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Senza il tiranno Assad, la Siria troverà finalmente pace?

di | 2024-12-11T19:17:06+01:00 15-12-2024 0:25|Personaggi, Sezione 6|0 Commenti

PERUGIA – Un altro tiranno cade. Dopo Saddam Hussein in Iraq e Muammar Gheddafi in Libia, la Siria si è liberata dal giogo degli Assad. Dopo 53 anni. Se Hussein (impiccato) e Gheddafi (linciato) hanno pagato con la vita il loro dispotismo, Bashar Hafiz Assad (nato a Damasco l’11 settembre 1965) è riuscito, appena in tempo, a salire su un aereo con la moglie ed i tre figli ed è stato accolto (“per motivi umanitari”) a Mosca, proprio mentre l’intero esercito siriano, di ben 160mila effettivi, si scioglieva come neve al sole e senza far ricorso alle armi. La caduta di Assad conclude, in appena dieci giorni dall’inizio della rivolta, la parabola della sua famiglia alla guida dittatoriale (e sanguinosa) della Siria.

Se avesse letto Niccolò Machiavelli, Assad avrebbe tenuto conto delle sue conclusioni e che cioè è più facile impadronirsi del potere che non mantenerlo, soprattutto se non riesci a farti amare dalla gente, dal popolo. Bashar sembrava destinato alla carriera di medico: questo giovanotto di un metro e novanta di altezza, laureato all’ateneo damasceno, dopo aver lavorato per quattro anni in ospedale, aveva scelto Londra (parla correntemente inglese e francese) per specializzarsi in oculistica al Western Eyl Hospital. La morte, in un incidente stradale, del fratello maggiore, lo aveva costretto a tornare in patria quale “delfino” designato della famiglia. Da oculista a soldato in poche settimane.

Assad e la moglie Asma

Quale militare aveva scalato le gerarchie fino al grado di colonnello. Morto il padre Hafez, ne aveva ereditato i poteri. Intanto aveva sposato Asma Fawaz al Akhras, nata (l’11 agosto 1975) e cresciuta in Inghilterra, bella ed elegante studentessa di genitori siriani, conosciuta nel periodo londinese, dove si era laureata al King’s College in informatica e letteratura francese e poi specializzata in tecnica bancaria. Asma, di fede sunnita, gli ha dato tre figli: Karim, Hafez, Zein. La speranza che, essendo vissuto in occidente, Bashar avrebbe dato una svolta democratica al suo paese, si era dimostrata di corto respiro. Assad, come il padre, aveva usato il pugno di ferro (di sangue, se si vuole: torture e omicidi) contro gli oppositori.

Nonostante l’appartenenza ad una setta minoritaria nel paese (gli alawiti, facenti capo al mondo islamico sciita), il nuovo despota aveva fatto occupare ai suoi fedelissimi i gangli centrali dello stato, tenendo sotto scacco la maggioranza sunnita, oltre alle etnie minoritarie come cristiani e drusi. Per l’uso di armi chimiche a Khan Shaykhun (2011), si era beccato una accusa di “crimini di guerra”. Ma non aveva cambiato le sue abitudini pubbliche e di governo (nessuna pietà per gli oppositori) e private (rilassarsi col nuoto nel fisico e con la musica nello spirito e viaggiare su internet per diletto). La sua residenza, abbandonata in fretta e furia, è stata occupata e vandalizzata dai ribelli che ora hanno assunto il controllo del paese.

Il movimento (Hayat Tahir Al Sham, islamista: cioè “Organizzazione per la liberazione del Levante”) ha promesso un passaggio di potere senza sangue. Il leader dei rivoltosi – in gran parte filoturchi, musulmani, beduini – il siriano Ahmed Al Sharaa, nome di battaglia Abu Mohammad al Jolani, si è presentato con toni pacifici ai 23 milioni di abitanti della Siria ed anche nei confronti delle nazioni dell’area e del mondo intero, sebbene abbia militato in gruppi terroristici quali Al Qaida e fondato il Fronte Al Nusra. proveniente dal Golan, occupato da Israele e jihadista moderato (a suo dire), al Jolani ha affermato, rispondendo a chi lo accusa delle sue azioni del passato: “A venti anni pensi in un modo, a 40 cambi. È umano”. Sarà sincero? O questa terra di antichissima civiltà e di città come Damasco, Aleppo, Palmira, Emesa (oggi Homs) sarà finita dalla padella alla brace?

Elio Clero Bertoldi

 

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