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Quel pescatore (“papà”) che salvò 47 vite

di | 2024-10-13T02:59:42+02:00 13-10-2024 1:05|Sezione 2, Storie|0 Commenti

PERUGIA –  In un mondo in cui la violenza, la sopraffazione, il Male, sembrano avere continuamente la meglio, la fiammella dell’umanità, di tanto in tanto, lancia segnali. Forse flebili, ma concreti. Il Bene esiste. Per fortuna. E resiste, anche. Una prova? Il documentario (“A nord di Lampedusa”) che Rai 3 ha messo in onda, qualche giorno fa, a dieci anni dalla spaventosa strage di migranti avvenuta a poche miglia dall’isoletta siciliana, una delle più terribili e numericamente agghiaccianti (368 morti), del 3 ottobre 2013.

Il falegname e pescatore che trasse in salvo, quella notte, 47 vite – mettendo a rischio la propria e quella dei suoi compagni – ha compiuto, in occasione del decennale, un viaggio per incontrare alcune delle persone salvate che si sono trasferite e vivono, felici e con le loro famiglie (qualcuna di loro ha anche messo al mondo dei bambini), in Nord Europa (Svezia, Danimarca, Norvegia, Olanda). I cinici sostengono che la riconoscenza sia il sentimento del giorno prima, ma i sopravvissuti a quella terribile disgrazia, non hanno dimenticato il loro salvatore e la hanno abbracciato, baciato, invitato a cena, trattandolo come un familiare. Di più: chiamandolo “papà”. Ed il “benefattore” non ha dimenticato i tratti in salvo.

Vito Fiorino

Il “legame” di quella notte da tregenda rende indissolubili i rapporti umani. Il Samaritano, in questo caso, ha il volto ed il nome di una persona del tutto normale: si chiama Vito Fiorino, 75 anni, nativo di Bari, trasferito in Lombardia da giovanissimo. Qui, a Sesto San Giovanni, grande centro operaio, ha lavorato come artigiano (falegname) a fianco del padre, poi da “padroncino” in una azienda tutta sua. A 51 anni la svolta: provvede ad organizzare, per se stesso e per i propri familiari, una vacanza a Lampedusa e resta affascinato, incantato dall’isola. Così decide di cedere l’attività lombarda e si trasferisce al Sud. Non solo: da falegname di professione si “ricicla” in pescatore (amatoriale). La fatidica notte della strage di migranti, Vito (insieme a sette amici) si trova in rada sulla sua barca, la “Nuova speranza” (nomen omen: un nome, un presagio), in attesa di uscire dalla baia della Tabaccara, alle prime luci dell’alba per una battuta di pesca.

All’improvviso qualcuno del gruppo sente gridare. “Sulle prime – raccontò Fiorino – pensai che a lanciarli fossero dei gabbiani, invece provenivano da uomini in acqua da ore…”. Con l’aiuto dei compagni di pesca Vito, lanciando più volte in mare le ciambelle di salvataggio in dotazione alla sua barca, issò a bordo 47 persone (tutti uomini ed una sola donna), molte delle quali giunte ai limiti della resistenza umana (da almeno quattro ore tentavano di tenersi a galla), semi assiderati, immersi come erano nell’acqua fredda. L’imbarcazione, piena zeppa come una scatoletta di sardine, stava, addirittura, per ribaltarsi per l’enorme peso sopportato. Ma riuscì a rimanere in linea di galleggiamento e condusse in porto i migranti. Prima di rientrare il pescatore – di uomini, quel giorno – lanciò l’allarme alla Capitaneria di Porto.

A rovesciarsi era stata un peschereccio libico, di una ventina di metri di lunghezza, salpato da Misurata con più di 500 disperati in cerca di libertà e lavoro: 388 tra morti e dispersi (20 questi ultimi), mentre i sopravvissuti furono 155. Nove i bambini periti e quasi un centinaio le donne. La maggior parte dei disperati del mare imbarcati proveniva dall’Eritrea, ma pure dall’Etiopia e dalla Siria. Un tunisino ed un somalo hanno ricevuto condanne (non ancora definitive) per omicidio colposo plurimo, dalla giustizia italiana. Altri dodici eritrei furono salvati da un altro pescatore, Costantino Baratta, 66 anni, originario di Trani. Alcuni altri ancora dalla Capitaneria.

Vito Fiorino con uni dei migrati salvati a Lampedusa

Nella Bibbia si cita l’episodio di Dio che, deciso a distruggere Sodoma, interrogato da Abramo, promette di non attuare la rovina della città se si troveranno 50 giusti. Il patriarca, benché non sia “che polvere e cenere”, insiste fino a quando Dio scende fino a quota dieci. Ma Abramo non trovò i 10 giusti necessari alla salvezza. E la città del peccato venne incenerita da una pioggia di zolfo e di fuoco.. Ora stiamo messi – forse – un poco meglio. L’esempio di Vito e degli altri ne porta testimonianza. Sì, il Bene vive ancora. Si incarna in facce normali, se non anonime. Ma c’è.

Per fortuna della specie umana.

Elio Clero Bertoldi

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