PERUGIA – Il 23 agosto, tra poche ore, a Todi inizieranno le riprese di un film dal titolo: “Uomini da marciapiede”, con Francesco Albanese, Paolo Ruffini, Clementino e la conturbante Rocio Munoz Morales, compagna di Raul Bova. Per cinque settimane la città tornerà a trasformarsi in un set cinematografico. Le anticipazioni dicono che la pellicola è ambientata nel mondo del calcio. Alle volte una parola – o un profumo oppure una immagine – può scatenare un ricordo, riportarlo a galla dal fondo della memoria. É quello che è capitato a me, scorrendo l’articolo di un giornale locale, che riporta la notizia dell’arrivo del cast in città.
“Per bona ricordanza” – così si dice ancora oggi nelle campagne umbre – già molti decenni fa nella cittadina, fondata dagli etruschi in cima ad un colle ai cui piedi scorre placido il fiume sacro ai destini di Roma (in quel punto così lento da venir chiamato “Tever morto”) e dal caratteristico volto medievale, con vicoli stretti e freschi, erano sbarcati i cineasti. In particolare tra il 1961 ed il 1964, quando Todi fu scelta per “Giulietta e Romanoff” dal regista e attore Peter Ustinov (con la diva Sandra Dee, appena baciata dal successo planetario di “Scandalo al sole”, con John Gavin e con Akim Tamiroff); per “Il tormento e l’estasi” del cineasta Carol Reed prodotto dalla “20th Century Studios” e, ancora, per alcune scene in ampi spazi di “Sodoma e Gomorra”, opera del regista Robert Aldrich, ricostruite e filmate appena a poche decine di metri a valle dal paesino di Pontecuti tra i campi e lungo il greto del Tevere, che nella finzione rivestiva la parte del Giordano.
Tra le comparse ingaggiate per le riprese di tutte e tre le pellicole figuravo anche io insieme ad alcuni miei compagni di vita, di giochi e di scuola (ai tempi del ginnasio-liceo). Altri ingaggiati venivano – i “colossal” dell’epoca, siccome non esistevano ancora i computer, avevano bisogno di un gran numero di figuranti per le scene di massa – dagli altri rioni della città, non solo di Piazza, ma anche della Valle, di Porta Fratta, di Borgo, di Viulpiana. Ad Ustinov, per filmare alcune scene “en plein air” ed un ballo all’interno del salone d’onore di un palazzo, risultarono sufficienti poche decine di comparse. Alcuni di noi (et quorum ego) si infatuarono di Sandra Dee, piccola di statura, ma, all’apparenza, bella, dolce, pura, estroversa. Solo anni più tardi scoprimmo che quando recitò in Umbria, la Dee fosse già sposata e madre; che convivesse da tempo con una squassante, terribile esperienza di violenze subite da bambina ad opera del patrigno e che, forse, fosse già impegolata nell’alcolismo…
La “Titanus” (produttrice di “Sodoma e Gomorra”) arruolò, invece, sia pure per pochi giorni, un buon numero di comparse. Il popolo ebreo – questa la vicenda biblica da rappresentare in pellicola – dopo una estenuante, durissima e lunga traversata del deserto arriva, sotto la guida di Lot (interpretato da Steward Granger), sulle rive del Giordano, nel quale tutti, grandi e piccoli, donne e uomini, si gettano in acqua per trovare finalmente frescura e ristoro, schizzandosi gioiosamente l’un l’altro come bambini. Tra le attrici una prorompente Rosanna Podestà (interpretava Shua), una affascinante Anna Maria Pierangeli (nelle vesti di Ildith, la moglie di Lot, trasformata in statua di sale, dopo la fuga dalla città corrotta e malvagia, tanto da venire distrutta dall’ira divina), una spendida, giovanissima e vivacissima Claudia Mori (Maleb), una prosperosa e aggressiva Scilla Gabel (Tamar). Nel “cast” anche Ainouk Aimeé (la regina Bera) e le ballerine Alice ed Hellen Kessler, che però non furono presenti a Todi (io, almeno, non le rammento e sono certo che mi sarebbero rimaste bene impresse nella mente).
L’occasione per noi ragazzi risultò a dir poco entusiasmante, non soltanto per i compensi ricevuti e perché ammiravamo dal vivo e sfioravamo bellezze inarrivabili, ma anche perché, nelle pause, potevamo sguazzare felicemente in acqua, in un fiume non ancora inquinato e, attraversandolo a guado o a nuoto, arrivare in un campo di cocomeri e farne epiche abbuffate. Che rischi avremmo corso se il contadino ci avesse sorpresi a strafogarci con le sue angurie…
L’acme delle estati di quegli anni d’oro (per l’età spensierata, soprattutto e per i primi segnali di “boom” dell’Italia) lo raggiungemmo con “Il tormento e l’estasi”, in quanto la “troupe” – con attori di grido quali Charlton Heston (Michelangelo), Diane Cilento (Contessina de’ Medici), Rex Harrison (Giulio II, al secolo Giuliano della Rovere), Harry Andrews (Donato Bramante), Alberto Lupo (Francesco Maria della Rovere), Adolfo Celi (Giovanni de’ Medici), John Stacy (Giuliano da Sangallo), Tomas Milian (Raffaello Sanzio), Andrea Giordana (un aiutante dell’artista) – si fermò in città per circa un mese. Ogni mattina, di buon ora, noi figuranti venivamo trasportati in autobus a Ponterio (nei capannoni dell’ex Molino-Pastificio Cappelletti) per la vestizione ed il trucco. L’epoca di riferimento della vicenda narrata risaliva al 1508. La suggestiva piazza medievale di Todi con alcuni ritocchi posticci, venne trasformata dagli scenografi in piazza San Pietro (agli inizi del Cinquecento ancora non era stata edificata la struttura col colonnato del Bernini, né il tempio come li conosciamo oggi). Scene di partenza per la guerra, col papa-guerriero ed i comandanti dell’esercito pontificio su cavalli scalpitanti in piazzetta Jacopone che spronavano le cavalcature dirigendosi in piazza o ritorni dalle battaglie, con feriti accatastati su carri trascinati da buoi, vennero girate sull’acropoli.
A pochi passi da casa mia dove potevo tornare, anche di soppiatto, a rinfrescarmi soprattutto quando, con indosso l’armatura di ferro e sotto il sole cocente, sudavo di brutto e sbuffavo per l’afa (anche allora, non solo quest’anno, le temperature col solleone schizzavano in alto). Altrettanto faticoso scortare, addobbato di tutto punto, la lunga colonna dei cardinali, quasi tutti in sella ad un mulo o ad un asinello, diretti al palazzo papale, dove a riceverli sedeva, sul trono di Pietro, il burbero pontefice Giulio II. Stranamente senza barba – come notarono immediatamente alcuni di noi più preparati -, diversamente dalla realtà e dalla nota iconografia. Qualcuno ci rivelò che Rex Harrison avesse seccamente rifiutato di farsi crescere la barba o di farsene mettere sul mento una finta… Impuntature o snobismi da divo.
Nel grande atrio interno di uno dei palazzi della piazza era stata allestita una parte della Cappella Sistina, dove Michelangelo stava iniziando, un po’ controvoglia e con scontri verbali, piuttosto frequenti, col Papa – tutti e due vantavano un pessimo carattere – gli affreschi che hanno contribuito a renderlo famoso nella storia dell’arte. Andrea Giordana faceva la parte di uno degli aiuti di bottega del pittore. In qualche scena fummo utilizzati anche io ed un mio amico, quali portatori d’acqua e di cibo agli artisti. Quella parte di pellicola non venne sfruttata nel corso del montaggio. Quando il film – costato qualcosa come 12 milioni di dollari e che si rivelò un insuccesso sul piano economico (avendo incassato appena un terzo dell’investimento), ma non a livello di critica, che invece lo apprezzò molto – uscì nelle sale mi riconobbi in diversi, brevissimi fotogrammi, tra i quali uno: il rientro dei soldati, caricati su un carro, feriti e sanguinanti dopo uno scontro d’armi.
Un giorno, durante una pausa, notai, sempre col mio gruppo di amici, Heston a cavallo sul piazzale della Rocca, il punto più alto della città (rinforzato dalle mura e dal maschio fatto costruire dall’Albornoz nella seconda metà del Trecento), insieme alla Cilento, anche lei in groppa ad un destriero. Era sbocciato un amore? L’attrice interpretava Contessina de’ Medici che avrebbe intrecciato, nella finzione cinematografica, una relazione sentimentale con Michelangelo. Difficile che, nella realtà, ci fosse stato davvero qualcosa tra la figlia di Lorenzo de’ Medici (che era sposata a Piero Ridolfi) e lo scultore, pittore e poeta, soprattutto alla luce delle predilezioni sessuali di quest’ultimo. A meno che non si trattasse di una infatuazione platonica come quella vissuta, ormai in età matura dal Buonarroti, con la pia e devota poetessa e marchesa D’Avalos, Vittoria Colonna. E altrettanto difficile pensare che l’attrice australiana – da pochi mesi convolata a nozze con Sean Connery – si fosse concessa una scappatella con Heston.
Ecco come un notizia di non rilevanza, per la maggior parte dei lettori, può ripescare dal profondo le “ricordanze” degli anni, belli a prescindere, della giovinezza. I pochi, che saranno arrivati fin qui nella lettura, mi auguro perdoneranno la nostalgia di un anziano per il tempo che fu e che, inesorabile, fugge. Recitava una canzoncina goliardica: “Fugit Euro citius tempus edax rerum”, traducibile con “Se ne va più veloce del vento il tempo divoratore di ogni cosa…”.
Elio Clero Bertoldi
Nell’immagine di copertina, uno scorcio della splendida Todi
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