ROMA – “Daredevil selfie” (letteralmente selfie temerario) è la moda di scattare selfie estremi lanciata, a quanto sembra, da Alexander Remnen, un free climber russo, diventato famoso grazie alle foto che si è scattato in cima ai grattacieli più alti del mondo in situazioni di estrema pericolosità.
Quindi non più solo “balconing” (gettarsi in piscina dai balconi delle camere d’albergo), “binge drinkink” (bere shot di superalcolici tutti d’un fiato), “car surfing” cavalcare un’auto in corsa come fosse una tavola da surf), “choking game” (provocare a sé o ad altri un principio di strangolamento), “eyeballing” (versare a sé o ad altri vodka negli occhi per una vertigine record), “gost riding” (abbandonare lo sterzo dell’auto a folle velocità) ma anche “Daredevil selfie”(il selfie in estremo pericolo): l’ultima delle sfide estreme che i giovani hanno inventato prendendo spunto dalle mille potenzialità offerte dal web e dai social.
Si sfida la morte per dimostrare al mondo virtuale un coraggio estremo ma il più delle volte è proprio la morte vincere la partita.
Sui binari del treno, alla guida di un’auto o di un motorino, su una roccia sul mare o in montagna, su un tetto, su un cornicione, questi sono i luoghi in cui molti i giovani rischiano la vita per immortalare con un selfie un momento di pura adrenalina. Perché lo fanno? Per mettersi in mostra o semplicemente per gioco secondo un’indagine fatta da Skuola.net che ha intervistato quattromila studenti per capire qualcosa di più su questo fenomeno in costante e preoccupante crescita. I dati emersi sono allarmanti: il 13% degli intervistati ha provato almeno una volta a farsi un selfie in condizioni poco sicure e qualcuno l’ha fatto coscientemente; il 18% per provare sensazioni “forti”, l’8% per sentirsi grande di fronte agli amici. Ma non sempre la scelta è ponderata per il 63% si fa e basta, però quasi sempre si tratta di un gesto volontario, solo il 10% ha detto di averlo fatto perché in qualche modo costretto dal branco. Nella maggior parte dei casi c’è consapevolezza di quello che si fa: il 65% degli intervistati, infatti, si è dichiarato consapevoli dei rischi.
E qual è il luogo preferito per questa sfida? Sempre secondo l’indagine di cui sopra non ne esiste uno in particolare, l’importante è che sia “al limite” e poiché si tratta di un fenomeno che riguarda i giovanissimi quasi sempre l’immagine viene poi postata sul web per condividerla con gli amici.
Purtroppo questa pratica dei selfie estremi, che sta dilagando fra i giovani di tutto il mondo, ogni anno cagiona la morte di 170 persone, come emerge dai dati diffusi dall’Università Carnegie Mellon della Pennsylvania e purtroppo, secondo i ricercatori, sembra un numero destinato ad aumentare nel tempo. Nel 2016, ci sono state 76 morti in India seguite, nella tragica graduatoria, da quelle accertate in Pakistan, negli Usa e in Russia. Ed è proprio in quest’ultima nazione che il governo di Mosca ha ritenuto di realizzare una guida per un selfie sicuro indicando tutte le situazioni da evitare rendendo la stessa comprensibile anche ai fruitori più piccoli con immagini e disegni che illustrano tutte le situazioni pericolose.
Le cronache dei nostri giorni sono purtroppo piene di notizie che riguardano questo fenomeno in ascesa, alcuni ragazzi che si cimentano in questa sfida se la cavano con molta paura e qualche escoriazione ma ad altri non va altrettanto bene e sono comunque troppi i giovani che perdono la vita, inutilmente, per seguire questa moda folle.
Secondo l’Osservatorio Nazionale Adolescenza, un adolescente su dieci fa selfie pericolosi mettendo a rischio la propria vita, mentre il 12% è stato sfidato a fare uno scatto estremo per dimostrare il proprio coraggio. Attualmente la foto con il treno in corsa è uno dei passatempi preferiti dai giovani e infatti, in Italia, sono aumentati del 63% gli incidenti ferroviari. Nel 2016 il numero di bravate da parte dei ragazzi sui binari ha superato i dieci casi e purtroppo, per alcuni di questi l’esito è stato mortale.
Cosa fare per mettere un argine a questo dilagante fenomeno? Come sempre occorrerebbe una sinergia fra famiglia, scuola e società: sostiene il sociologo Antonio Marziale (Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria) che non si deve colpevolizzare una generazione poiché i giovani giocano con tutto ciò che gli adulti irresponsabilmente producono. Poi un appello “a quanti sono preposti all’educazione delle masse in età evolutiva con un pensiero a quelle famiglie dove mamma e papà trascorrono sui social più tempo dei figli e ad una scuola vetusta che non intende recepire l’educazione al corretto utilizzo dei media come materia fondamentale d’insegnamento”. La speranza è che l’appello sia prontamente accolto e messo in pratica da genitori ed educatori attraverso campagne di sensibilizzazione sull’uso corretto delle nuove forme di comunicazione digitale in considerazione della grande influenza che questi mezzi possono avere sul modo di vivere e di pensare delle nuove generazioni.
Silvia Fornari
Nella foto di copertina, un pericolosissimo selfie sui binari
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