FIRENZE – Ci sta lasciando. Lentamente, senza far rumore, nascosti tra i numeri dei bollettini quotidiani, tra le immagini delle ambulanze in coda al pronto soccorso. Sono i nonni: una generazione di anziani che se ne va senza avere il diritto di ricevere un’ultima carezza, senza poter riabbracciare il proprio nipotino, senza nemmeno la possibilità di essere accompagnati lungo l’ultimo passo della vita. Se ne vanno nel silenzio. Doloroso e segnante.
Ma la mancanza si sente. E se il rumore delle grandi città azzera la loro presenza, nei paesini incombe l’angoscia perché erano loro che davano vita a quei borghi dove non esiste sconosciuto, tutti sanno cosa accade e le porte delle case sono sempre aperte, le piazze si svuotano. E silenziosi se ne vanno, come silenziosamente avevano condotto la loro vita di duro lavoro e sacrifici. Sacrifici che nascondono lunghe storie di saggezza, attraverso i duri periodi della guerra; quinfi la ripresa, il “miracolo economico”, l’avvento dei primi dispositivi elettronici, l’ultima evoluzione tecnologica dei cellulari, dei computer, delle auto senza airbag fino ai più sofisticati sistemi di intrattenimento di bordo.
Riscoprendo giorno dopo giorno il piacere di poter avere sempre un piatto caldo a tavola, evento tutt’altro che scontato per chi aveva patito la fame negli anni del conflitto bellico. Una generazione che può raccontare cosa significa “vivere” senza comodità e senza mezzi di comunicazione. Se ne sta andando chi ha sempre avuto pazienza, rispetto, ma soprattutto la capacità di vivere in comunità.
Ed è così che per un aperitivo in più ed un’accortezza in meno, si mette a rischio la loro vita, non considerando che l’ultima visita nelle loro case sta proprio lì, dietro l’angolo, perché sono persone fragili, da custodire come uno scrigno culturale e affettivo immenso. Se ne vanno… Un’assenza che lacera il cuore, un dolore immenso, con l’unica occasione di “rivedersi” in un freddo funerale, rigorosamente a norma di COVID-19.
Boris Zarcone
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