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Ristrutturare la casa, stress senza limiti (e difese…)

di | 2023-07-13T19:28:57+02:00 16-7-2023 5:20|Attualità, Sezione 5|0 Commenti

MILANO – Tra i momenti problematici della vita di una persona, come confermato da molte ricerche scientifiche, ci sono quelli derivanti dalla ristrutturazione di una casa, ma in tanti decidono comunque di imbarcarsi in questa emozionante esperienza. Molte le lusinghe: in primo luogo il desiderio sacrosanto di rendere il luogo del proprio domicilio un habitat a misura, secondo gusti e desideri personali; poi la necessità di adeguare impianti obsoleti alle attuali norme sulla tutela ambientale e alle più recenti misure antinfortunistiche; ultimo, ma importantissimo, l’ingannevole quanto accattivante programma/trappola del “tutto compreso, chiavi in mano”.

Nel romanzo “Cristo si è fermato ad Eboli”(1945), il protagonista Carlo Levi, condannato per le sue posizioni antifasciste al confino in Basilicata, scopre un mondo arcaico, rassegnato ad un destino di povertà e rinunce; in seguito comprende perché frequentemente i contadini, sfruttati dalle mille angherie di un’inetta classe borghese, alle sue domande rispondano sempre “crai”, forma dialettale (dal latino cras, domani). L’intellettuale torinese si rende conto di quanto in quella realtà di cupa disperazione, quel “crai” non lasci posto a nessuna speranza di cambiamento e, assumendo la valenza di un MAI, avvolga tutto nell’immobilismo della “rassegnazione, la stessa cupa rassegnazione, senza speranza di paradiso, che curva le loro schiene sotto i mali della natura”.

L’accostamento, per quanto azzardato ma consapevolmente rispettoso, suggerisce che anche il “vengo domani” dei vari addetti alle ristrutturazioni non abbia il valore semantico reale, ma corrisponda ad un continuo procrastinare le date di consegna. Per rilanciare un settore gravemente in crisi a causa dell’instabilità del mercato aggravata ulteriormente dalla pandemia da Coronavirus, i vari governi che si sono succeduti hanno varato tutta una serie di provvedimenti: dagli sgravi fiscali ai vari bonus, dal famigerato 110%, allo sconto in fattura fino alla riconferma della detrazione d’imposta al 50% decennale. Nei benefici di queste norme, tuttavia, si è spesso infiltrato il malaffare con ristrutturazioni mal eseguite o addirittura mai effettuate e false fatturazioni; pertanto, all’onesto cittadino speranzoso ed euforico per il programmato rinnovamento della sua abitazione più che di bonus, sarebbe il caso di parlare di malus.

Non si indignino gli appartenenti al settore edilizio quando si afferma che in esso si registra un elevato numero di factotum che millantano di essere onniscienti, finendo così col danneggiare l’immagine di categorie intere di artigiani professionalmente preparati e seri. Il web è pieno di racconti che riportano storie di avventure edilizie oltre ogni immaginario ipotizzabile. Vanno segnalati inoltre i continui ed incontrollati aumenti dei prezzi di tutto il materiale; tali maggiorazioni sono spesso ingiustificate ed è grave, oltre che privo di ogni decoro, che da parte di alcuni ogni variazione di listino venga imputata alla guerra russo-ucraina. Senza scomodare esperti di macro economia, forse occorrerebbero maggiori controlli, oltre che sugli extra profitti, anche su tutta una serie di speculatori che più semplicemente “gonfiano” i prezzi.

Per non parlare della piaga del lavoro in nero, stimato al 33% sul totale della manodopera impiegata illegalmente in tutti i settori lavorativi; inoltre tra gli infortuni annui e le morti bianche oltre il 58% è costituito da lavoratori edili; dati agghiaccianti di una guerra silenziosa. Elementi della storia vecchia ed annosa di questo comparto occupazionale quasi sempre all’insegna della speculazione a partire dalle insulae del periodo romano, vere e proprie piccionaie sovraffollate, ai miserevoli slums della rivoluzione industriale. Italo Calvino nel suo libro/denuncia “La speculazione edilizia” (1963) aveva coniato il neologismo “rapallizzazione” per lo scempio di parte del territorio ligure ad opera degli affaristi del mattone nella metà degli  anni cinquanta; altrettanto drammatico “il grido di dolore” di Francesco Rosi in “Le mani sulla città” del 1963, ma resta ancora oggi  più incisiva la didascalia del film che specifica: “I personaggi e i fatti qui narrati sono immaginari, è autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce”.

Realtà che sembra cristallizzata nel tempo, basti citare il crollo della scuola elementare di San Giuliano di Puglia (terremoto del Molise del 2002) con il suo doloroso tributo umano, imputabile non già soltanto al sisma quanto ai costruttori, progettisti, tecnico comunale e sindaco condannati con sentenza definitiva. Situazione reiterata, purtroppo, (terremoto dell’Aquila nel 2009), per identicità straziante di vittime e aberrante serie di errori ed omissioni nella manutenzione e ristrutturazione della Casa dello Studente. L’inchiesta è stata archiviata per la sopraggiunta morte degli indagati, presunti colpevoli; resta invece aperto il procedimento civile. La sentenza del Tribunale Civile dell’Aquila (giudice Monica Croci, 22 ottobre 2022), contro cui si sono appellati le parti lese, ha riconosciuto il concorso di colpa delle vittime del crollo per “incauta condotta”; in quanto gli studenti erano rimasti a letto, si legge nelle motivazioni, nonostante le scosse avvertite durante la notte precedente ed ha  quantificato infine il risarcimento con una riduzione del 30% per i ricorrenti, lasciando a carico dei costruttori il 40%, ed il rimanente 30% diviso tra il Ministero degli Interni e quello delle Infrastrutture.

Che dire, a questo punto, ai temerari e speranzosi proprietari delle restaurande case di fronte all’immane dolore causato da scelte irresponsabili e comportamenti criminosi? In fondo per i lavori senza fine di pochi metri quadrati sarebbe meglio prendere tutto con il dovuto distacco, riderci un po’su e ricorrere ironicamente al testo della canzone interpretata da Sordi “Te c’hanno mai mannato…” per invitare cortesemente gli addetti ai lavori deontologicamente poco corretti “ad annarsene a quer paese”, che forse esiste davvero e dove magari finalmente tutte le imprese edili rispettano i tempi concordati, i tariffari regionali, i diritti e la sicurezza dei lavoratori, operando con la necessaria, nonché doverosa, onestà e professionalità.

Adele Reale

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