Si ricomincia. Domani il ritorno a scuola in gran parte d’Italia, anche se in alcune regioni le lezioni hanno già preso il via. E’ un momento cruciale, inutile nasconderlo, perché gli edifici scolastici sono naturali luoghi di aggregazione, nei quali il distanziamento è piuttosto complicato da realizzare. Tanto più che interventi incisivi non se ne sono visti: cambiano i governi, ma non mutano le condizioni di partenza. L’anno scorso le polemiche sui mancati interventi in tema di aule più capienti e soprattutto di trasporto pubblico furono roventi, ma quest’anno le cose non è che siano cambiate di molto. Si sarebbe dovuto operare nella ricerca di spazi più grandi, ma non risulta che siano stati compiuti grossi passi in avanti. Quanto agli autobus e, in generale, ai mezzi di trasporto, si segnalano qua e là lodevoli iniziative (più corse, orari di entrata e quindi di uscita scaglionati, capianza limitata), ma nulla di veramente sostanziale. Insomma, il timore diffuso è che il suono della campanella provochi una nuova ondata di contagi, con le conseguenze che conosciamo bene.
Ma c’è una differenza sostanziale rispetto al passato anno scolastico: il vaccino, ormai inoculato a consistenti strati di popolazione. Alla faccia dei no vax e dei no green pass, è evidente che la vaccinazione generalizzata è stata la chiave di volta non solo per frenare i contagi, ma anche per rendere meno fragile e vulnerabile chi contrae comunque il virus e di conseguenza per alleviare la pressione sul sistema ospedaliero e, in particolare, sui reparti di terapia intensiva. Basta guardare al caso della Sicilia, unica regione in fascia gialla e unica regione dove la percentuale dei vaccinati è ben al di sotto della media nazionale. Quindi il siero funziona, non si discute. Certo, non garantisce l’immunità assoluta, ma almeno in caso di contagio evita conseguenze particolarmente gravi. E questo è dimostrato anche dal fatto che la stragrande maggioranza dei morti per Covid di queste ultime settimane appartiene alla categoria di coloro che, anche con motivazioni quanto meno singolari, avevano rifiutato il vaccino.
I pentimenti tardivi dei familiari delle vittime (“Abbiamo sbagliato: adesso vaccinatevi tutti”) suscitano sentimenti contrastanti: da un lato certamente rabbia, dall’altro umana pietà e voglia di gridarlo in faccia a quelli che, con imperterrita e immotivata ostinazione, continuano a rifiutare l’inoculazione. Ci fanno o ci sono? Non si riesce a trovare una motivazione logica e razionale e neppure l’evidenza di quanto è successo finora può smuovere convinzioni che nulla hanno di scientifico e che si nutrono di frasi fatte e dogmi con i quali i leoni da tastiera intasano i social. Chi scrive sta eliminando dalla lista dei (presunti) amici quelli del no: d’accordo, non serve a nulla, ma è un piccolo gesto di coerenza.
Va detto pure che nelle varie disposizioni emanate anche qualche giorno fa, ci sono incongruenze inspiegabili. Per esempio, per usare i treni veloci è indispensabile il green pass; obbligo che non vale invece per i treni regionali e altri mezzi di trasporto. Perché? Ancora: tra qualche giorno, dovranno essere vaccinati tutti coloro che lavorano in locali di ristorazione: finalmente. Perché in precedenza, queste persone erano obbligate a chiedere il certificato verde agli avventori e ai clienti, ma loro potevano anche non essere immunizzati: un’altra incongruenza sanata. E a scuola, poi, vige l’obbligo per tutto il personale docente e non, persino per i genitori, ma non per gli alunni (si parla dei ragazzi delle superiori, naturalmente): una contraddizione che in qualche modo va superata.
La sintesi è presto fatta: con l’uso massiccio dei vaccini, la situazione è sicuramente migliorata, ma non si può abbassare la guardia e bisogna insistere. Forse sarà necessaria la terza dose per tutti, oppure un richiamo annuale. Perché scandalizzarsi, visto che lo facciamo già per l’influenza? Non bisogna mollare: il Covid è infido e pericoloso, ma non è invincibile. Continuiamo a combattere per renderlo sempre meno aggressivo.
Buona domenica.
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