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Ritrovare se stessi grazie al Coronavirus

di | 2020-06-12T14:08:06+02:00 14-6-2020 6:15|Attualità, Sezione 4|0 Commenti

NAPOLI – “Cosa mi ha dato la forza di uscire da quella situazione tragica? Solo l’amore per la mia famiglia, il pensiero di mia moglie e dei figli”. Sono le prime parole che Luigi Pacciocchi ha rilasciato nell’intervista fatta via webcam il 29 maggio in collegamento da Mantova, dove vive. Luigi, napoletano di nascita, si era trasferito nella città lombarda anni fa per motivi di lavoro. Nel mese di marzo dopo aver mangiato una pizza con sua moglie, comincia a sentirsi male. La febbre, alcuni dolori, il ricovero. La febbre dopo alcuni giorni aumentava e lo stato di spossatezza lo costringeva a letto. Fatti i tamponi per accertare la presenza del virus, i medici gli diagnosticano lo stato di positività al contagio. Tutta la famiglia si ritrova all’improvviso nel dramma della quarantena. La separazione fisica dai familiari, la distanza obbligata per non infettare gli altri pazienti, l’isolamento dalla realtà con una copertura integrale fatta di casco, visiere, tute. Un inferno: “L’unica cosa che non mi dispiaceva era il cibo, non ho mai perso il gusto delle pietanze che mi offrivano e avevo anche la possibilità di chiedere degli extra a mio piacimento, purtroppo non la parmigiana, il mio piatto preferito. Ho perso 14 chili in poche settimane ed ero costretto a letto non potendo neanche andare nel bagno”. Cosa si avverte, come ci si sente durante il periodo di infezione? “Una costrizione fisica, respiratoria; non avevo forza né fiato. I polmoni li sentivo chiusi, costipati, non davano ossigeno per una adeguata respirazione. Non riuscivo a fare la classica boccata d’aria a pieni polmoni”.

Luigi, nella sua straordinaria umanità, ha sottolineato quanta importanza assumessero, in quei momenti, anche le cose più banali. Un sorriso, una carezza, uno sguardo a distanza. “E’ una rottura con la realtà normale, all’improvviso ti trovi catapultato in una sorta di mondo virtuale e l’unica cosa che pensi è che tutto possa finire presto per abbracciare i cari. Mia figlia l’ho vista dopo 80 giorni… La cosa che ho apprezzato molto sono stati i succhi di frutta. Ne bevevo tanti e ancora adesso non ne posso fare a meno. Ogni cosa, anche la più banale, diventava una sorpresa, una novità. Si apprezza tutto il valore della vita”.

Nell’incontro con Luigi Pacciocchi una cosa fondamentale è venuta fuori: una sorta di paragone con la lotta che quotidianamente si fa contro il non senso, contro l’ovvietà, la scontatezza, il nulla. Normalmente non ci si fa caso; nella quotidianità tutto appare così scontato: le amicizie, gli affetti, i contatti. Poi, quando tutto questo viene a mancare, ecco che se ne percepisce davvero il valore. Costretto a letto, isolato dal mondo, si combatte contro il nulla, cioè contro la privazione di ogni bene che non viene offerto, allo stesso modo nella normalità, quando uno ne ha coscienza, si è in lotta per affermare il senso delle cose, il valore della realtà stessa, delle persone, dei volti, dei legami.

Innocenzo Calzone

Giornalista pubblicista, architetto e insegnante di Arte e Immagine alla Scuola Secondaria di I grado presso l’Istituto Comprensivo “A. Ristori” di Napoli. Ha condotto per più di 13 anni il giornale d’Istituto “Ristoriamoci”. Partecipa e promuove attività culturali con l’associazione “Giovanni Marco Calzone” organizzando incontri e iniziative a carattere sociale e di solidarietà. Svolge attività di volontariato nel centro storico di Napoli con attività di doposcuola per ragazzi bisognosi; collabora con il Banco Alimentare per sostenere famiglie in difficoltà. Appassionato di arte, calcio e musica rock.

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