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“Terzo tempo”, sempre una nuova opportunità

di | 2024-01-19T19:54:43+01:00 21-1-2024 5:10|Sezione 3, Spettacolo|0 Commenti

ROMA – C’è un tempo in cui tutto può essere riveduto e corretto, rivissuto. E’ il “Terzo tempo” che dà il titolo ad un lavoro teatrale andato in scena al teatro Parioli, per la rassegna “Lingua madre, il teatro non fa schifo; drammaturgia italiana a confronto tra commedia e dramma”. Tratto da un romanzo di Lidia Ravera e diretto da Piero Maccarinelli, ha visto protagonisti Enzo Decaro ed Emanuela Giordano (qui è anche regista). I due, nei panni di una attempata coppia di separati, rispettivamente Francesco e Costanza, in occasione della morte di un familiare si incontrano e, tra una schermaglia e l’altra nel ricordo dei tempi vissuti insieme, si accorgono di poter dare alla loro relazione una chance: si concedono, appunto, il terzo tempo, quel momento in cui nel rugby le squadre depongono le rivalità e si rendono disponibili alla convivialità.

Questa apertura, o meglio riapertura alla vita e agli affetti, che arriva con delicatezza solo al termine dello spettacolo, è in pratica l’unico movimento che fanno i due attori sul palcoscenico. Tuttavia non importa che tutto si svolga, su quelle tavole del Parioli, senza scenografia e con i soli leggii che sorreggono il copione: non c’è bisogno di fronzoli quando in gioco c’è la potenza delle parole che riesce a trascinare il pubblico dentro la vita. Ed il testo di Livia Ravera, qui, interpretato con brio e vitalità, racconta di come – invecchiando – le persone si radicano nelle proprie antipatiche abitudini, di quanto diventino, sì, acide e insofferenti, ma anche di quanto l’esperienza abbia insegnato loro a dar valore a ciò che conta veramente, ai sogni soprattutto, alle speranze che invece, per contrasto, i giovani non hanno più e per questo non sanno essere felici.

I giovani, Matteo (figlio di Decaro) e Chelsie (Maria Chiara Augenti), bravissimi, sulla scena appaiono capitati loro malgrado, lei inconsapevole e frivola, lui quasi con il male di vivere e rassegnato ad una vita che sopporta con fatica. Sono i millennials, i giovani già vecchi per essere nati in un’epoca in cui potevano avere tutto e per questo niente dà loro più vibrazioni. I giovani che vivono come se ogni occasione fosse perduta mentre, al contrario, i loro genitori sanno bene come mettere in pratica l’oraziano “carpe diem” (cogli l’attimo). Sulla scena, quindi, Costanza e Francesco hanno un largo margine di vantaggio sui due ragazzi disorientati e con vite un po’ all’arrembaggio. Loro sì, i boomer, dimostrano che non c’è un limite per innamorarsi e nemmeno per ri-innamorarsi, sanno bene che nel consumismo capace di macinare tutto, l’unica salvezza è nel tentativo di recuperare le relazioni attraverso il dialogo e tanta pazienza.

Un testo modernissimo, questo di Lidia Ravera, presente in platea ad applaudire gli attori che hanno saputo rappresentare con la magia della parola (a dire il vero solo quella perché non c’era un minimo di scenografia, ma non ce ne era bisogno), come ci sia sempre quel magico terzo tempo ma che, per essere felici, bisogna saper capire al volo con chi condividerlo.

Gloria Zarletti

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