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Quelle donne medievali umiliate ma indomite

di | 2022-01-13T22:13:38+01:00 16-1-2022 6:35|Cultura, Sezione 8|0 Commenti

RIETI – “Donne medievali – Sole, indomite, avventurose” è l’ultimo libro di Chiara Frugoni (ed. Il Mulino). Medievista, specializzata in storia della Chiesa e in particolare sulla figura di San Francesco e Santa Chiara “una grande personalità”, in questo libro, impreziosito da 200 immagini e miniature che si intrecciano con i testi e le ricerche storiche, Chiara Frugoni ha scelto cinque figure femminili tra le tante che si sono distinte in un periodo che ha attraversato mille anni di storia e che lei stessa definisce un “caleidoscopio”, in cui sono stati inventati i primi occhiali e l’orologio. Per la Chiesa e la società le donne erano in secondo piano: la Chiesa aveva abbracciato le tesi di San Paolo, che delle donne era un detrattore, Gregorio VII proibì il matrimonio dei sacerdoti, introducendo una situazione di peccato e per quanto riguarda la società civile, più le donne salivano di rango, più peggioravano la loro situazione: sottomesse al marito, spesso violento e traditore, al quale erano legate da un contratto che si poteva sciogliere in ogni momento. Il matrimonio fu infatti l’ultimo sacramento introdotto dalla Chiesa.

Contrariamente a quanto si possa pensare, l’isola felice per le donne, dice Chiara Frugoni, era l’ingresso in un monastero. Qui potevano studiare, mangiare, dipingere, esprimersi, non venivano picchiate, potevano curarsi e non morivano di parto in seguito alle infezioni, avevano una stanza per sé. Tra le belle e suggestive raffigurazioni e miniature che impreziosiscono il libro e sostengono il racconto documentario, va citata quella di Giuseppe e Maria che perdono il “limbo” (l’aureola) nel momento in cui si sposano, perché la Chiesa considerava il matrimonio una seconda scelta, nelle tentazioni di Adamo ed Eva il serpente si rivolge a Eva con una faccia di donna, la donna era spesso rappresentata come il diavolo, Dalila taglia i capelli a Sansone, nel Diluvio Universale annegano solo le donne. Chiara Frugoni ha scritto questo libro non solo come omaggio a figure di donne coraggiose, infelici, che per emergere hanno avuto uno scotto da pagare, con una via sentimentale e affettiva molto complessa, ma anche per dare un messaggio importante a ragazzi e ragazze di oggi: quello di emergere esprimendo se stessi, senza conformarsi per paura di non compiacere, appiattendosi e perdendo personalità.

Ecco allora la storia di Radegonda, di Matilde di Canossa, Christine De Pizan, la Papessa Giovanna, figura leggendaria, mai esistita, anche se nei pressi del Colosseo esiste il “Vicus Papisse”, (nella leggenda il diavolo la mise incinta, lei ebbe le doglie durante una processione nei pressi del Colosseo, una scusa per condannarla, a dimostrazione di una Chiesa che teme la presenza femminile: ancora oggi le donne non possono essere neanche diacone), Margherita Datini.

Margherita Datini

Quella della bella Radegonda è una storia brutale, di 1500 anni fa: Clotario, uno dei figli del re Clodoveo, fondatore della dinastia franca dei merovingi, la rapì ancora bambina dalla casa paterna (il sovrano della Turingia). La sposa, la fa studiare in un monastero, solo perché doveva essere alla sua altezza. Clotario era cristiano solo per convenienza politica, uccise il fratello di Radegonda, lei voleva fuggire per vivere una vita religiosa. Si rivolge al vescovo di Noyon perché riconosca ufficialmente la sua scelta. Siccome il vescovo esita, per paura di dispiacere a Clotario, entra nella cattedrale, getta a terra il manto regale, chiama a gran voce il prelato e davanti a lui si riveste con il nuovo abito monacale. A Poitiers fonda un monastero dove vivrà fino alla morte. Due le biografie: quella di Venanzio Fortunato, che la descrive come ascetica e penitente, l’altra di una consorella, Baudonivia (una delle prime donne che scrivono in quei secoli duri e precari), che prosegue la biografia interrotta alla morte di Fortunato, soffermandosi più sulle qualità di Radegonda, che fondò ospedali, lasciandoci un’immagine più interessante e complessa di una donna preoccupata per la pace e la salvezza della patria. Secondo le testimonianze dei due biografi Radegonda aveva operato miracoli in favore della sua gente per una convivenza più sicura e pacifica.

Matilde di Canossa non ebbe una vita felice, figlia di Bonifacio, marchese di Toscana e della contessa Beatrice di Lotaringia, nel 1609 sposa Goffredo il Gobbo, duca di Lorena, che venne ucciso, da lui ebbe una figlia che morì poco dopo il parto e anche lei, come tante donne, rischiò d morire. Si risposò per convenienza politica con Guelfo V di Baviera (1089), molto più giovane di lei e impotente. Nel periodo più aspro della lotta per le investiture fu la più valida sostenitrice della politica papale, umiliò Enrico IV davanti al papa Gregorio VII, Il re poi si vendicò deponendola da ogni suo diritto e togliendole quasi tutti i beni, ma lei resistette e continuò a inviare aiuti al papa assediato a Roma.

Radegonda

Una storia di riscatto quella di Margherita Datini, semianalfabeta, succube del marito, ricco mercante spesso assente, che le dava le incombenze da seguire nella gestione della casa e nei rapporti con gli operai. Per anni restò nell’ombra del marito, poi, intorno ai quarant’anni, Imparò da sola a leggere e scrivere, tenere i libri contabili e diventò una delle prime donne imprenditrici a Prato nella seconda metà del 1300. E poi c’è Christine De Pizan, scrittrice e poetessa italiana naturalizzata francese, che ebbe la fortuna di avere un padre illuminato, Tommaso, medico e astrologo alla corte di Carlo V, che le garantisce un’istruzione al pari dei fratelli. Fu la prima scrittrice di professione della storia e femminista ante-litteram, si manteneva con i suoi scritti, crebbe tre figli e si prese cura della madre dopo essere rimasta sola a 25 anni: morirono sia il padre che il marito. Con il suo libro La Città delle Dame ha riabilitato molte figure femminili, distruggendo i luoghi comuni contro le donne, ingiustamente tacciate come esempio di vizio. Fu da ispirazione a uscire dalla condizione di inferiorità, nelle miniature è rappresentata sempre in abito blu e un’acconciatura semplice. Fu a capo di una bottega di scrittura, dove lavoravano calligrafi e miniatori che copiavano i suoi testi e allo stesso tempo compose poesie e ballate. Alcune furono raccolte nel “Le Livre des cent ballades”, diventò nota tra i nobili del tempo, che le affidarono vari incarichi, tra cui la redazione della biografia di Carlo V.

Francesca Sammarco

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