NAPOLI – L’hanno stuprata in un ascensore della Circumvesuviana. Lei, la vittima, ha 24 anni ed è di San Giorgio a Cremano; loro, gli aguzzini, sono tre e ne hanno 18-19. Lei li conosceva; una ventina di giorni fa ci avevano provato sempre nello stesso posto. L’ultimo scempio ai danni di una donna che nel 2019 appare essere ancora il sesso debole di “forti” uomini che sanno agire solo in branco come animali. Un atto puramente animalesco che porta la nostra civiltà e la parvenza di uguaglianza tra i sessi indietro di decenni.
In occasione del giorno dedicato alle donne, il bilancio è in netta perdita: in perdita soprattutto è l’umanesimo, dove violenza e prepotenza la fanno da padrone per una incapacità affettivo-relazionale ad innamorarsi della libertà altrui. I femminicidi sono il climax di questa incapacità che confonde l’amore con il possesso. Eppure, questi uomini sono figli di donne. Tutte le conquiste di parità e rispetto non hanno ottenuto la finalità auspicata.
Non si investe sull’educazione all’affettività nelle scuole, nelle famiglie e nella vita formativa di ragazze e ragazzi. La TV non aiuta mettendo in onda programmi inqualificabili per qualità e contenuti che sono una vera mina per bambine e bambini in formazione. Donne alla rincorsa di una finta perfezione ricorrendo ad una chirurgia estetica senza curare la propria essenza. La rete poi ha reso impossibile un controllo educativo su immagini gratuitamente violente, ma il danno peggiore proviene dai videogiochi con cui le ultime generazioni sono cresciuti. Ore ed ore passivamente davanti ad uno schermo ad assorbire scene ed ambienti di guerra, lotte, armi e prevaricazione. Il più forte vince e va avanti negli step di una realtà virtuale che passa per vera.
Un film di Truffaut di qualche decennio fa era incentrato su come noi agiamo e parliamo, riproponendo inconsciamente scene di film come se da replicanti mettessimo in scena i fotogrammi visti al cinema e in tv. Sovrapponendo scene di fiction alla nostra realtà. A maggior ragione i ragazzi che passano tante ore alla Playstation spesso confondono la realtà con la fantasia e viceversa. Spesso questi giochi inducono a colpire e uccidere e la vita diventa futile, un gioco senza valore.
I fatti di cronaca lo confermano: i ragazzi, sempre più giovani, continuano il gioco virtuale anche nella vita reale. Per gioco, per noia accoltellano il primo che passa senza un motivo e anestetizzati non ne percepiscono la gravità. Per fortuna pare sia stata annullata l’uscita ad aprile dell’ultima trovata “Rape day” che invita i fruitori a molestare, stuprare ed uccidere le donne. Sconvolgente solo il fatto di averlo ideato. Per tre settimane è stata diffusa l’anteprima tanto da disgustare alcuni utenti che ne hanno chiesto la cancellazione. Così come avvenne per Active Shooter, il simulatore di stragi scolastiche uscito poco dopo la strage in Florida.
La rete, i videogiochi, i dispositivi hanno sostituito e reso impossibile una fruizione educativa per una formazione adeguata a ragazzi privi di strumenti critici, che non hanno ancora sviluppato interamente il loro cervello in crescita completamente annebbiato da ore infinite davanti a questi schermi da offuscare le loro menti. Questi schermi che si frappongono tra loro e la vita reale fatta invece di sguardi, voce, intonazioni, umori, sapori tutto precluso ad un messaggio whatsapp o ad un’immagine Instagram a seguire l’influencer di turno in un ingranaggio fittizio che allontana dalla vita vera. Non serve certo demonizzare la tecnologia, non si può impedirne l’uso, sarebbe andare contro il tempo se può permettere un’amplificazione dei rapporti è anche positiva.
Resta un mare di solitudine e una patologica difficoltà comunicativa tra i sessi, anzi tra persone che non riescono a tenere lo stesso passo.
Angela Ristaldo
Nella foto di copertina, un fotogramma del videogioco Rapeday
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