NUORO – Tutti noi stiamo vivendo un anno molto particolare e anche le vacanze pasquali non si sottraggono ad un clima le cui cifre sembrano essere la “sospensione” e l’“attesa”. Le nostre abitudini, i nostri ritmi quotidiani sono stati sospesi e tutti, anche se non ce lo diciamo apertamente, siamo in attesa di qualcosa che ci restituisca la nostra vita precedente. La nostra vita precedente, che fa capolino da tante piccole cose, ammicca e ci richiama a riflettere sull’importanza di ciò che spesso, superficialmente, abbiamo sottovalutato. Le strade sono deserte, si vedono solo le pattuglie che, ad ore prestabilite fanno “la ronda”. I negozi da ormai un mese hanno abbassato le serrande e si respira un’aria pesante, che non è smog o inquinamento ma paura, tensione, rabbia. A scuola, le aule sono vuote e silenziose. Il lavoro prosegue, è vero, ma una scuola senza alunni è come una città bombardata con i gas. Tutto è in ordine, ma tutto è inutile e privo di senso.
Non ci sono più i sorrisi e le parole, i pianti e i malesseri, non c’è più la vita a cui eravamo tutti abituati. Come se non dovesse finire mai e nel frattempo ci stiamo confrontando con questa nuova realtà. Una domanda semplice, ma anche un messaggio di speranza che si proietta al positivo, un modo per condividere bisogni, desideri e sogni di normalità in un momento difficile e delicato per tutto il Paese è: “Cosa farò quando tutto sarà finito?” Che cosa farò io, però, è poco importante. Il mio disagio non è niente in confronto al dolore vero che stanno vivendo altri. Penso a quelli che hanno perso i loro cari, a coloro che non hanno più un parente, un amico, un genitore, un nonno. Penso a tutti quelli che non hanno più a loro fianco una persona amata, a coloro che ormai hanno i propri cuori spezzati, a coloro che, quando tutto questo sarà finito all’ora di pranzo dovranno abituarsi a mettere un posto in meno a tavola, o dovranno prendere una pizza in meno perché quel caro amico con cui di solito si usciva sempre non ce l’ha fatta. Il mio pensiero va a tutti coloro che, quando tutto questo sarà finito, non avranno un appuntamento, una riunione in famiglia o una festa tra amici ma un immenso vuoto da colmare, uno spazio da riempire.
Non voglio né posso essere la persona che deve colmare i vuoti, ma quella che quando questa brutta e lunga parentesi sarà finita abbraccerà le persone che ama e che purtroppo sono lontane per motivi di studio e di lavoro e dirà loro che è stato duro tutto questo, ma che ha fatto di tutto per non perderle, seguendo i protocolli, rispettando le regole e le raccomandazioni. Ed è quello che faremo tutti se amiamo qualcuno. Tra le cose che mi sono maggiormente mancate in questo periodo, al primo posto metterei gli abbracci. Gli abbracci per me erano sempre diversi, e mi aiutavano sempre in modo diverso. C’era quello che sembrava che rimettesse i pezzi in ordine, quello che sembrava volesse dirmi “ce la farai” e quello in cui amavo sparire. Nel periodo di quarantena e isolamento ho dovuto imparare ad abbracciarmi da sola, a prendermi cura di me stessa, a rincollare i pezzi prima che fosse troppo tardi. Quando finalmente il pericolo sarà scampato e saremo nuovamente tutti insieme e felici la prima cosa che farò sarà stringere forte a me le persone care, quelle lontane e quelle vicine che ho dovuto tenere a debita distanza mio malgrado.
Quando tutto questo sarà finito sarò felice di riprendere e rivivere la mia routine, proverò ad essere forte come ho scoperto di essere, proverò a lasciare andare chi non vuole esserci e inizierò a perseguire realmente i miei obiettivi senza cercare giustificazioni, perché ormai di giustificazioni non ce ne saranno più. Darò più peso alle azioni delle persone, perché ciò che mi è sempre sembrato monotono e meccanico ora mi manca. Quando tutto questo finirà sarà probabilmente estate, e credo sarà una delle estati migliori della mia vita, sarà l’estate della rinascita, l’estate in cui tutti saremo più felici e grati di essere lì a godercela, a respirare l’aria della comunione, della fratellanza, della condivisione, a nuotare nuovamente nel mare, a sentire la sabbia calda sotto i piedi o il sole sulla pelle, a farci scompigliare i capelli dalla piacevole brezza del maestrale che in campagna il pomeriggio accompagna i miei sonnellini sul dondolo sotto la tettoia del portico. Di una cosa sono certa. Nessuno sarà più come prima, saremo tutti più forti. Questi tragici avvenimenti faranno parte della vita di ognuno di noi per sempre. Ed è proprio la consapevolezza del fatto che torneremo alle nostre abitudini e l’augurio che questo virus possa renderci migliori a darmi la forza di vivere in trepidante attesa di riprendere la mia routine. Più i giorni passano, più mi convinco che tale presa di coscienza coinvolgerà un gran numero di persone e che questa pandemia potrà far riscoprire a tutti dei valori che sembravano persi.
Quando tutto sarà finito vedrò la vita in modo diverso, perché solo dopo tutto quello che sta succedendo ho capito quanto sia importante la libertà, fatta di piccole cose come fare una passeggiata, o quattro chiacchiere con gli amici e prenderò coscienza di quante occasioni e quanto tempo in passato ho perso. Riprenderò a fare le attività che facevo prima, ma mettendoci più amore, più consapevolezza di quanto sia bello e di quanto siamo fortunati. Inizierò a cogliere le opportunità quando mi si presentano, senza posticipare, vivrò la vita ogni singolo secondo, perché il secondo dopo le cose possono cambiare improvvisamente, ma di questo già ce ne siamo accorti. Credo che sarò più responsabile, ascolterò di più chi ci dà delle raccomandazioni, dei consigli e li metterò magari anche in pratica. Troverò qualsiasi scusa per stare fuori casa, per passare il tempo in compagnia, per recuperare tutto il tempo che c’è stato rubato. Questo riposo forzato mi ha insegnato tante cose, chi veramente mi sta vicino anche senza starmi vicino, mi ha insegnato cos’è un live meeting, come si può fare didattica a distanza creandomi un’aula virtuale, a fare sport in 40 cm quadrati, a giocare ogni pomeriggio a scala quaranta con mio padre di 87 anni, ad amare di più la casa, la lettura, la scrittura ma soprattutto mi ha insegnato che la vita è imprevedibile, e che per questo dobbiamo vivere appieno ogni momento.
Coloro che prima diffidavano del prossimo, ora stanno riscoprendo la propria solidarietà. La comunità si sente più forte, più unita, piena di speranza. Più umana. Quell’essere spregevole, che ci sta portando tanto male, ci sta facendo ricordare chi siamo e che chiunque può essere contagiato. Quando tutto questo sarà finito e si tornerà alla normalità, non sarà facile, ma sarà gratificante provare a riprendere e migliorare la vita di prima, riallacciare i rapporti con le persone con cui non parliamo, perché se c’è una cosa che questa quarantena ci ha insegnato è la precarietà della vita. Ecco, questo è quello che voglio fare ed applicare quando la quarantena sarà passata e quando tutto questo sarà finito. Spesso abbiamo smarrito la retta via solo per il gusto di farlo, adesso è arrivato il momento di dar valore al nostro operato. Un uomo che si perde nei propri sbagli è un punto solitario nella vastità del suo essere vuoto. Un uomo che comprende il valore della vita propria e di quella altrui, è degno di esser chiamato tale. Il senso della Pasqua è la Resurrezione. L’augurio che voglio farmi e vorrei condividere con le altre persone è proprio questo. Per chi ha il dono della Fede e per chi non ce l’ha, per tutti noi, l’augurio di risollevarci da questo brutto momento, di lasciarcelo alle spalle o, comunque, di essere pronti ad affrontarlo se dovesse ripresentarsi. Non siamo perfetti, l’abbiamo capito bene, ma proprio per questo possiamo e dobbiamo migliorarci sempre. E il miglioramento passa attraverso lo studio, l’applicazione, l’impegno che, se condiviso, dovrebbe dare a tutti una grande gioia.
Virginia Mariane
Lascia un commento