Tante le notizie questa settimana pubblicate dai media italiani. Tante notizie, la maggior parte negative ma su due in particolare si è accentrata l’attenzione dei lettori e dei teleradioascolatatori nonché dei tanti naviganti del web. La prima è che gli studenti italiani leggono poco (ma questo già si sapeva) e che – ancora più grave – non sanno leggere. La seconda riguarda la sanità: in Italia 473 mila persone nel 2019 non hanno potuto acquistare farmaci, e quindi hanno rinunciato a curarsi, per mancanza di soldi. C’è poco da stare allegri, parliamo di due settori importantissimi in una civiltà moderna che dovrebbero farci alzare la soglia di attenzione.
Andiamo al primo punto: dal rapporto Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) diffuso pochi giorni fa emerge che gli studenti italiani sono al 25° posto tra i Paesi appartenenti all’organizzazione internazionale. Sono più dediti a internet che ai libri, sono poco amanti della disciplina e disertano spesso le lezioni e sono anche poco ambiziosi. Ma tutto ciò non gli impedisce di essere felici. Questa la fotografia impietosa degli studenti italiani secondo l’indagine triennale Pisa (Programme for International Student Assessment) dell’Ocse, che valuta le competenze essenziali dei 15enni e il loro benessere a scuola nei Paesi industrializzati e di altri Paesi per un totale di 79 economie.
I liceali italiani hanno ottenuto in media un punteggio inferiore alla media internazionale in lettura e soprattutto in scienze e al di sotto dei livelli del 2012, mentre restano in linea con la media rispetto al passato per quanto riguarda la preparazione in matematica.
Il rendimento in lettura è diminuito in particolare tra le ragazze e quello in scienze è peggiorato in modo più marcato tra gli studenti con i risultati più elevati. Il voto nella lettura, che è il punto centrale dell’indagine, è di 476 punti contro la media Ocse di 487 e i 485 punti dei test 2015 e riporta l’Italia al livello del 2003. In scienze il voto è calato a 468 punti, contro i 489 Ocse e i 481 dell’indagine 2015 (già in flessione dai 494 del 2012) e vede la Penisola scendere ulteriormente nella graduatoria, al 30esimo posto. Va un pò meglio in matematica con un punteggio di 487 (ma nel 2015 era 490) a fronte di una media Ocse di 489.
Ma d’altro canto cosa potevamo aspettarci da un Paese, appunto l’Italia, dove la lettura dei libri è da decenni, se non secoli, relegata al settore del superfluo e dell’inutile. Sei italiani su 10 non leggono nemmeno un libro all’anno. Guardando i dati europei, l’Italia è agli ultimi posti nella classifica dei lettori: soltanto Cipro, Romania, Grecia e Portogallo occupano posizioni più basse. E’ deprimente constatare che i lettori di libri in Inghilterra sono l’80%, in Germania il 79% e in Olanda l’86%.
E passiamo alla sanità dove le notizie sono altrettanto deprimenti. Nel 2019 in Italia 473 mila persone non hanno potuto acquistare farmaci e di conseguenza non si sono potute curare per ragioni economiche. La richiesta di medicinali da parte degli enti assistenziali è cresciuta. Dal 2013 al 2019) del 28% e nel 2019 si è raggiunto il picco di richieste, pari a 1.040.607 confezioni di medicinali (+4,8% rispetto al 2018). È quanto è emerso dal 7° Rapporto – Donare per curare: povertà sanitaria e donazione farmaci, promosso dalla Fondazione Banco Farmaceutico onlus e BFResearch e realizzato – con il contributo incondizionato di Ibsa – dall’Osservatorio sulla povertà sanitaria presentato il 4 dicembre presso la sede di Confcommercio Milano.
Ovviamente stanno peggio i poveri e non soltanto per il fatto di non avere i soldi per curarsi ma anche, e forse soprattutto, per non poter fare prevenzione. Il problema diventa ancor più drammatico quando della famiglia povera fanno parte figli minorenni.
Insomma c’è poco da stare allegri. Anzi non ci resta che piangere.
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