/, Sezione 5/Il romano-cubano Tomas Milian, “er Monnezza”

Il romano-cubano Tomas Milian, “er Monnezza”

di | 2023-07-05T18:21:21+02:00 9-7-2023 5:20|Personaggi, Sezione 5|0 Commenti

PERUGIA – Ben pochi – correva il 1959 – si accorsero, in quella seconda edizione del Festival dei due mondi di Spoleto, di quel giovane attore che recitava una pantomima di Jean Cocteau, con la regia di Franco Zeffirelli, dal titolo “Il Poeta e la Musa”. Il fiuto l’ebbe e lo dimostrò Mauro Bolognini che, seduto in sala a seguire lo spettacolo, intuì le potenzialità del soggetto e gli affidò, poche settimane più tardi, il ruolo di Achille, “il Moretto”, nel film “La notte brava”, dove il nostro compariva nel novero di interpreti dai nomi  già affermati: Laurent Terzieff, Jean Claude Brialy, Rosanna Schiaffino, Elsa Martinelli, Antonella Lualdi…

Cominciò così la carriera artistica di Tomas Milian, al secolo Tomas Quintìn Rodrìguez-Varona Milian Salinas de La Fé y Alvarez De La Campa (1933-2017), cubano nato in un villaggio alle porte de L’Avana, figlio del generale Emiliano Rodriguez, collaboratore stretto del dittatore dell’epoca, l’ex sergente Geraldo Machado e di Dolores, detta Lola, nipote del cardinale cattolico dell’isola caraibica, Manuel Arteaga y Betancourt. Fuori dai denti: una famiglia della ricca borghesia.

Le cose, però, precipitarono nell’instabile mondo politico (e corrotto) della Cuba del tempo. Tomas, a 12 anni, assistette al tragico suicidio del padre (31 dicembre 1945: si sparò un colpo al cuore) che, dopo essere finito in carcere nella fortezza de la Cabana, avrebbe dovuto affrontare un periodo di “riabilitazione”, facendo l’allevatore. I Rodriguez, con i cambi di potere, rotolarono nelle ristrettezze economiche. Dieci anni più tardi – ancora nel periodo dittatoriale di Fulgencio Batista e alla vigilia della rivoluzione castrista – Tomas decise di trasferirsi negli Usa (aiutato dai soldi di una congiunta), a Miami e poi a New York. In entrambe le città seguì corsi di recitazione teatrale (nella “Grande Mela” all’Actor’s Studio di Lee Strasberg), sogno coltivato da sempre – James Dean, il suo mito – e per sopravvivere si piegò a svolgere i lavori più bassi ed umili: lavapiatti, benzinaio, posteggiatore. Pare che avesse tentato persino di togliersi la vita, tanto grame e faticose scorrevano le sue giornate a stelle e strisce. Quando, nel 1959, approdò a Roma, confidò di essere arrivato con la miseria di 5 dollari in tasca…

Spoleto e Giancarlo Menotti gli offrirono l’opportunità, quasi ogni anno, di recitare a teatro: nel ’59 appunto; nel ’60 con “La notte dell’iguana”; nel ’61, con “Arrivo a Roma” di Menotti; nel ’64 con “L’Isola”; nel ’65 con “Evaristo”. Ma, nel frattempo, Tomas Milian aveva imboccato pure la strada del set. Tanto da ottenere una parte, quella del pittore Raffaello Sanzio da giovane, nel colossal in costume sulla figura di Michelangelo Buonarroti, dal titolo “Il tormento e l’estasi”, regia di Carol Reed, girato in parte, a Todi nell’estate del 1962, con divi del calibro di Charlton Heston, Rex Harrison, Diane Cilento, Alberto Lupo, Adolfo Celi. In una intervista Milian ammise che non avrebbe voluto accettare l’offerta: “Non intendevo vestirmi da stronzo. Con quella calzamaglia color diarrea di scimmia…”, confidò con sincera ingenuità.

Finì per accettare, invece. E la fortuna lo baciò, se grazie alle sue doti e alle sue mille sfaccettature – drammatiche e comiche -, raccolse un indubitabile successo nella cinematografia del suo tempo. Tra i riconoscimenti ottenuti il Nastro d’Argento del 1980, lo Screen Actors Guild Awards del 2001, il Marc’Aurelio del 2014. L’Umbria, pertanto, ha “segnato”, dunque, la strada di Milian, che in carriera ha partecipato ad un centinaio di film con registi del livello di Antonioni, Visconti, Bertolucci, Pasolini, Zurlini, Lattuada, Lizzani, Cavani, Lay, Festa Campanile e pure di Spielberg, Soderberg, Franckheimer, Dennis Hopper, Stone, Abel Ferrara, Pollack, Chabrol, Andy Garcia.

I “polizieschi” e le pellicole sulla figura de “Er Monnezza” gli riversarono addosso fama e soldi, oltre alla cittadinanza italiana (nel 1969). Sebbene lui prediligesse di più quei film a sfondo politico-sociale interpetrati a cavallo degli anni Sessanta-Settanta: “Banditi a Milano” di Lizzani e “Faccia a faccia” ed i western all’italiana (entrati nella storia del cinema come “spaghetti western”) di Sollima e di Sergio e Bruno Corbucci, come “La resa dei conti”, “Corri uomo, corri”, “I quattro dell’Apocalisse” (regista Fulci), “Vamos a matar companeros” con le magistrali interpretazioni, tra le altre, di Jesus Maria Moran detto “Tepepa”, di Manuel “Cuchillo” Sanchez, e di “Chaco”, pellicole in cui molte volte l’attore ha rivestito pure il compito di sceneggiatore.

Tomas Milian con Barbara Steele

Per un periodo, nella seconda metà degli anni Sessanta, aveva imboccato anche la strada della musica, col “Tomas Milian Group”, in cui fungeva da leader e da vocalist. I suoi pard? Ray Lovelock, anche lui cantante (e poi attore), i fratelli Mario e Romeo Piccinno, batteria e chitarra, Maurizio Luzi, chitarra solista, Aldo “Fido” Colangelo, tastiere, Giuseppe Colella, basso. Esperienza avviata e chiusa, comunque, abbastanza presto, nel volgere di un triennio e di tre dischi. Non mancarono gli scandali per la “dolce vita”, consumata, anzi spiattellata, nei locali pubblici romani, sia sul proscenio: nella pièce “L’Isola” Tomas si esibì completamente nudo, così come mamma l’aveva fatta recitò, al suo fianco, la conturbante Barbara Steele, britannica.

Per calarsi al meglio nei personaggi, spesso di cattivo e comunque di poco di buono, pare che Milian si desse all’alcol e, talvolta, a sniffare droga. Così almeno narra la vulgata romana. L’attore non ha mai confessato se i suoi fossero vizi, o pose, o ricerca della perfezione nella professione recitativa. In televisione disse a Pippo Baudo che ad aiutarlo ad uscire dal tunnel della dipendenza (precisò di bere quattro-cinque litri di vino al giorno) lo avrebbe aiutato un viaggio in India e l’incontro con il “guru dei vip” Sathia Sai Baba. Di certo Milian si era immedesimato davvero e profondamente nel dialetto e nelle figure che popolavano una certa Roma. Ed esprimersi in romanesco, ricorrendo anche alle pesanti volgarità di quell’idioma, gli garbava proprio. Sosteneva, l’attore, che il dialetto regalava verità, sincerità, genuinità ai dialoghi, alle storie.

Nel mondo della celluloide Milian ha lavorato con tantissime e splendide attrici – su tutte Romy Schneider ed Edvige Fenech – ed ha allacciato diverse relazioni. Quando è morto, nella sua casa di Miami Beach, al numero 900 della Sedicesima Strada, il 22 marzo 2017, ad 84 anni celebrati appena pochi giorni prima, colpito da ictus, si è voluto, tuttavia, far tumulare accanto alla moglie, l’attrice italiana Margherita “Rita” Valletti, sposata nel 1964 (dalla quale ha avuto l’unico figlio: Tomas Milian jr) e spirata cinque anni prima di lui per un tumore ai polmoni.

Un legame forte, inossidabile. Nonostante le “scappatelle”, i tuffi in un mare ritenuto dall’interessato, al momento dell’immersione, più blu.

Elio Clero Bertoldi

Lascia un commento

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi