PALERMO – Organizzata dal Politecnico di Torino dal 18 al 21 aprile scorso, si è appena conclusa la quarta edizione della Biennale di Tecnologia, che quest’anno ha avuto un titolo particolare “Utopie Realiste”: “Perché senza le utopie non sapremmo dove andare, senza il realismo non sappiamo da dove partire”, ha sottolineato Luca De Biase, curatore scientifico della manifestazione, assieme a Juan Carlos De Martin.
Tra i vari interventi scientifici alla Biennale c’è stato quello del professore Telmo Pievani, filosofo delle Scienze Biologiche presso l’Università di Padova. Pievani ha proposto una riflessione basata sul cosiddetto Principio del Castoro: “Lo si chiama Principio del Castoro perché il castoro è un esempio paradigmatico di cosa significa questo modello. Il castoro è un tecnologo a tutti gli effetti nel senso che, come molti animali, costruisce degli artefatti, vale a dire modifica attivamente l’ambiente per renderlo più consono alle proprie esigenze. Il castoro, quando costruisce le sue nicchie, diviene una sorta di ingegnere ecosistemico che promuove comunque la biodiversità negli ambienti modificati. E, da circa 11.000 anni, noi specie di Homo Sapiens ci comportiamo come i castori: nel tempo abbiamo modificato circa l’80% degli ecosistemi terrestri”.
Ma c’è un grande problema, ha poi evidenziato il docente: modificando in modo così significativo gli ecosistemi, abbiamo moltiplicato le linee di ereditarietà. Che significa? “Vuol dire che, modificando l’ambiente, trasferiamo ai nostri figli e nipoti, oltre che i nostri geni, le nostre idee, la nostra cultura, anche tutte le modificazioni ecologiche introdotte dalla modificazione precedente. Ora, se questi cambiamenti sono corretti ed ecologicamente sostenibili, va tutto bene; ma se la generazione successiva è in difficoltà, fa fatica ad adattarsi e deve pagare un prezzo più alto per le azioni di chi l’ha preceduta, allora tutto questo non va bene. E questa noi la chiamiamo trappola evolutiva”.
Al Tg scientifico Leonardo, il giornalista Dario Tomassini ha così sintetizzato l’intervento di Pievani a Torino: “L’uomo è diventato un castoro fuori controllo, capace ormai da tempo di cambiare il mondo a suo piacimento. A differenza dell’operoso roditore, però non costruisce dighe, ma trappole: le nicchie ecologiche che ci siamo costruiti, pensando di rendere migliori le nostre vite, trascinano al loro interno gli effetti collaterali prodotti dalle generazioni precedenti. E se la trappola ecologica diventa sistemica è assai difficile uscirne ricorrendo esclusivamente a soluzioni miracolistiche. Occorre invece ripensare, oltre a investimenti in ricerca, ai nostri modelli di sviluppo, di consumo, di trasporto e alla nostra alimentazione”.
Allora, il professore Pievani ci invita a una maggiore attenzione verso le generazioni future: “Dobbiamo essere generosi e lungimiranti perché dobbiamo agire oggi per mitigare, ad esempio, il rischio del cambiamento climatico, in modo che i nostri figli e nipoti, nella seconda metà di questo secolo, abbiano un minore prezzo da pagare per l’adattamento a questi cambiamenti. Attenzione poi al mito, impossibile e inesistente, di una natura vergine, nella quale pensare di tornare indietro in modo nostalgico e un po’ romantico. Dobbiamo trovare in futuro un modo per interagire con l’ambiente, come abbiamo sempre fatto, ma in modo assai più sostenibile”.
Infine, Telmo Pievani prospetta un sogno ‘scientifico’: “Se impariamo a studiare come l’evoluzione abbia trovato delle soluzioni adattive in passato, questo ci potrà aiutare moltissimo a trovare le tecnologie del futuro. Una per tutte: la fotosintesi clorofilliana. L’hanno inventata le piante, un miliardo di anni fa, è un vero miracolo bio-chimico. Pensate se riuscissimo un giorno a copiarla, a riprodurla in laboratorio… Sarebbe meraviglioso”.
Intanto, evitiamo però di consegnare a nipoti e pronipoti disastri ambientali.
Maria D’Asaro
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