Sarah Scazzi, quindicenne (era nata a Busto Arsizio il 4 aprile 1995) di Avetrana in provincia di Taranto, scompare nel primissimo pomeriggio del 26 agosto 2010: sta per cominciare il secondo anno dell’istituto alberghiero. La ragazzina esce di casa intorno alle 14,00 per raggiungere l’abitazione della cugina Sabrina Misseri (estetista di 22 anni all’epoca), distante poche centinaia di metri, e andare con lei e un’altra amica al mare. Da quel momento di lei si perde ogni traccia; in serata la madre, Concetta Serrano, ne denuncia la scomparsa ai carabinieri.
Le prime indagini si concentrano sulla vita privata di Sarah, analizzando le sue abitudini, il suo diario segreto e il suo profilo Facebook, alla ricerca di eventuali motivi che potrebbero averla spinta ad una possibile fuga da casa. Sarah è un’adolescente inquieta, che sogna di diventare famosa e soprattutto di fuggire da un piccolo paese dove si annoia e si sente oppressa da una madre con cui frequentemente litiga. Invece la mamma, gli amici e i parenti, compresa la cugina Sabrina (figlia di Cosima Serrano e quindi sorella di Concetta, e di Michele Misseri), continuano a sostenere la tesi del rapimento, anche se le modeste condizioni economiche della famiglia rendono tale ipotesi molto improbabile.
Il 29 settembre viene ritrovato il cellulare di Sarah, semibruciato, in un campo poco distante dalla sua abitazione. E’ zio Michele (all’epoca cinquantaseienne) a fare la scoperta e ciò induce gli inquirenti a concentrare l’inchiesta sull’agricoltore e sulla cerchia familiare. Ciò che insospettisce è il fatto che Sarah fosse praticamente di casa dai Misseri, tanto che sia Cosima che Michele la considerano una figlia e Sabrina una sorella. Il 6 ottobre, alla fine di un drammatico interrogatorio durato circa nove ore, lo zio confessa l’omicidio della nipote asserendo di averla uccisa dopo un tentativo di stupro e indicando anche il luogo dove aveva nascosto il cadavere, un pozzo di raccolta delle acque nelle campagne di Avetrana.
Nei giorni successivi, Michele Misseri ritratta la confessione iniziale, confermando però di aver fatto diverse volte sogni erotici sulla nipotina, finché il 15 ottobre conferma i sospetti degli inquirenti sul coinvolgimento della figlia Sabrina, affermando che Sarah era morta durante un gioco trasformatosi in litigio. Il giorno seguente, dopo un interrogatorio di sei ore, Sabrina viene arrestata con l’accusa di concorso in omicidio. L’ipotesi accusatoria è avvalorata anche dalla testimonianza dell’amica Mariangela Spagnoletti, la quale riferisce che Sabrina, vedendo la cugina in ritardo all’appuntamento, “appariva agitata” e ripeteva che era stata certamente rapita e che occorreva avvertire immediatamente i Carabinieri.
Secondo gli inquirenti, il movente è la gelosia per le attenzioni che Sarah riceve da Ivano Russo, un cuoco di Avetrana del quale Sabrina sarebbe innamorata, se non proprio ossessionata. Si frequentano spesso, ma per il giovane si tratta solo di amicizia, mentre l’estetista vorrebbe trasformarla in altro. I due, nei primi giorni di quell’agosto, si appartano anche per consumare un rapporto sessuale, che però lui non vuole portare a compimento per evitare appunto che la vicenda possa assumere contorni più definiti. In realtà, Ivano non nutre particolari attenzioni anche nei confronti di Sarah che però ingenuamente racconta ad altri l’episodio riferitole dalla cugina, dando adito a pettegolezzi e maldicenze che arrivano alle orecchie dello stesso Ivano che così decide, pochi giorni prima della morte di Sarah, di troncare definitivamente con Sabrina. Quest’ultima comincia a nutrire verso la cugina sentimenti di vero e proprio astio che culminano (la sera del 25 agosto, alla vigilia della scomparsa di Sarah) in un acceso diverbio tra le ragazze avvenuto in un pub del paese davanti ad alcuni testimoni.
Insomma, Sabrina imputa a Sarah di essere la principale causa della fine del rapporto con Ivano e, in più, si sente profondamente offesa dal fatto che la cugina ha parlato in giro di quell’incontro intimo finito male (che in paese le provoca cattiva reputazione) e ancora la ricerca eccessiva di “coccole” della ragazzina da parte di Ivano.
Il 6 novembre Michele Misseri cambia ulteriormente versione, attribuendo l’omicidio solo alla figlia e dichiarando di essere stato chiamato da Sabrina dopo la morte di Sarah per aiutarla a occultarne il cadavere. Dopo circa 7 mesi (maggio 2011) viene arrestata anche Cosima Serrano, madre di Sabrina, con l’accusa di concorso in omicidio e sequestro di persona. Dall’analisi dei tabulati risulta, infatti, che dal suo telefono cellulare parte una chiamata dal garage, mentre la donna aveva dichiarato che, quel pomeriggio, non si era mai recata in quel locale. Pesa soprattutto la testimonianza di un fioraio di Avetrana, Giovanni Buccolieri, che in un primo momento sostiene di avere visto, quel 26 agosto 2010, in un orario approssimativamente tra le 14 e le 14,20, le due donne strattonare Sarah e costringerla a salire in macchina, per poi affermare di non essere sicuro che il fatto fosse accaduto davvero e di averlo forse solo sognato o immaginato.
Di questa terribile vicenda, che tenne l’Italia intera col fiato sospeso, si occupa “Qui non è Hollywood”, la serie che racconta in versione romanzata il delitto, basata sul libro “Sarah. La ragazza di Avetrana”, scritto da Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni ed edito da Fandango Libri. Alla regia Pippo Mezzapesa, che ne ha scritto anche la sceneggiatura insieme ad Antonella W. Gaeta, Davide Serino, Carmine Gazzanni e Flavia Piccinni. La fiction, in 4 episodi (ognuno dedicato ai principali protagonisti: Sarah, Sabrina, Michele e Cosima) è disponibile su Disney+. Intanto, la messa in onda è stata ritardata per un ricorso presentato dal Comune dove avvennero i fatti che ha contestato il titolo originario “Avetrana. Qui non è Hollywood”. Il sindaco Antonio Iazzi spiega come il legame con una vicenda così tragica non sia qualcosa che Avetrana desideri mantenere: “Non sono stati dei bei momenti – sottolinea – e rievocare quegli eventi riapre qualche ferita perché legati ad una vicenda che non piace a nessuno”. La querelle è stata risolta dal Tribunale di Taranto che ha deciso di eliminare dal titolo il riferimento esplicito al paese del litorale ionico.
“La serie – commenta il regista Pippo Mezzapesa – si basa su fatti reali. Noi abbiamo approfondito il più possibile la realtà raccontata, che è quella emersa dalle sentenze del Tribunale. Ci siamo basati su quello per ricostruire gli antefatti di un delitto e ciò che è scaturito. Quindi la normalità, la quotidianità di una vita di provincia apparentemente immobile. E poi tutto ciò che si è scatenato in quella comunità e tutto ciò che ha sovvertito gli equilibri”.
Come che sia, il prodotto finale, al di là del titolo, riesce ad esprimere compiutamente il senso di quella tragedia e la violenza di un efferato delitto avvenuto tra le mura della casa dove la piccola Sarah si sentiva più al sicuro. La ricostruzione storica è pressoché perfetta, sia pure con qualche eccesso sinceramente evitabile e non necessario per l’integrità del tessuto narrativo. L’omicidio della ragazzina viene correttamente inquadrato in un contesto abbastanza degradato e di basso livello culturale in cui l’apparire conta più dell’essere. Mezzapesa coglie con la telecamera le invidie, le gelosie, le maldicenze tipiche della provincia più profonda (non solo meridionale); e ancora i tentativi di depistaggio, la rissosa e invadente presenza dei media e soprattutto i drammi interiori che portano Michele Misseri alla confessione e alle successive ritrattazioni nel tentativo di scagionare figlia e moglie.
Il merito della riuscita della fiction va ad uno straordinario cast di protagonisti. Vanessa Scalera è strepitosa (anche in virtù di un trucco stupefacente) nei panni di zia Cosima; Paolo De Vita è interprete appassionato e convincente di zio Michele; Federica Pala dà consistenza alla figura di Sarah, mentre Giulia Perulli, pur con qualche titubanza, rende efficacemente Sabrina. Completano l’insieme Imma Villa (mamma Concetta), Anna Ferzetti (la giornalista Daniela), Giancarlo Commare (Ivano), Antonio Gerardi (il maresciallo dei carabinieri Persichella). L’attrice pugliese racconta di aver fatto un “lavoro di riscoperta su se stessa” per interpretare Cosima Serrano: “A livello emotivo, mi sono preparata approfondendo le mie origini. Io provengo da quel territorio, ho fatto un lavoro di riscoperta di quelle facce, di quegli uomini e di quelle donne con cui ho passato la mia infanzia e la mia adolescenza”. Le ore impiegate nella stanza del trucco? “Sei o sei e mezza. In questo lasso di tempo ho avuto l’occasione di concentrarmi e immergermi nel mondo del mio personaggio”. Di fatto, se la serie fosse di produzione statunitense, avrebbe già vinto un Golden Globe…
La fiction si chiude con l’immagine di Cosima che si prepara a raggiungere la figlia in carcere. Dal punto di vista giudiziario, Sabrina e la mamma sono state condannate in via definitiva all’ergastolo (che stanno scontando nella stessa cella del carcere di Taranto), mentre Misseri ha scontato una condanna a otto anni di reclusione per concorso in soppressione e occultamento di cadavere. L’11 febbraio scorso, zio Michele ha lasciato il carcere di Lecce con oltre un anno di anticipo, usufruendo di alcuni sconti di pena e tornando così a vivere nella sua villetta di via Deledda ad Avetrana. Successivamente ha rilasciato alcune interviste televisive in cui continua a ritenersi l’unico colpevole dell’omicidio di Sarah. Sabrina e Cosima ancora oggi continuano a professarsi innocenti.
La Cassazione, nelle motivazioni della sentenza, sostiene che “il delitto doveva ascriversi a due persone da identificare nelle imputate ed era stato consumato mediante strangolamento con una una cintura”. Sul corpo della vittima non sono stati rinvenuti “segni di lotta o legati al tentativo di allentamento della cintura stretta al collo, come reazione istintiva al soffocamento che si stava compiendo”, segno, scrivono i giudici, che lo strangolamento “non poteva essere quindi opera di un unico soggetto, ma doveva essere avvenuto per effetto del concorso sinergico di due persone, l’una che aveva posto in essere la specifica azione di soffocamento da dietro alla vittima, e l’altra che le aveva inibito ogni tentativo di difendersi”. E le uniche due persone presenti in casa erano proprio Sabrina Misseri e Cosima Serrano.
Riposa in pace, piccola Sarah.
Buona domenica.
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