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Roma è donna: altro che Cesare e l’Impero

di | 2020-03-27T20:11:52+01:00 29-3-2020 6:35|Arte, Sezione 7|0 Commenti

ROMA – Un inno al principio femminile che genera la vita e la difende. Si tratta delle “Sabine che arrestano il combattimento tra Romani e Sabini” , un episodio sospeso tra mito e realtà, raccontato da Jacques Louise David (1797-1798), in questa tela conservata al Louvre. Malgrado quella rappresentata sia comunemente considerata una scena di guerra o, quanto meno, uno strascico emotivo di essa, in realtà costituisce una esaltazione della donna che, in barba ad una tradizione e ad una cultura che vedono nella virilità l’unico strumento di sopravvivenza della stirpe romana, diventa invece qui la garante della progenie che conquisterà il mondo.

Il pittore francese Jacques Louise David

Ma ecco i fatti: nella Roma delle origini, i suoi abitanti, tutti uomini, rudi e dediti alla guerra, forti, realizzando di non poter diventare una stirpe perché non hanno donne, progettano di rapire le vergini del popolo confinante, quello dei Sabini. Nel dipinto, il famoso “ratto” si è già consumato e le donne strappate alle loro famiglie sono già divenute le madri dei futuri dominatori del mondo. In uno spazio interamente occupato da personaggi, la scena è divisa in due dalla figura femminile al centro, Ersilia, la quale coraggiosamente frappone il suo corpo tra i Sabini, intenzionati a riprendersi figlie e mogli, e i Romani, ormai mariti di quelle. Ersilia fa da esempio per tutte le altre. Essa non ha più un’origine da difendere ma qualcosa di più importante da garantire a quei bambini: il futuro. Sì, perché essi sono romani, figli di romani e come tali hanno una missione importante da compiere.

L’idea di fondo di questo quadro è quella su cui concordano le fonti cui si è attenuto lo stesso Jacques Louis David: Tito Livio, Dionigi di Alicarnasso, Plutarco. Secondo tutti e tre gli storici, nelle popolazioni pre-romane e soprattutto tra i sabini, la discendenza veniva considerata in linea femminile. Nell’antichità in genere, poi, le stirpi nobili si riteneva derivassero non dai guerrieri ma dalle eroine e il matriarcato era molto diffuso. Esso caratterizzava civiltà “civili”, nel senso che non avevano bisogno di fare la guerra per affermarsi, al contrario di come poi sarebbe successo con l’avvento del patriarcato. La sintesi del discorso è che Roma è donna e che il villaggio delle origini, nel 753 a.C., non sarebbe sopravvissuto né si sarebbe espanso diventando ciò che poi è diventata l’Urbe, se non per merito delle donne da cui nacque la stirpe reale.

Furono proprio loro, infatti, a sventare una guerra che avrebbe potuto impedire l’avvicendarsi delle generazioni fino agli imperatori. Non solo madri, quindi, ma anche tutrici di una progenie, della stessa storia, tutrici della vita laddove vigeva la morte generata dalla guerra. Roma, insomma, non è Romolo né i sette re, non è Cesare né l’Impero. Non ci sarebbe stato tutto questo se non ci fosse stata la donna.

Gloria Zarletti

Nell’immagine di copertina, il quadro di  Jacques Louise David

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