LICATA (Agrigento) – Don Aniello Manganiello è un sacerdote che non vive solo tra le mura di una chiesa o di un parrocchia, ma a stretto contatto con la gente, sposandone i problemi. E’ un guanelliano e si è sempre occupato di formazione dei giovani. In questi anni ha fondato l’associazione “Ultimi”. Ha operato in territorio molto difficili, come Scampia a Napoli, una zona dove il degrado si tocca con mano. Dalla sua esperienza a Scampia è nato il libro “Gesù è più forte della camorra” e adesso ha dato alle stampe “La meglio gioventù di Scampia”.
Don Aniello partiamo dalla sua prima opera “Gesù e più forte della camorra”: di cosa tratta?
“Il libro è un diario della mia vita e soprattutto dei miei anni di Scampia (ben 16). Ho voluto raccontare per incoraggiare tutti a non avere paura della camorra, ma piuttosto a metterci tutta la forza per contrastarla e denunciarla perché possa essere distrutta. Racconto anche la conversione di diversi camorristi, perché possa essere una spinta per tanti, che si sono persi nelle vie della delinquenza e della criminalità, ad abbandonare il male e ad incamminarsi sulle vie della giustizia e della legalità”.
E la sua nuova opera?
“La meglio gioventù di Scampia nasce come risposta a tutto il fango vomitato su quel territorio e su quella comunità dalle operazioni cinematografiche e televisive che vanno sotto il nome di Gomorra. Oggi il termine Gomorra nell’opinione pubblica nazionale e internazionale viene usato per indicare Napoli, Scampia, la Campania e anche il Sud a causa della diffusa e radicale presenza mafiosa nelle regioni meridionali. La finalità di questo libro è quella di raccontare il bello, il positivo di questo quartiere e perché no la normalità che è rappresentata dalle migliaia di giovani e adulti che nelle parrocchie, nelle scuole, nelle associazioni, nelle famiglie, nella società operano onestamente e legalmente per partorire una città migliore. Insomma, un riconoscimento al bene che c’è”.
Quindi a Scampia non c’è solo la camorra…
“Esattamente, bisogna riconoscere il bene che c’è. Non nego che il male ci sia, ma è conveniente raccontare solamente il male di Scampia? A chi può servire? In un progetto educativo, che serve per accompagnare i ragazzi nella società, quanto può essere utile una modalità così devastante che mette a fuoco i reati, la criminalità organizzata e racconta solamente il modello camorristico, con il pericolo di una emulazione da parte di quella parte più fragile che sono i ragazzi? E questa emulazione sta avvenendo già. Ormai bande di ragazzotti e giovanotti si divertono, guidando moto di grossa cilindrata, a sparare in aria con pistole e mitra, terrorizzando la popolazione e imponendo un clima di paura. La televisione ha una grossa responsabilità quando dà spazio a questi modelli”.
E la “meglio gioventù” allora qual è?
“ll libro – scritto insieme ad Angelo Romeo – è costruito sulla storia di 5 giovani che hanno studiato, hanno considerato la scuola una grande opportunità per costruire la loro vita e il loro futuro. Ragazzi che sono passati dal mio oratorio don Guanella, impegnandosi in attività culturali, sociali e di volontariato, facendosi accompagnare spiritualmente, utilizzando bene il loro tempo. Vivono a Scampia, non sono scappati. Son giovani che hanno deciso di rimanere nel loro quartiere per cambiare, costruire e migliorare. Ragazzi coraggiosi come centinaia di altri ancora. Questa è anche la realtà di Scampia, non solo quella negativa descritta da Gomorra. La parte buona di Scampia sono i giovani, che non sono tutti coinvolti nell’illegalità, ma cercano di dare un segnale importante nella rinascita e nello sviluppo di un quartiere che li ha visti nascere e affrontare le difficoltà più cruente tra quei palazzi a forma di vela che ormai sono divenuti il simbolo del suo degrado”.
“Giovani che ce l’hanno fatta e che tutti i giorni combattono per farcela – conclude don Aniello – con lo studio e impegnandosi a vivere quotidianamente e onestamente. Come Maria, che dopo essersi diplomata lavora in un’azienda ed è riuscita ad affermarsi malgrado le difficoltà del suo quartiere. O come Giuseppe, che è un infermiere e lavora in maniera onesta dopo essersi laureato, e non vuole lasciare Scampia perché crede che si possa e si debba cambiare. Scampia non è solo ciò che le serie Tv mostrano, è anche sensibilità, disponibilità e umanità, e soprattutto rinascita dal buio della malavita”.
Giuseppe Mistretta
Nella foto di copertina, le vele simbolo di Scampia
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