era in origine la chiesa della Santa Croce (ma è chiamata chiesa della Madonna della Neve), che ospita l’affresco del Volto Santo, unico in Sabina, ripreso dal Volto Santo di Lucca a Manoppello, corredato dalla raffigurazione dei Profeti David e Abramo e delle Sibille Cumana e Tiburtina. Maglioni ripercorre la storia dell’Abbazia di San Salvatore Maggiore, fiorente dal 735, che fu Diocesi comprendendo tanti paesi, chiamati castelli. Distrutta e poi ricostruita più volte, l’Abbazia arrivò a possedere 22 castelli nella bassa Sabina, tra cui Vallecupola, Longone, Rocca Vittiana, Poggio Vittiano, Varco, Rocca Ranieri, Capradosso, Offeio, Concerviano, Antignano, Vaccareccia, Fassinoro, Pratoianni, monasteri e nove priorati nelle Marche. Nel 1506 aveva 16 castelli abitati e 6 diruti, fra cui Mirandella, l’antica Varco Sabino, cesellati nelle formelle del portale ligneo.
L’Abbazia (oggi di proprietà del comune di Concerviano) era un grande centro culturale che formava giudici, avvocati, notai, molti studenti venivano da fuori e Vallecupola fu un centro molto importante, con famiglie altolocate. L’ultimo abate claustrale di San Salvatore, Jacopo Jacopuzzi, fu proprio di Vallecupola. Nel 1632, Urbano VIII soppresse l’Abbazia, secolarizzando i 34 monaci che ricevettero un vitalizio di 10 scudi annui. Il governo spirituale dei suoi ex territori passò alla diocesi di Magliano Sabina e nel 1841 a quella di Poggio Mirteto. Nel 1925 confluì nella diocesi di Rieti. Nel 1853 Vallecupola divenne un appodiato, del comune di Roccasinibalda insieme ad altri piccoli paesi limitrofi. Maglioni lancia un dubbio su chi abbia effettivamente pagato i lavori della croce “Ranuccio Farnese la commissionò, ma non venne mai qui e ho ragione di credere che i soldi provenissero dai tanti lasciti testamentari di persone importanti. Uno dei testamenti che ho consultato parla di 5 fiorini per un calice d’argento da donare alla chiesa di Santa Croce: per avere un’idea del valore corrispondente, pensate che con due fiorini all’epoca si compravano due buoi che avevano un grande valore nell’economia agrosilvopastorale”.
Francesca Sammarco
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