NAPOLI – Il fascino delle opere d’arte è dato dalla straordinaria capacità tecnica dell’artista o anche dal significato che l’opera intrinsecamente suggerisce. Le opere d’arte a carattere religioso ancor di più ci aiutano a percepire la valenza del loro significato; ci aiutano a paragonarci, a riflettere su una condizione legata alla nostra vita, ad assaporare quel profumo di santità che sembra trasalire da esse stesse. Entrare in luoghi sacri, come nella Chiesa di S. Pietro ad Aram a Napoli, calpestare pavimenti dove, molti anni fa, figure come S. Pietro hanno camminato, toglie il fiato e porta inevitabilmente a pensare non solo a quei tempi ma più intensamente alla nostra consistenza, alla nostra coesistenza con persone e luoghi così speciali.
La storia racconta che l’Apostolo Pietro proveniente da Antiochia e diretto a Roma, fece una sosta a Napoli e qui, dove sarebbe sorta la basilica, guarì e convertì Candida e Aspreno, che in seguito divennero santi. Questa Basilica ha origini non chiarissime; la facciata infatti rimanda allo stile del 1600, mentre al suo interno, a seguito di alcuni restauri, sono stati trovati affreschi dell’epoca paleocristiana, e anche scheletri dei sette santi napoletani, tra cui proprio le spoglie di Candida e Aspreno.
Candida era un’anziana signora gravemente malata. Portata al cospetto di Pietro lo implorò affinché la guarisse, nonostante fosse una pagana e non credente. Pietro esaudì la richiesta, così la donna lo condusse da Aspreno, anch’egli malato, e il miracolo si ripeté. I due pagani si convertirono al Cristianesimo e l’apostolo Pietro, alla sua partenza da Napoli, consacrò Aspreno primo vescovo di Napoli. Dall’altare dove Pietro aveva celebrato e compiuto i suoi prodigi (Ara Petri), nasce il nome della Basilica. Una curiosità: Sant’Aspreno veniva e viene ancor oggi invocato per guarire l’emicrania. Alcuni affermano che nel 1899 la Bayer, famosa casa farmaceutica, si ispirò al Santo per dare un nome al nuovo farmaco, l’Aspirina, in quanto fu proprio un napoletano, Raffaele Piria, a isolare l’acido salicilico.
L’interno è a navata unica, a croce latina, percorsa da numerose cappelle. Nel vestibolo vi è l’altare in marmo sormontato dal baldacchino di Giovan Battista Nauclerio. L’abside è occupata dal coro, realizzato da Giovan Domenico Vinaccia nel 1661. Sul presbiterio sono presenti due opere giovanili di Luca Giordano.
Qui viene praticato il culto delle anime del purgatorio simile a quello praticato nel cimitero delle Fontanelle. In particolare, uno degli aspetti più caratteristici di questa Basilica è riferito al culto delle Pezzentelle, ovvero al culto delle anime del Purgatorio. Secondo questo tipo di venerazione, i morti chiederebbero ai vivi di intercedere per loro attraverso la recitazione di preghiere, e in cambio essi offrirebbero dall’altro mondo protezione e talvolta anche diversi favori, tra cui vincite ai giochi o alle scommesse. Ma la santità è cosa ben diversa. Avere la fortuna di vivere dimensioni esistenziali in questi luoghi è un’esperienza fuori dal comune.
“La santità – scrisse Don Giussani – è affermazione dell’impossibilità che l’uomo ha, nella realtà, di compiere anche un solo gesto perfetto, come diceva Ibsen, l’incapacità che l’uomo ha a guardare un solo istante, nella sua vita, come perfetto”. La santità non è quindi raggiungimento di una perfezione, ma coscienza vissuta di questa impossibilità di perfezione.
La Chiesa di San Pietro ad Aram, a Napoli, ci richiama fortemente a questo tentativo incessante che l’uomo ha di completezza, di soddisfazione. Non è un luogo qualsiasi; è sicuramente un luogo di forte spiritualità ancor di più se si considera la localizzazione. Si trova infatti confusa tra palazzi e mercati della zona della stazione di Napoli, sommersa dalle bancarelle e dall’indifferenza di molti. E’ testimonianza ancor di più che una certa e vera spiritualità non potrà essere cancellata neanche dalla scaramanzia e dalla superstizione popolare. E’ testimonianza del fatto che permane l’attaccamento a singole figure, che ancora fanno breccia nel cuore delle persone e a cui ci si rivolge per le cause impossibili. I santi nella loro singolarità sono ancora presenze vive, riconosciute e amate.
Innocenzo Calzone
Lascia un commento