VITERBO – Si ama pensare che le leggende popolari siano storie vere, tramandate oralmente di generazione in generazione, e che in ogni passaggio si siano arricchite di dettagli dal contenuto inquietante e quasi inverosimile. In ogni caso, storie del genere esistono in tutto il mondo.
Una delle leggende più conosciute ed amate della Tuscia è quella della bella Galiana. Giovane ragazza viterbese d’incomparabile bellezza che fu protagonista verso la metà del XII secolo di un episodio importante nel contesto del dissidio che divideva Viterbo e Roma. Il fatto, sospeso tra realtà e fantasia,che fu poi tramandato con fantasiosi abbellimenti, vede un principe romano innamorato che chiese in moglie la giovane fanciulla la quale respinse la richiesta di matrimonio. Il giovane tuttavia non si rassegnò e pur di veder coronato il suo sogno d’amore radunò un esercito e marciò contro Viterbo, minacciando di prendere d’assedio la città se Galiana non fosse stata sua sposa. La risposta fu ancora un netto e chiaro rifiuto. Allora il nobile cinse d’assedio la città di Viterbo e fece sapere ai cittadini dell’epoca che se ne sarebbe andato solo a patto che gli mostrassero Galiana. la ragazza accettò e si affacciò da una delle torri della città, una freccia però la colpì alla gola e la trafisse mortalmente.
Leggenda? Folklore? Non si sa… Sta di fatto che questa vicenda è entrata così profondamente a far parte dell’immaginario comune che si perde nella notte dei tempi, ed è rimasta viva nella cultura della città di Viterbo.
Non solo le leggende caratterizzano la Tuscia, territorio dal retaggio etrusco che offre una natura a tratti selvaggia e una produzione agroalimentare di alto livello. Bisogna dire sinceramente che nel Viterbese si mangia bene. Le sue tradizioni sono essenzialmente legate da una parte alla cucina familiare popolare, dall’altra sono una mescolanza fra i sapori della cucina romana, gli odori di quella toscana e la semplicità della vicina Umbria. C’è un piatto che può fare da bandiera per questo territorio
essenzialmente agricolo: l’acquacotta. Una composta di quattro elementi fondamentali: pane casareccio raffermo, verdure selvatiche (prima fra tutte la cicoria di campo), mentuccia (che conferisce un caratteristico profumo) e olio extra vergine di oliva, messo a crudo al momento di servire. Se poi si arricchisce con l’aggiunta del baccalà viene ad acquistare, per la varietà e la completezza dei suoi costituenti, le caratteristiche di un piatto unico ideale.
E’ senza dubbio il piatto più rappresentativo, insieme ai lombrichelli (pasta grezza di acqua e farina) e alla pignattaccia fatta con tutto il quinto quarto del vitellone (zampe, testa, interiora, trippa e una lunga cottura), il risultato è un bollito, ma molto più
saporito. “Inventato” dai butteri della Maremma laziale, è un piatto veloce che veniva fatto rosolare e poi lasciato nella pignatta di coccio sulla cenere, fino a sera.
Radicata nella Tuscia è anche la coltura dei vigneti che, grazie alle condizioni climatiche e alla natura dei terreni favorevoli, è diventata uno dei comparti di eccellenza e di qualità dell’agroalimentare. Affascinante è la leggenda legata al vino Est! Est!! Est!!! prodotto soprattutto a Montefiascone, che narra di un arcivescovo tedesco che era solito mandare il suo servo in avanscoperta con il preciso incarico di scovare ed assaggiare i vini migliori. I due avevano concordato un segnale in codice: qualora il servitore avesse trovato del buonvino, avrebbe dovuto scrivere “Est”, ovvero “c’è” vicino alla porta della locanda. Quando arrivò a Montefiascone il vino che trovò era così buono che
accanto all’ingresso della taverna scrisse “Est! Est!! Est!!!”. L’euforia del buon servitore risulta comprensibile anche ai giorni nostri: basta
assaggiare questo vino bianco secco, perfetto servito freddo con antipasti e piatti a base di pesce e carne bianca.
Spostandosi verso ovest, c’è la cittadina di Marta dove viene prodotta la famosa Cannaiola: un rosso leggermente dolce che scalda
i pomeriggi autunnali in abbinamento ai tipici tozzetti o alle castagne arrostite sul fuoco. Famoso in tutto il mondo è poi l’Aleatico prodotto
a Gradoli, la cui intensità aromatica viene esaltata da una vinificazione che ne privilegia la corposità e l’amabilità. Ottimo come vino da meditazione, l’Aleatico rosso liquoroso si sposa alla perfezione con formaggi stagionati e pasticceria secca.
Insomma, vale proprio la pena fare una passeggiata nella Tuscia, territorio avvolto in leggende e magie: una passeggiata all’insegna del mistero fra antropologia e storia, degustando un menu di antichi sapori semplici che continuano una tradizione familiare e centenaria.
Adele Paglialunga
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