ROMA – C’è chi lo ha visto da un “oblò”, come Gianni Togni negli anni ‘70, e chi “anche da una finestretta piccola” come, nell’800, Monaldo Leopardi, padre di quel Giacomo che riusciva a farlo addirittura dall’infinito. Cristiana Bullita, però, è andata oltre i suoi predecessori con l’ultimo libro dove il suo, di mondo, lo racconta niente di meno che da un osso. L’operetta, contenuta in un delizioso volumetto (Fefè editore, maggio 2024), è uno dei 46 preziosi tesori della collana “Oggetti del desiderio” curata da Lucio Saviani, per la prestigiosa serie “Superfluo/indispensabile”.
Il titolo è “Ginocchio”, una gradevole, raffinatissima e leggera chiacchierata sulla vita, sulla storia, sull’uomo – e la donna – attraverso aneddoti, citazioni colte, fatti di cronaca, canzoni, opere d’arte: una dimostrazione di come la scrittura sia espressione di ciò che siamo. E Cristiana Bullita è tante cose: arguta, erudita, divertente, talvolta irriverente, ma soprattutto molto chic. Quel che risulta dalle 144 paginette è, dopo una prodromica descrizione quasi ortopedica della patella (scientificamente l’osso che ha sede nella parte anteriore del ginocchio), una summa enciclopedica, una divina commedia dei nostri giorni. L’autrice, oggi docente di filosofia ma in passato di educazione fisica, si muove con perizia sintattica e lessico specifico dando una panoramica sull’umanità, passando con fare sinuoso dal mito alla politica, dalla cronaca all’arte, ad una canzone, un ballo, un dipinto.
Nella sua precisione – quasi una vocazione – Bullita sembra voler filtrare tutto il sapere, gioca con le parole, le sceglie, le sposta, le lima e le impreziosisce. E tutto questo lo fa attraverso quell’apparentemente anonimo osso, considerato da sempre responsabile solo di dolori e a lei rivelatosi, invece, insospettabile protagonista di tantissimi episodi gloriosi, la chiave per comprendere il senso della vita. Con garbo, ora seria e compunta, ora trasgressiva e maliziosetta, parla di ginocchia maschili e femminili che toccano, si piegano, colpiscono, spuntano dalle vesti, sostengono oppure turbano. Turbano non solo, come è tradizione, gli uomini ma anche le donne. E turbano anche lei che, candidamente, lo confessa. Perché un’altra dote della scrittrice è l’autenticità. Insomma, la dice così come la sente, oltre che come l’ha letta sui libri o vista in tivvù. E interpreta pure il pensiero comune! Come quando Sean Connery è apparso con il gonnellino scozzese, provocando in lei “un pensiero abusivo e malizioso” al solo immaginare che lì sotto non ci fossero, come vuole la tradizione, indumenti intimi.
Il fatto è che a leggere questo libricino, il ginocchio sembra essere stato il motore della storia: un sostegno per gli inchini ai sovrani di tutti i tempi, una metafora di forza fisica o, al contrario, di debolezza (quando fa giacomo giacomo), o di noia (per il leggendario latte che vi scende), come testimone e appoggio per pratiche sessuali cui la scrittrice pensa divertita senza tuttavia scadere nella volgarità. Bullita allude, ammicca, sorride. Quando la scena è scabrosa si ferma e dice: “e altre cose che qui non posso scrivere”. Le citazioni sono precise e tantissime, anche quelle di film per i quali non c’è, oltre alla scena di un ginocchio, “nessun altro motivo di menzione”, come per “Notte prima degli esami-oggi”, di Gianni Brizzi, su cui la scure passa senza pietà.
Schizzinosa e anche molto esigente, la scrittrice è severa ma i suoi gusti, in fondo, non sono difficili: le piacciono le cose belle e di quelle vuole parlare, e scrivere. E’ la mediocrità che le dà fastidio. Così il suo ginocchio passa da un’epoca all’altra, attraversa i classici. E lì lui, come un denominatore comune, c’è sempre. Nella Divina Commedia Dante lo nomina, tra gli altri, per Farinata e Brunetto Latini ma il grosso per quest’osso – indicato anche come rotula – è nell’Iliade da cui la scrittrice, con rigore certosino, ha estrapolato tutti i passi in cui Omero ne parla. E poi Milan Kundera, Renè Magritte, Pieter Bruegel e tanti altri.
“C’è tutto il mondo intorno – cantavano i Matia Bazar nel 1979 – che gira ogni giorno”. Lì al centro Cristiana Bullita ci avrebbe ravvisato sicuramente un ginocchio. Ma se fosse stata un’altra parte del corpo sarebbe stata la stessa cosa. “Il ginocchio è stato solo un pretesto, un modo per cominciare questo racconto dell’umanità”, ammette lei. Sì, pensiamo noi leggendo il libro: davvero un modo originale per descrivere il mondo senza dire che lo abbiamo spiato dal buco della chiave.
Gloria Zarletti
Bellissima recensione di un libro certo ormai giale