PALERMO – San Martino, che si celebra l’11 novembre, giorno del suo funerale nella città francese di Tours nel 397, è uno dei santi più conosciuti dalla Chiesa cattolica, ed è venerato anche dalle chiese copta e ortodossa. In Italia è il santo patrono di 200 tra comuni e frazioni e vi sono oltre 900 chiese a lui dedicate.
Nel nostro paese, il culto del santo è legato alla cosiddetta estate di san Martino che, prima dell’avvento del cambiamento climatico, si manifestava all’inizio di novembre. Tale ricorrenza dà origine ad alcune tradizioni popolari e gastronomiche: nel comune abruzzese di Scanno, in onore di san Martino si accendono grandi fuochi detti “glorie di san Martino”; a Venezia e provincia l’11 novembre è usanza preparare il dolce di san Martino, un biscotto di pasta frolla con la forma del santo a cavallo con la spada; a Palermo si preparano biscotti dedicati al santo, o sanmartinelli, a forma di pagnottella rotonda grande quasi come un’arancia e l’aggiunta nell’impasto di semi d’anice o finocchio selvatico, che conferiscono sapore e profumo particolari; a Lecce e provincia, si organizzano pranzi e cene con famiglia e amici e si festeggia con carne, castagne, pittule salentine e vino.
In molte regioni d’Italia, l’11 novembre è associato alla maturazione del vino nuovo, da cui il proverbio “A san Martino ogni mosto diventa vino”: un’occasione di ritrovo e festeggiamenti per brindare stappando il vino appena maturato, accompagnato da castagne o caldarroste. Giosuè Carducci ha immortalato nella poesia “San Martino” il legame tra il vino nuovo e questo periodo autunnale.
Ripercorriamo allora la vita del santo, per capire il perché della diffusione del suo culto in Europa, a partire dal gesto di condivisione del suo mantello.
Martino nacque nel 316 circa nell’odierna Ungheria, a Sabaria Sicca, oggi Szombathely, avamposto di frontiera dell’Impero romano. Il padre, tribuno militare della legione, lo chiamò Martino in onore di Marte, dio della guerra. Quando nel 331 un editto imperiale obbligò i figli di veterani ad arruolarsi nell’esercito romano, Martino fu inviato in Gallia, presso la città di Amiens, e lì trascorse la maggior parte della sua vita da soldato. All’interno della Guardia Imperiale, faceva parte di truppe non combattenti che garantivano l’ordine pubblico, la protezione della posta imperiale, il trasferimento dei prigionieri o la sicurezza di personaggi importanti. Un altro suo compito era poi la ronda notturna.
Durante una di queste ronde, avvenne l’episodio che gli cambiò la vita. Nell’inverno del 335 incontrò un mendicante seminudo: mosso a compassione, tagliò in due longitudinalmente il suo mantello militare, formato da una parte esterna, che faceva parte dell’uniforme militare e non poteva essere ceduta, e una parte interna, più calda, la pelliccia vera e propria, di proprietà personale, che fu donata al mendicante.
La tradizione narra che la notte seguente Martino avrebbe visto in sogno Gesù rivestito della metà del suo mantello e lo avrebbe udito dire ai suoi angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano non battezzato, egli mi ha vestito”.
Il sogno ebbe un tale impatto sul giovane soldato che egli, già catecumeno nella nascente Chiesa cristiana, venne battezzato la Pasqua seguente. Martino rimase comunque ufficiale dell’esercito ancora per vent’anni. Decise di lasciare la vita militare a quarant’anni circa e poi, nel 357, si recò sull’isola Gallinara, nella riviera ligure di ponente, di fronte ad Albenga, dove visse per quattro anni quasi da eremita.
Ritornato in Gallia, a Poitiers, divenne monaco e, con altri compagni, fondò a Ligugé uno dei primi monasteri d’occidente. Nel 371 i cittadini di Tours lo vollero loro vescovo. Nonostante tale incarico, Martino continuò comunque ad abitare nella sua semplice casa di monaco e proseguì la sua missione di propagatore della fede, creando nel territorio nuove piccole comunità monastiche.
Martino aveva del suo ruolo di vescovo e di “pastore” un’idea assai diversa da quella di molti vescovi del tempo, abituati a vivere in città e poco conoscitori della campagna e dei suoi abitanti. Uomo di preghiera e di azione, Martino percorreva personalmente le terre abitate dai contadini, dedicandosi all’evangelizzazione delle campagne. Nel 375 fondò a Tours un monastero. Lottò contro l’eresia ariana e il paganesimo rurale, dimostrando comunque compassione e misericordia verso chiunque. La sua fama si diffuse nella comunità cristiana dove, oltre ad avere fama di taumaturgo, veniva visto come un uomo sobrio, pieno di carità e giustizia.
Morì l’8 novembre 397 a Candes-Saint-Martin. La sua morte, avvenuta in fama di santità anche grazie ai miracoli attribuitigli (tra cui tre resurrezioni) segnò l’inizio di un culto nel quale la generosità del cavaliere, la rinunzia ascetica e l’attività missionaria erano associate.
Nel 2021 san Martino è stato proclamato dalla Conferenza episcopale italiana patrono del volontariato. Inoltre l’11 novembre, giorno a lui dedicato, è anche la Giornata Nazionale delle Cure Palliative, la cui etimologia rimanda al termine latino pallium, con cui i Romani traducevano il nome del mantello greco.
Come sottolinea la dottoressa Paola Argentino nel testo La spiritualità è cura: la forza dell’amore nel dolore (Mondadori, Milano, 2023) “il mantello è divenuto simbolo della spiritualità del prendersi cura cristianamente, perché metaforicamente vuole essere una cura che riscalda, abbraccia, avvolge, come un mantello che dona, oltre la prossimità compassionevole, quella speranza (…) che deve appartenere ad ogni essere umano, per poter affrontare fino all’ultimo respiro la malattia. Per questo san Martino, con il suo mantello tagliato e donato, è diventato il simbolo delle cure palliative, del prendersi cura in una donazione di senso, e l’11 novembre è stato individuato come momento di riflessioni, condivisioni, conferenze e festeggiamenti all’interno degli hospices”.
Su iniziativa dei governi ungherese e sloveno, con la collaborazione dell’Unione Europea, dal 2009 è stato definito un itinerario di pellegrinaggio dedicato a san Martino: tale cammino, chiamato Via Sancti Martini, oltre ai luoghi di nascita e di morte del santo, unisce anche varie località in Italia, Croazia, Francia e Germania. Il progetto vuole evidenziare la figura di Martino come pellegrino tra i popoli europei, nello spirito dell’accoglienza e della reciproca fraternità.
Maria D’Asaro
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