TODI (Perugia) – Ho ballato con Sandra Dee. Chiedi chi sia? Sei giovane di certo. E non esperto di cinema, come me d’altro canto. La Dee era (è morta da una quindicina di anni) una attrice statunitense, classe 1942, piuttosto famosa in particolare tra la fine degli anni Cinquanta, i Sessanta e gli inizi dei Settanta. E come ha fatto – domandi ancora – un “quisque de populo” come me a danzare con una stella di Hollywood? Nessun merito: casi del destino.
Sandra Dee recitava nel cast del film “Giulietta and Romanoff”, girato a Todi nell’estate del 1961 e diretto da Peter Ustinov, regista e grande attore (si era ritagliato un ruolo pure in questa produzione). A lei, piccola di statura, ma che brillava per un volto angelico, era stata affidata la parte della bella eroina veronese, mentre il protagonista maschile, Romeo, lo interpretava l’aitante John Gavin. Il cast, di cui faceva parte pure Akim Tamiroff, si fermò diversi giorni in città ed anche io, con altri coetanei, fui assunto dalla produzione come comparsa per far da cornice alla coppia di protagonisti.
Non starò a riassumere tutta la trama del film nel quale la romantica e tragica storia d’amore di Verona dall’epoca medievale era stata proiettata ai tempi della ‘’guerra fredda’’, allora all’acme. Sarà sufficiente ricordare che sul piccolo stato di Concordia, appena iscritto all’Onu, si concentrano e si scontrano – nella finzione scenica – gli interessi degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, in quanto il voto dello staterello si rivela decisivo per l’approvazione di una delicata determinazione. Ciascuno degli ambasciatori delle due superpotenze cerca di ‘’comprare’’ l’appoggio della piccola nazione – dove intanto Giulietta e Igor, figli dei due diplomatici, si innamorano – diventata di enorme rilevanza strategica perché in grado di far pendere gli equilibri mondiali su un fronte o sull’altro.
Contrariamente alla tragedia di William Shakespeare, il matrimonio tra i due giovani finisce per mettere in sintonia Usa e Urss. Omnia vincit amor. Una favola brillante, dunque. Le due ambasciate contrapposte erano state ospitate, nella ricostruzione cinematografica, nei due palazzi, dirimpettai, dei Grondona e dei Morghetti (mi pare che queste famiglie ne detenessero la proprietà), che si aprono sulla medievale e suggestiva piazza grande (o del Popolo) di Todi. Il ballo, un valzer, all’interno di un salone nel corso di una festa, si svolse senza presentazioni. Dovevo mimare il parlato, a turno con l’attrice, sebbene lei non conoscesse l’italiano ed io non biascicassi una parola di inglese (a scuola studiavo il francese). Per di più, da copione, Sandra – all’anagrafe Alexandra Cymboliak Zuck, nata a Bayonne, New Jersey, ed appena diciannovenne – doveva di tanto in tanto rivolgere lo sguardo in direzione del suo Romeo.
Forse a motivo del poco convincente, e per nulla armonico nei tempi, scambio di battute, la scena nella quale lei compariva tra le mie braccia venne tagliata in fase di montaggio. Io, ovviamente, misero figurante, rimasi all’oscuro di tutto e quando fu proiettato il film al Teatro Comunale, ci rimasi male. Molto male. Pensavo di fare un figurone, con gli amici ed i conoscenti, che mi avrebbero visto danzare con una star internazionale ed invece Ustinov mi rifilò un tiro mancino: neanche un frame che mi immortalasse. Dopo molti anni venni a conoscenza che Sandra, già a quell’epoca, era sposata da poco più di un anno, anche se le offrivano, quasi sempre, ruoli da fanciulla sognatrice, ingenua e pura.
Non certo in ‘’Scandalo al sole’’, nel quale girò, non ancora diciottenne, scene che oggi apparirebbero quasi da educande, ma che allora, per la mentalità imperante, suscitarono particolare scandalo di là e di qua dall’Atlantico. Ed ancora: a dicembre di quel 1961 la Dee partorì un figlio (Dodd Mitchell), così mi resi conto che mentre folleggiava sul set, l’attrice versava pure in stato interessante. Non solo. Scoprii che nella biografia redatta dal figlio, lei stessa ammise di aver sofferto di depressione e di alcolismo in seguito a violenze sessuali subite, da piccola, ad opera del patrigno. Insomma la bellezza smagliante, gli occhi sognanti e l’enorme successo di quella splendida creatura dal viso d’angelo, che io per pochi minuti avevo cinto tra le mie braccia, nascondevano una storia terribile, angosciante, scioccante. Ed io, affascinato da tanta venustà, non me ne ero reso conto. Mai fidarsi delle fiction. Come ripeteva mia nonna: non è tutto oro quello che riluce.
Elio Clero Bertoldi
Nell’immagine di copertina, una scena del film “Giulietta and Romanoff”
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