NAPOLI – Peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla. La vita è adesso. Strano a dirsi, è come se il Covid con tutte le sue implicazioni, con tutti i suoi restringimenti, ci avesse svegliato dal torpore a cui ci eravamo abituati. Serviva una lezione così per scuotere vite, coscienze, situazioni? Non si vuole stare qui a rendere positiva una situazione che non lo è. Di sicuro tanti, anzi tutti hanno dovuto fare i conti con la propria esistenza, da tutti i punti di vista e non solo economico. Ansie, paure, preoccupazioni, incontri mancati, contatti rimandati, c’è stato un nuovo modo, assurdo, di riconsiderare i rapporti. Non più la casualità, non più l’incontrarsi per caso, fortuitamente, casualmente, ma desiderare di voler sentire, desiderare l’altro, volerne ascoltare la voce, il pensiero. Mai come ora sembra che ci sia la necessità di un movimento personale per impattare l’altro, per muoversi verso, per incontrare.
Ma, come ha sottolineato il Papa ultimamente, “peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla”. Quanto è vero! E’ come se si aspettasse che la vita debba ricominciare e che non sia essa stessa vita. E’ come se si permanesse in un limbo aspettando “tempi migliori”, che finalmente finisca questo brutto periodo. Sollecitando gli alunni ad uno studio più serrato, in diverse occasioni mi è stato risposto: “Prof, aspettiamo di rientrare in presenza per iniziare a studiare”. Niente di più falso. Rimanere in una sorta di ignoranza scolastica e giustificare tale mancanza di applicazione per una presunta assenza di proposta didattica diretta. Claudio Baglioni cantava “La vita è adesso”, questa è la realtà, dura, cruda ma è così che si sta presentando a noi oramai da tanti mesi. Non si può aspettare, non si può attendere un miglioramento delle condizioni senza muovere e muoversi ora.
Come si fa a rimandare il vivere? Come si fa a far finta di nulla galleggiando nell’apparente non senso? La pandemia, soprattutto nella seconda ondata, ci ha di fatto messo con le spalle al muro, ha stravolto una normalità costringendoci a prendere in mano le nostre certezze e domandarci se fossero effettivamente tali. Non tutto riesce ad essere sostenuto dalle nostre pur valide ragioni, la realtà sfugge di mano ed è come se un vuoto si prospettasse nelle giornate pur piene di “connessioni virtuali”. Ci si pone, quindi, la domanda su cosa possa sostenere il nostro quotidiano, il nostro balbettio esistenziale, il nostro barcamenare tra ciò che riempie uno spazio e ciò che riempie un desiderio di soddisfazione. Onduliamo nel vuoto di un’assenza, temporeggiamo nell’essere vaghi e poco decisi. A volte possiamo non renderci conto del nulla perché la vita è riempita da tante cose che ci fanno credere di poter vivere congestionando le giornate di attività e distrazioni che colmino il vuoto.
Ma quando ci si deve fermare, tutti questi tentativi sono sfidati. Allora appare davanti ai nostri occhi il vuoto (J. Carron) Ma c’è qualcosa o qualcuno che ci permette di resistere? Qualcosa che sostiene il nostro vivere? Come dice il Papa nella sua Enciclica Fratelli tutti: “Malgrado si sia iper-connessi, si è verificata una frammentazione che ha reso più difficile risolvere i problemi che ci toccano tutti. Se qualcuno pensa che si trattasse solo di far funzionare meglio quello che già facevamo, o che l’unico messaggio sia che dobbiamo migliorare i sistemi e le regole già esistenti, sta negando la realtà. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti. Com’è importante sognare insieme! Da soli si rischia di avere miraggi per cui vedi quello che non c’è; i sogni si costruiscono insieme”.
Innocenzo Calzone
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