ROMA – La lunga storia di Roma è stata costellata da personaggi ricchi di controversie e genialità. Caravaggio, uno dei pittori più famosi della storia dell’arte italiana, è colui che meglio incarna questa dicotomia. Chi visita la città eterna per un giorno o anche solo qualche ora e vuole immergersi nell’animo di questo artista, tanto eclettico quanto eccentrico, non può fare a meno di visitare una delle chiese più belle di Roma: San Luigi dei Francesi. Caravaggio, famoso per le sue liti furibonde e conosciuto ai più come donnaiolo e grande amatore, morto forse per un’offesa arrecata a un potente cavaliere per mano dei Cavalieri di Malta, nei suoi dipinti espresse tutto il suo realismo che lo ha reso unico e inimitabile. La sua anima rintrona totalmente in San Luigi dei Francesi.
La chiesa è un luogo di culto cattolico che si affaccia sulla piazza omonima. Non è distante da piazza Navona e si trova nel rione Sant’Eustachio. È la chiesa nazionale dei francesi di Roma dal 1589. I lavori furono eseguiti da Domenico Fontana seguendo i progetti di Giacomo Della Porta, e grazie a Caterina de’ Medici che dal 1518 al 1589 investì nella costruzione, la chiesa fu consacrata l’8 ottobre 1589. Nel 1749 gli interni furono rinnovati dall’architetto francese Antoine Dérizet e tali lavori proseguirono fino al 1764. Il suo stile è essenzialmente barocco ma conserva tre dipinti di Caravaggio dedicati a San Matteo e alcuni affreschi del Domenichino. Artisticamente rappresenta la Francia in tutta la sua essenza.
La facciata, sormontata da un timpano triangolare con Stemma del re di Francia, presenta le statue di san Giovanni di Valois, Carlo Magno, santa Clotilde, san Luigi IX. L’interno è a tre navate coperte da volta a botte, divise da pilastri e scandite da massicce arcate definite da cinque cappelle per lato. Un profondo presbiterio presenta al centro un dipinto murale del 1756 raffigurante la Morte e apoteosi di san Luigi IX, un affresco di Charles-Joseph Natoire. L’interno, inoltre, permette di ammirare l’affresco con l’apoteosi di san Dionigi ed il racconto della vita di Clodoveo. Sull’altare della cappella svetta rilucente una grande pala realizzata da Plautilla Bricci nel XVII secolo.
Nella seconda cappella della navata di destra si può ammirare un affresco del Domenichino che racconta la vita di santa Cecilia, mentre sull’altare si erge imponente una copia di Guido Reni della Santa Cecilia di Raffaello. Sull’altare maggiore è posizionata una pala di Francesco Giambattista Dal Ponte che raffigura la Madonna Assunta, ma è la quinta cappella della navata di sinistra, la cappella Contarelli, quella che lascia tutti senza fiato per la meraviglia delle sue opere. Qui, infatti, sono presenti tre capolavori assoluti del Caravaggio: il Martirio di San Matteo (1601), San Matteo e l’angelo (1602) e la Vocazione di San Matteo (1600). Un affresco sul soffitto di questa cappella, attribuibile al Cavalier d’Arpin, ex maestro del Caravaggio, rappresenta un altro episodio della vita di San Matteo. È la Resurrezione della figlia di un re.
Un ricco coro centrale decorato da marmi, è un vero e proprio tripudio d’arte barocca. La chiesa ospita diverse tombe: quella di Frederic Bastiat, grande pensatore liberale, quella di Giuseppe Sisco, primo chirurgo e Dottore dell’Università Sapienza, quella del cardinale François Joachin de Bernis, ambasciatore dei re Luigi XV e Luigi XVI, quella di Marin Tourlonias, capostipite della dinastia dei Torlonia. Inoltre, François-René de Chateaubriand fece costruire nella chiesa il sepolcro per la sua amante Pauline de Beaumont. La chiesa di San Luigi dei Francesi, sopra la porta d’ingresso, ospita anche un organo a canne, costruito dall’organaro francese Joseph Merklin nel 1881, dotato di tre manuali di 56 note e pedaliera di 30 note a trasmissione pneumatica Barker.
Ma se si vuole avere un incontro ravvicinato con il genio di Caravaggio non ci si può esimere dall’ammirare e descrivere la meraviglia che destano le tre tele contenute nella cappella Contarelli. Il cardinale Mathieu Cointrel, prelato francese nel 1565, acquistò questo luogo di preghiera con l’idea di abbellire la cappella posta nella navata di sinistra con quadri raffiguranti la vita di San Matteo. A causa della sua morte non poté vedere realizzato il suo sogno, ma i suoi eredi, nel 1559 affidarono il lavoro al Caravaggio che raffigurò quanto commissionato con grande realismo perché, come diceva di lui il critico Argan, “in Caravaggio il motivo religioso era anche sociale: il divino si rivelava negli umili”.
Il trittico della cappella permette di ammirare l’abilità dell’artista, la maestria nel gioco di luci e ombre della natura e dell’uomo, il tratto forte e deciso della pennellata, la forza espressiva e la bellezza di queste opere che rappresentano un importante punto di svolta nello stile del grande artista. La Vocazione di San Matteo rimanda alla simbologia della luce. La scena si distribuisce su due piani divisi orizzontalmente da una linea che separa nettamente l’oscurità dalla luce. Sulla sinistra è rappresentato l’ufficio di una dogana dove, nella penombra, alcuni personaggi indossano abiti cinquecenteschi. Sopra un tavolo vi è del denaro, sulla destra sono raffigurati San Pietro e Gesù. Sono avvolti nella penombra e col dito indicano uno dei personaggi che si trova sul lato opposto a loro. Un fascio di luce che proviene da una finestra nascosta illumina la figura di San Matteo, un semplice gabelliere, un esattore delle tasse che col dito indica, quasi incredulo se stesso. È la sua chiamata al Signore, è la conversione fulminea, immediata all’apostolato, è la proposta per una vita nuova, rinnovata nello spirito.
Ma la sacralità viene quasi sminuita dall’ambientazione realistica che rimanda ad un’osteria di bassa leva, a una miserrima taverna. Il realismo pittorico sembra sottolineare il nuovo valore che Caravaggio dà alla sacralità. Il sacro infatti non ha collocazione né nel tempo né nello spazio, è sempre presente in mezzo a noi. La tela San Matteo e l’angelo ha una posizione centrale nella cappella. Il santo è ritratto nell’atto di scrivere il suo Vangelo traendo ispirazione dal messaggero celeste. L’opera è una seconda versione, essendosi la prima distrutta a Berlino durante la seconda guerra mondiale. Di essa rimangono solo delle riproduzioni fotografiche in bianco e nero. San Matteo era ritratto come un umile e semplice popolano e sembrava che l’angelo, più che suggerirgli cosa scrivere lo assistesse, indirizzandogli la mano.
Nell’opera della cappella Contarelli San Matteo indossa una veste dai colori caldi, da persona colta, da dotto. La sua posizione è instabile, quasi precaria. Poggia un ginocchio su un piccolo sgabello e torce il busto a guardare l’angelo, in attesa di un suo consiglio mentre scrive il Vangelo. Il Santo ha i piedi nudi, quasi a raffigurare la volgare umanità dell’uomo che però diviene strumento della Parola divina. Sulla parete di destra è posizionata la prima tela realizzata dal Caravaggio per la cappella Contarelli, il Martirio di San Matteo. L’opera presenta un intreccio di corpi che rimanda al manierismo mentre i nudi riportano alla mente le opere di Michelangelo. Al centro della scena è posizionato il carnefice incorniciato dalla luce. San Matteo è disteso a terra, sopraffatto da un soldato etiope mandato da re Hirtacus che lo afferra per un braccio mentre dice messa, come se volesse porre fine alla sua opera di proselitismo. Un angelo si sporge da una nuvola per offrirgli il simbolo di martirio, la palma, mentre la folla assiste inorridita a questo infame gesto. Sulla sinistra del quadro si scorge un uomo con la fronte corrugata, la barba e i baffi. È lo stesso Caravaggio, anche lui spettatore e testimone dell’evento. La scena è avvolta dal buio che, da questa tela in poi caratterizzerà tutti gli sfondi delle opere dell’artista.
Con Caravaggio passiamo dall’universalità idealizzata alla realtà. La luce si piega alle necessità dell’artista e, come un riflettore, immortala solo ciò che davvero Caravaggio intende mostrare. Ciò che è in ombra sembra perdere valore come se non fosse degno di essere raccontato. Eppure, questo concetto è messo in discussione dallo stesso ruolo che l’ombra e il buio assumono nell’arte del pittore. Come affermò l’architetto e storico francese André Félibien, se “l’essenza reale della pittura consiste nell’imitare ciò che si vede, bisogna ammettere che il Caravaggio la possedeva a fondo”. D’altronde, per Roger Fry, artista, critico d’arte inglese e membro del Bloomsbury Group, “non c’è forse altro artista la cui opera sia di importanza paragonabile nello sviluppo dell’arte moderna, il primo artista moderno, il primo artista a procedere non per evoluzione ma per risoluzione; il primo a sfidare tradizione e autorità, il primo realista”.
Caravaggio è un grande artista. Per ammirare in tutto il loro splendore le sue tele nella chiesa di San Luigi dei Francesi è necessario inserire in un apposito bussolotto solo una moneta da 1 euro che accende l’illuminazione su tutta la cappella. Il prezzo è veramente irrisorio, meno della spesa di un caffè al bar per godere di alcuni dei più bei capolavori dell’arte italiana.
Virginia Mariane
Nell’immagine di copertina, l’imponente facciata della chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma
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