NAPOLI – Il 19 settembre ricorre l’anniversario del martirio di San Gennaro, patrono della città di Napoli. Una ricorrenza molto sentita dai partenopei che aspettano, con trepidazione, il compimento del miracolo: la liquefazione del sangue del Santo, custodito in due ampolle nel Duomo di Napoli. Il prodigio avviene anche in altre due date: il sabato che precede la prima domenica di maggio, giorno dell’anniversario della traslazione del corpo del patrono da Pozzuoli a Napoli, e il 16 dicembre, quando, durante l’eruzione del Vesuvio del 1631, l’esposizione del sangue e del busto di San Gennaro fermarono la lava che si stava dirigendo verso Napoli.
Il popolo napoletano considera lo scioglimento del sangue foriero di buoni auspici per la città, mentre la mancata liquefazione viene considerata presagio di eventi drammatici. “Faccia gialla”, come i napoletani amano chiamare affettuosamente il Santo, perché il busto raffigurante il volto è tutto d’oro, quindi giallo, nacque a Benevento il 21 aprile del 272. Divenuto Vescovo della città, Gennaro si era recato a Pozzuoli in visita ai fedeli, in compagnia di Desiderio e Festo. Il governatore della Campania, Dragonzio, aveva fatto arrestare il diacono Sossio e, quando i tre religiosi tentarono di intercedere per la sua liberazione, furono condannati ad essere sbranati da belve feroci nell’Anfiteatro di Pozzuoli.
Ma proprio qui avvenne un prodigio: Gennaro, con la sua benedizione, rese inermi i leoni. Fu così, dunque, che Dragonzio, il 19 settembre del 302, condannò Gennaro, Desiderio e Festo alla decapitazione. La leggenda narra che una donna, Eusebia, raccolse il sangue di Gennaro e lo depose in due ampolle. Nel 313 d.C. venne emanato l’editto di Milano, un provvedimento voluto dai due imperatori di allora, Costantino e Licinio, che concedeva libertà di culto ai cristiani e poneva fine a una sanguinosa stagione di persecuzioni contro i cristiani messe in atto dall’imperatore Diocleziano nel IV secolo.
Il Vescovo di Napoli, successivamente, fece traslare le ossa di Gennaro da Pozzuoli alla catacomba di Napoli e, durante il tragitto, Eusebia regalò al Vescovo le due ampolle. Divenuto Santo, la tomba di Gennaro divenne ben presto luogo di culto e i fedeli, nel corso del tempo, hanno accumulato un tesoro di valore inestimabile, addirittura superiore a quello della monarchia inglese. Tra i pezzi più pregiati del tesoro, custodito nel Museo di San Gennaro, all’interno del Duomo di Napoli, spiccano la mitra, nella quale sono incastonate quasi 4.000 pietre preziose e la collana, alla quale sono state nei secoli aggiunte le pietre preziose donate da personalità come Carlo di Borbone, Giuseppe Bonaparte e Vittorio Emanuele II di Savoia.
San Gennaro, tra storia e leggenda, resta, per i napoletani e non solo, il Santo prodigioso più venerato, simbolo di amore universale. E se anche il mondo scientifico ha provato a dare una spiegazione a questo fenomeno e la Chiesa preferisce ricorrere al termine “prodigio” e non miracolo, il popolo partenopeo, da sempre legato al divino e all’esoterico, è a Lui che ricorre per ottenere protezione, sollievo e guarigione.
Amalia Ammirati
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