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Settore giornalistico, calano i posti di lavoro

di | 2018-06-02T18:10:12+02:00 3-6-2018 6:30|Attualità, Sezione 7|0 Commenti

ROMA – C’è da stare poco allegri, negli ultimi 5 anni nel settore dell’editoria, o per essere più precisi in quello della professione giornalistica, l’occupazione è calata del 15%. In termini numerici sono andati persi 2704 posti di lavoro. Un dato peraltro in controtendenza rispetto a quello che sta accadendo in Europa dove invece i dati mostrano una sensibile risalita occupazionale. A rivelarlo è il “Rapporto sulle dinamiche occupazionali nel settore giornalistico: confronto con il sistema paese e l’ambito comunitario” presentato in commissione Lavoro e Tutela Occupazionale dell’Inpgi a cura dell’Ufficio Studi dell’ente.

Per quanto riguarda il lavoro dipendente, si è passati dai quasi 18 mila posti del 2012 ai 15 mila del 2017. Nello stesso periodo, il totale degli occupati in Italia è invece salito dai 22 milioni del 2012 ai 23 milioni del 2017, con un aumento di 344 mila posti di lavoro (+1,51%).
«Se ne deduce – si legge in una nota pubblicata sul blog inpginotizie.it – che il tasso di contrazione dei livelli occupazionali in ambito giornalistico è in controtendenza di circa 10 volte rispetto alla tendenza occupazione del sistema Paese. La tendenza evidenziata dall’andamento del mercato del lavoro giornalistico è inevitabilmente influenzata dal perdurare della crisi dell’editoria tradizionale, connessa ai nuovi sistemi di informazione tecnologica che hanno permesso la formazione e lo sviluppo di differenti forme di comunicazione che hanno eroso le risorse del sistema dell’informazione senza contribuire, tuttavia, a generare adeguati livelli di occupazione giornalistica, essendosi nel frattempo progressivamente consolidate nuove figure professionali legate al mondo dell’informazione e della comunicazione che sfuggono ai tradizionali sistemi di classificazione nell’ambito delle ordinarie categorie dell’attività giornalistica».
Il trend del mercato del lavoro giornalistico è influenzato dal perdurare della crisi dell’editoria tradizionale, legata ai nuovi sistemi di informazione tecnologica che hanno permesso la formazione e lo sviluppo di differenti forme di comunicazione – sia su piattaforme internet che sui social media – erodendo le risorse del sistema dell’informazione senza contribuire, tuttavia, a generare adeguati livelli di occupazione giornalistica, essendosi nel frattempo progressivamente consolidate nuove figure professionali legate al mondo dell’informazione e della comunicazione che sfuggono ai tradizionali sistemi di classificazione nell’ambito delle ordinarie categorie dell’attività giornalistica.

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