Nonostante i gestori della Sfattoria degli Ultimi, il rifugio per animali (soprattutto suidi) situato a nord di Roma, abbiano vinto il ricorso al Tribunale amministrativo del Lazio contro la disposizione della Asl che aveva decretato l’abbattimento dei maiali e dei cinghiali ospitati nella struttura di via Arcore, la battaglia continua. E’ di pochi giorni fa, infatti, il grido d’allarme lanciato dai titolari del rifugio che tornano a evidenziare le azioni di cattura e successiva soppressione che avvengono tramite gabbie trappola nella zona a ridosso della Sfattoria.
Lunedì scorso il Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato dai responsabili del rifugio che ospita e accudisce circa 140 tra maiali e cinghiali salvati da condizioni di disagio e maltrattamenti, contro un ordine di abbattimento emesso ad agosto scorso dall’Azienda sanitaria locale. L’uccisione degli animali ora è stata di fatto annullata in quanto ritenuta «non correttamente motivata».
L’abbattimento di maiali e cinghiali fa parte di un piano della Regione Lazio per combattere la diffusione della peste suina africana. La Sfattoria era compresa nella “zona rossa” all’interno della quale erano stati ordinati gli abbattimenti, ma i gestori della struttura hanno sempre sostenuto che il loro non è un allevamento di animali destinati alla macellazione bensì un rifugio per animali definiti “di affezione” o meglio ancora “animali da compagnia”.
Tra l’altro, cosa ancora più importante, all’interno della Sfattoria non sono mai stati rilevati contagi da peste suina.
Comunque ha prevalso la linea degli avvocati che rappresentano il rifugio, affiancati in questo da numerose associazioni ambientaliste e animaliste e da un vero e proprio movimento d’0pinione sia in presenza che sui social. Il TAR ha dato ragione alla tesi secondo cui l’Asl e le amministrazioni competenti non hanno preso adeguatamente in considerazione un regolamento europeo (il 687 del 2020) che ammette deroghe a determinate misure di controllo delle malattie e all’obbligo di abbattimento nei casi in cui si tratti di «animali di elevato valore genetico culturale o educativo giustificato». Ma la battaglia ancora non può dirsi definitivamente conclusa, le amministrazioni contro cui è stato presentato il ricorso – ASL, Commissario straordinario per la peste suina del ministero della Salute e la Regione Lazio – hanno 60 giorni di tempo per fare appello contro la sentenza.
E intanto le catture dei cinghiali e il successivo abbattimento nella zona a ridosso della Sfattoria degli Ultimi, da molti ritenute illegali, continuano.
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