In Italia, si registra un’evasione fiscale pari, secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze, a 83,6 miliardi di euro. Una cifra enorme, inaccettabile: un autentico schiaffo a chi fa puntualmente e onestamente il proprio dovere con il Fisco, versando con regolarità quanto dovuto. Soprattutto i cittadini a reddito fisso per i quali, pur volendo, è impossibile nascondere o evadere anche un solo centesimo, visto che la trattenuta viene effettuata alla fonte. Ma c’è un costo pari addirittura al doppio di quella pur spaventosa cifra ed è dovuto agli sprechi e alle inefficienze della Pubblica Amministrazione che costano agli italiani 180 miliardi di euro, esattamente più del doppio dell’evasione fiscale.
A sostenerlo è l’ufficio studi della Cgia (Associazione Artigiani e Piccole Imprese) di Mestre che, in uno dei suoi consueti report, è andata ad analizare il funzionamento della macchina amministrativa dello Stato, arrivando ad un risultato sorprendente. Di certo si tratta di un calcolo empirico (almeno in alcuni casi), ma altrettanto certamente ognuno di noi può sperimentare pressoché ogni giorno quanto sia complicato dialogare correttamente con gli organismi periferici e centrali e quanto sia spesso anche inutile. Tanto che, per sfinimento, si paga e si chiude in qualche modo la questione.
Tra le principali inefficienze della Pubblica amministrazione, la Cgia sottolinea il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la burocrazia (quantificato in 57,2 miliardi); i debiti commerciali della PA nei confronti dei fornitori (49,5 miliardi: e questo è un dato certo); la lentezza della giustizia, che costa al sistema Paese 2 punti di Pil pari a 40 miliardi; inefficienze e sprechi nella Sanità (24,7 miliardi all’anno) e nel trasporto pubblico locale sprechi (12,5 miliardi l’anno).
“Sia chiaro: questo non significa che in presenza di tanti sprechi l’evasione sia giustificata. Ci mancherebbe – precisa la Cgia -. Significa invece che l’evasione fiscale rappresenta un cancro per la nostra economia e che va debellata. Ma con la stessa determinazione dobbiamo eliminare anche le inefficienze che, purtroppo, caratterizzano negativamente le performance della nostra macchina pubblica”. La Cgia sottolinea comunque che “sarebbe sbagliato generalizzare e non riconoscere anche i livelli di eccellenza che caratterizzano molti settori del nostro pubblico apparato, come, ad esempio, la Sanità nelle regioni centro-settentrionali, il livello di insegnamento e di professionalità presenti in molte Università ed enti di ricerca e la qualità del lavoro effettuato dalle forze dell’ordine”.
E’ di tutta evidenza che uno Stato di diritto si basa, tra le altre cose, sul principio della legalità: le leggi devono essere rispettate da tutti, sia dai soggetti pubblici che da quelli privati. Ma se il cattivo (anzi, pessimo) esempio arriva dall’alto, cioè proprio dallo Stato, allora come ci si deve comportare? Se un’azienda ha eseguito un lavoro per conto di un Comune o di un qualsiasi ente pubblico, deve aspettare mesi se non addirittura anni per essere pagata, allora non ci si deve meravigliare se vengono attuate forme di… protesta fiscale (eufemismo). Peraltro, il numero di infrazioni europee addebitate al nostro Paese dimostra come le italiche istituzioni pubbliche presentino un livello di violazione dell’ordinamento comunitario tra i più elevati nell’UE. Qualche esempio? Mancato rispetto dei diritti civili, violazione delle norme sulla concentrazione di polveri sottili presenti nell’aria, presenza dell’arsenico nell’acqua potabile, sforamenti dei tempi di pagamento da parte della PA nei confronti delle imprese fornitrici, livelli di inquinamento presenti nell’area industriale dell’ex Ilva a Taranto…
“È bene chiarire – puntualizza inoltre la Cgia – che la comparazione tra evasione e sprechi non ha alcun rigore scientifico: infatti, gli effetti economici delle inefficienze pubbliche che si ‘scaricano’ sui privati sono di fonte diversa, gli ambiti in molti casi si sovrappongono e, per tali ragioni, non sono addizionabili. Detto ciò, il ragionamento ha tuttavia una sua fondatezza logica: nonostante ci sia tanta evasione, una PA poco efficiente causa ai privati danni economici nettamente superiori. È altresì chiaro a tutti che se recuperassimo una buona parte delle risorse nascoste al fisco, la nostra macchina pubblica avrebbe più risorse, funzionerebbe meglio e, forse, si potrebbe ridurre il carico fiscale”.
“Ma è altrettanto plausibile – spiegano – supporre che se si riuscisse a tagliare sensibilmente le inefficienze presenti nella spesa pubblica, il Paese ne trarrebbe beneficio e, molto probabilmente, l’evasione e la pressione fiscale sarebbero più contenute. Non a caso molti affermano che la fedeltà fiscale sia inversamente proporzionale al livello delle tasse a cui sono sottoposti i propri contribuenti”. Una conclusione che, sottolinea la nota dell’ufficio studi, “non appare per nulla scontata, poiché una buona parte dell’opinione pubblica ha da un lato una forte sensibilità verso il tema dell’evasione, ma dall’altro avverte in misura meno preoccupante gli effetti degli sprechi, degli sperperi e delle inefficienze della PA”.
La sintesi, purtroppo, è presto fatta ed è per molti versi assai amara: lo Stato continua a considerarci sudditi e non cittadini.
Buona domenica.
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