Inchiostro contro piombo. Il potere della parola contrapposto al lugubre crepitare delle armi. La forza degli articoli di fronte allo strapotere delle organizzazioni criminali più efferate e potenti. La denuncia contro la sopraffazione. La verità (e il diritto-dovere di esprimerla) contro il malaffare, gli intrecci perversi tra politica e mafia, le collusioni, la corruzione diffusa, il girare la testa (e il cuore) dall’altra parte. La storia de “L’Ora”, quotidiano di Palermo ormai scomparso da anni, è un pezzo della storia della Sicilia e dell’Italia tutta. A quello straordinario unicum del panorama editoriale nazionale a cavallo degli anni Cinquanta e Sessanta, Mediaset ha dedicato una serie tv (ora visibile su Infinity).
Il racconto parte dall’arrivo in redazione del nuovo direttore Antonio Nicastro (intepretato da Claudio Santamaria): il personaggio, in realtà, si identifica totalmente con il responsabile di quell’epoca, Vittorio Nisticò, che poi fu direttore per circa vent’anni. “L’Ora” era stato fondato nel 1900 dalla famiglia Florio (sì, quella del famoso marsala) e dunque aveva una solida storia alle spalle. Per quanto possibile, durante il Fascismo, il quotidiano aveva cercato di opporsi, ma alla fine si era dovuto piegare alle richieste del regime. Al termine del secondo conflitto mondiale, dopo una serie di vicissitudini, fu rilevato dal Pci e quindi divenne, al pari di Paese Sera (altra straordinaria fucina di giornalisti), una sorta di organo collaterale del Partito comunista. L’avvento di Nicastro-Nisticò alla guida del giornale provoca un autentico terremoto. La prima decisione importante riguarda il divieto di tenere in redazione riunioni di partito: la cosa non piace ad alcuni redattori che preferiscono andarsene.
Con quelli che rimangono, i rapporti all’inizio non sono affatto facili. Frequenti e accesi scontri verbali, ma piano piano le tensioni si ammorbidiscono e si comincia a fare sul serio. L’episodio scatenante è la scomparsa di un giovane sindacalista di Corleone che aveva guidato la protesta dei braccianti agricoli della zona che rivendicavano la possibilità di coltivare terre abbandonate da tutti. E’ un giovanissimo aspirante cronista, Domenico Sciamma, a scrivere i primi pezzi sul suo amico Bastiano e a sollevare il velo sulla misteriosa morte in sala operatoria di un ragazzino, sospettato di essere l’unico testimone oculare del rapimento e della scomparsa del sindacalista. Ad operarlo e a definire quella morte “una disgrazia” il dottor Michele Navarra, esponente della Dc di Corleone e uomo d’onore, insomma un capo mafioso di spicco.
Nel capoluogo, è il tempo di Salvo Lima sindaco e di Vito Ciancimino assessore all’urbanistica per una fase storica che fu poi definita in maniera compiuta come “il sacco di Palermo”. In questo contesto, si inserisce “L’Ora” di Nicastro-Nisticò che comincia una battaglia contro la mafia a suon di articoli e di inchieste, raggiungendo un successo straordinario di vendite e di consensi. In redazione, tutti remano dalla stessa parte, a cominciare dal caporedattore Giulio Rampulla (interpretato da uno splendido Francesco Colella) e da un altro giornalista di peso Marcello Grisanti (affidato alla sapiente e convincente interpretazione di Maurizio Lombardi). Al loro fianco, giovani ma già esperti redattori (Enza Cusumano e Salvo Licata, interpretati rispettivamente da Daniela Marra e Bruno Di Chiara) e un paio di ragazzotti di belle speranze: lo stesso Domenico Sciamma e il fotografo Nicolino Ruscica (ben tratteggiati da Giovanni Alfieri e Giampiero De Concilio). La regia è di Piero Messina (episodi 1-2, 8-10), Ciro D’Emilio (episodi 3-6) e Stefano Lorenzi (episodio 7); la serie è basata sul libro Nostra Signora della Necessità (edito da Einaudi) di Giuseppe Sottile. Ma va ricordato anche il libro scritto da Vittorio Nisticò “Accadeva in Sicilia – Gli anni ruggenti dell’«Ora» di Palermo”, edito da Sellerio.
Senza scendere troppo nei particolari, il quotidiano del pomeriggio del capoluogo siciliano diventa un “protagonista” della guerra di mafia scatenata dal boss emergente Luciano Liggio (interpretato da Lino Musella) contro i baroni della vecchia guardia, a partire dal medico Michele Navarra (ruolo affidato a Fabrizio Ferracane). Racconta con dovizia di particolari l’efferata cronaca di quegli anni, gli accordi con la mafia italo-americana, l’arrivo in Sicilia delle prime partite di eroina, inizialmente nascosta dentro innocenti confetti. E ancora una riunione con tutti i boss d’oltreoceano: Bonanno, Lucky Luciano, quelli della costa pacifica. E “L’Ora” dà fastidio, molto fastidio. Due suoi giornalisti furono uccisi (Cosimo Cristina nel 1960) e Giovanni Spampinato nel 1972) e un altro, Mauro De Mauro, scompare misteriosamente mentre stava lavorando ad un’indagine sul caso Mattei.
Verso la metà degli anni Settanta, comincia il declino inarrestabile del quotidiano. Vari tentativi, compresa la creazione di una cooperativa editoriale, vanno a vuoto, mentre il Pci progressivamente abbandona la strada dell’editoria (stessa sorte ebbe Paese Sera). Il quotidiano cessò definitivamente le pubblicazioni il 9 maggio 1992 salutando i propri lettori con un “Arrivederci” in prima pagina. In realtà, fu un vero e proprio addio. Negli anni seguenti, altre infruttuose avventure, tutte rivelatesi effimere; oggi esiste solo un’edizione on line.
La fiction di Mediaset ha il merito di accendere ancora una volta i riflettori su una vicenda che non è solo giornalistica; certo, in molti passaggi, la necessità di romanzare la trama prende il sopravvento rendendo il racconto un po’ lento e faticoso. E di questo risente anche l’interpretazione di Claudio Santamaria, che appare meno convincente del solito. Ma restano le straordinarie pagine di quel giornale che seppe contrapporsi a poteri fortissimi (fuori e dentro lo Stato), usando semplicemente l’arma dell’inchiostro.
Buona domenica.
Nell’immagine di copertina, i protagonisti della fiction Mediaset “L’Ora – Inchiostro contro piombo”
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