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Terremoto in Siria: tragedia dimenticata

di | 2023-04-14T20:04:34+02:00 16-4-2023 6:05|Attualità, Sezione 2|0 Commenti

RIETI – Abbiamo aperto l’uovo di Pasqua, le pizze dolci e salate, fatto i sepolcri, la via crucis, siamo andati a Messa, ci siamo fatti gli auguri ma…va tutto bene? No, non a tutti. Ora anche la Tunisia è una polveriera. E l’Europa ancora non ha capito che deve parlare con una voce sola. Intanto la Siria è quasi sparita dai TG: 12 anni di conflitti, un terremoto devastante, 52 strutture sanitarie danneggiate, di cui 15 non più funzionanti, a Jindires, città della provincia di Aleppo, una delle aree più colpite dal terremoto, il 60% degli edifici è stato distrutto e il 90% è stato danneggiato. E dov’è Bassar Al Assad? Quante volte è comparso nei tg, quante dichiarazioni ha rilasciato in tutti questi anni? Nella distruzione del suo paese non dice una parola, non ci sono dichiarazioni e viene da chiedersi: è vivo?

Medici Senza Frontiere è all’opera fin da subito dopo il sisma a Idlib e Aleppo. “Le condizioni della popolazione sono preoccupanti e il servizio sanitario è al limite. In un campo per sfollati dove vivono 270 famiglie rimaste senza casa dopo il terremoto, abbiamo attivato una clinica mobile effettuando 1.550 visite mediche e 670 sessioni di supporto alla salute mentale. Guidando per le strade di Jindires, abbiamo visto la devastazione. Alcuni quartieri sono completamente distrutti e molti edifici sono danneggiati, compreso il centro di maternità da noi supportato, dove abbiamo garantito parti sicuri, cesarei d’emergenza e cure neonatali in collaborazione con un partner locale, fornito kit di emergenza, chirurgici, forniture mediche” riporta Enrique Garcia, coordinatore del progetto di MSF nel nord di Aleppo.

Per assicurare la continuità di servizi essenziali come la maternità e la pediatria, in collaborazione con un’organizzazione locale, MSF ha supportato l’allestimento di un ospedale da campo dedicato a donne e bambini, offerto visite pediatriche, cure mediche, assistenza alla salute sessuale e riproduttiva. Sono oltre mille i pazienti trattati, mentre chi necessita di cure specialistiche viene trasferito in altri ospedali. L’intera popolazione di Jindires è stata costretta ad abbandonare le proprie case. Chi ha deciso di non lasciare la città vive nel campo per sfollati o in tende vicino alle proprie case danneggiate e tra loro ci sono anche donne in gravidanza e bambini che hanno bisogno di cure mediche.

“In collaborazione con il nostro partner locale, vogliamo garantire l’accesso ai servizi sanitari essenziali e siamo in azione per migliorare le condizioni delle strutture sanitarie che supportiamo”, prosegue Garcia, che fa il punto a due mesi dall’evento: “E’ necessaria una risposta più ampia e completa per ripristinare il sistema sanitario e garantire la continuità dei servizi sanitari per la popolazione del nord-ovest della Siria. Le strutture sanitarie sono sovraccariche e mancano risorse. Il personale lavora in condizioni difficili, a volte in strutture non permanenti come tende e con forniture mediche e strumenti insufficienti a soddisfare i bisogni della popolazione. C’è urgente bisogno di ulteriore sostegno per ripristinare il sistema sanitario nel nord-ovest della Siria e garantire alla popolazione un’assistenza sanitaria tempestiva e sostenibile”.

Piove sul bagnato: dopo 12 anni di guerra che avevano già fatto danni ingenti. Spesso il personale sanitario è costretto a lavorare in più ospedali per sopperire alla grave carenza di staff e nella maggior parte delle strutture sanitarie c’è una mancanza di forniture mediche e di medicinali essenziali. Nonostante le difficili condizioni, gli operatori sanitari di Jindires lavorano giorno e notte per rispondere ai bisogni medici della popolazione. “Sono rimasto stupito dalla forza e dalla generosità del personale. Ho incontrato un’ostetrica, rimasta senza casa a causa del terremoto e che viveva nel campo per sfollati, visitare le pazienti nella sua tenda. Ho visto una farmacista, che ancora allattava, portare con sé suo figlio al centro sanitario pur di lavorare. E ho incontrato molte altre persone che lavorano instancabilmente dal primo giorno, nonostante siano state colpite anche loro dalle conseguenze del terremoto”.

MSF a Jindires e in altre aree colpite nelle province di Aleppo e Idlib sta adattando la propria risposta ai bisogni della popolazione: supporta 7 ospedali, tra cui un’unità per ustioni, oltre a 12 centri di cure primarie, 2 centri per malattie croniche e 11 cliniche mobili che lavorano nei campi per sfollati, gestisce attività idriche e igienico-sanitarie in oltre 112 campi, con controlli epidemiologici in circa 40 campi a Idlib e Afrin. “Una delle priorità principali adesso è supportare la costruzione di un nuovo centro di maternità che possa sostituire quello distrutto dal terremoto e fornire uno spazio sicuro e idoneo in cui le donne possano partorire”.

Sono 3.465 i feriti e 551 i morti ricevuti in diverse strutture sanitarie che MSF supporta nei governatorati di Aleppo e Idlib. “Una nostra clinica mobile è in azione nel centro di accoglienza di Kelly, nel governatorato di Idlib, mentre un servizio di ambulanze è attivo per facilitare il trasferimento dei pazienti che necessitano di assistenza d’emergenza. Molti ospedali sono stati danneggiati e alcuni, come quello di Jindires, nel governatorato di Aleppo, non sono in grado di assistere i pazienti. Due maternità che supportiamo sono state evacuate a causa del rischio di crollo degli edifici. Sempre a Jindires, nel distretto di Afrin, stiamo distribuendo coperte, kit igienici e generi alimentari a 2.500 famiglie. Manca carburante, elettricità, acqua e servizi igienici adeguati. Chiediamo che il valico di Bab al-Hawa resti aperto e che siano resi disponibili altri punti di accesso per assistere le popolazioni Intanto, sale purtroppo a due il numero dei morti del nostro staff a causa del sisma”.

E questa è la testimonianza di Hasan, logista MSF. La guerra impedisce persino di prestare soccorsi, perché il nemico potrebbe avvantaggiarsene. “Dopo il terremoto siamo scesi in strada, sembrava di vedere il giorno del giudizio. Le persone erano completamente perse, lo scenario sconvolgente.  I sopravvissuti si trovano nei rifugi o nei campi e hanno bisogno di tutto perché hanno perso ogni cosa. Hanno bisogno di cibo, acqua, carburante per il riscaldamento. Hanno bisogno di coperte per dormire e di tappeti per le tende”. E tutto tace.

Cosa stiamo diventando?

Francesca Sammarco

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