Ottobre, tempo di Nobel. E anche di polemiche. Che talvolta restano confinate in ambiti accademici quando si tratta di materie particolarmente specialistiche (Fisica, Chimica, Economia, Medicina) nelle quali per potersi esprimere servono conoscenze specifiche che pochi posseggono, ma che suscitano echi più vasti quando l’argomento del contendere riguarda la Letteratura e la Pace.
La gran parte delle scelte dalla Fondazione Nobel, l’ente svedese che si occupa dell’organizzazione, sono state comunicate la scorsa settimane (manca solo il premio per l’Economia che verrà assegnato domani, lunedì 9 ottobre, alle 11,45). Nel testamento di Alfred Nobel (1833-1896), ideatore e fondatore del prestigioso riconoscimento, si stabiliva che i premi dovessero essere assegnati a coloro che, nell’anno precedente, avevano prodotto il “massimo beneficio per l’umanità”: scienziati, scrittori, intellettuali, personalità e anche organizzazioni. La prima assegnazione risale al 1901. Il vincitore viene eletto da comitati ad hoc appartenenti a diversi enti, a seconda della disciplina. I Nobel vengono consegnati materialmente due mesi dopo, il 10 dicembre.
In ordine di tempo, il primo Premio Nobel del 2023 è stato quello per la Medicina assegnato a Katalin Karikó (68 anni) e Drew Weissman (64). La prima è una biochimica ungherese naturalizzata statunitense: la sua ricerca è incentrata sullo sviluppo dell’mRNA trascritto in vitro per terapie proteiche. Il secondo è un medico staunitense premiato insieme alla collega “per le loro scoperte sulle modifiche alle basi azotate dei nucleosidi che hanno reso possibile lo sviluppo di vaccini a mRNA efficaci contro il Covid 19”. Riceveranno una ricompensa di quasi un milione di euro (11 milioni di corone svedesi).
Gli scienziati Pierre Agostini (francese, 82 anni), Ferenc Krausz (austro-ungherese di 61 anni) e Anne L’Huillier (francese, 65 anni) hanno vinto invece il Nobel per la Fisica. Sono stati premiati per lo studio degli attosecondi, i segnali più brevi mai creati dall’uomo e che promettono di aprire la via a una nuova era dell’elettronica. Tanto per avere un’idea, un attosecondo (abbreviato as) corrisponde a 10−18 secondi e pertanto ad un trilionesimo (milionesimo di milionesimo di milionesimo) di secondo.
Il Nobel per la Chimica è stato vinto da Moungi Bawendi (statunitense di origine tunisina), del Massachusetts Institute of Technology (MIT), da Louis Brus (nato a Cleveland nel 1943) dell’Università Columbia, e da Alexei Ekimov (russo) che lavora alla Nanocrystals Technology. I tre scienziati operano nel campo delle nanotecnologie e hanno scoperto i cosiddetti quantum dot (i punti quantici) che sono considerati la base per moltissime tecnologie, dalle comunicazioni all’ottica, ai futuri computer superveloci o la diagnosi per immagini per la biomedicina. I quantum dot sono nanoparticelle così piccole al punto che le loro dimensioni determinano le loro proprietà, a partire dal colore, secondo le leggi della fisica quantistica. Sono i più piccoli componenti finora noti nel mondo delle nanotecnologie e le loro possibili applicazioni vanno dai televisori alle lampade a Led, fino ai sensori utilizzati nella biomedicina.
Il 5 ottobre il norvegese Jon Fosse (è nato nel 1959) ha ottenuto il Premio Nobel per la Letteratura: è stato premiato “per la sua innovativa drammaturgia e la prosa che danno voce all’indicibile”. Il neo premiato è tra le voci più significative della drammaturgia contemporanea, tanto da guadagnarsi il soprannome di “Samuel Beckett del XXI secolo”. Dal Daily Telegraph viene considerato uno dei 100 geni viventi. Gli è stato concesso, per meriti letterari, di risiedere nella residenza reale di Grotten. La sua produzione, sia di prosa che teatrale, è assai ampia e ha avuto qualche riscontro anche in Italia, sebbene senza successi particolarmente eclatanti. Da segnalare che nel 2012 si è convertito al cattolicesimo.
Tutto sommato, l’assegnazione 2023 non ha suscitato particolari malumori anche se si fa notare che sulla home page del sito ufficiale del Premio Nobel è presente un sondaggio per chiedere ai visitatori se hanno mai letto qualcosa di Fosse: solo il 12% delle risposte è affermativa. Scrittore poliedrico, principalmente di romanzi e drammi teatrali, ma anche di saggi, libri per ragazzi e poesie. L’autore sessantaquattrenne non era tra i nomi più forti in lizza per il premio.
In passato, comunque, ben più aspre polemiche avevano suscitato le scelte piuttosto ardite dell’Accademia reale svedese. Si pensi a Dario Fo, premiato con il massimo riconoscimento mondiale nel 1997 con la seguente motivazione: “Perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”. Ancor più discussa la decisione del 2016 quando il Nobel andò al cantautore e musicista statunitense Bob Dylan, “per aver creato una nuova espressione poetica nell’ambito della grande tradizione della canzone americana”.
Nell’aprile del 2017, dopo mesi di attese e rifiuti, finalmente Bob Dylan ritirò il Nobel che non aveva ricevuto durante l’apposita cerimonia di dicembre a Stoccolma, perché non ci era andato. Il premio – nella forma di un attestato e una medaglia – gli fu consegnato in un hotel, senza giornalisti e senza che fosse scattata nemmeno una foto dell’evento. Dylan non ha comunque ricevuto il premio in denaro, che ammonta a più di 840mila euro, perché la condizione per ottenerlo è tenere un discorso alla cerimonia di premiazione. Vale la pena anche ricordare che scrittori come Amos Oz, Philip Roth e Milan Kundera (conosciuti e apprezzati in tutto il mondo e con milioni di libri venduti) non sono stati mai presi in considerazione dall’Accademia reale svedese.
Nessuna polemica e unanime compiacimento per il Premio Nobel per la Pace assegnato all’attivista iraniana Narges Mohammadi, premiata per la sua lotta contro l’oppressione delle donne in Iran e per la promozione dei diritti umani e della libertà per tutti. Nata nel 1972 a Zanjan, capoluogo dell’omonima provincia a Nord dell’Iran, Narges Mohammadi è attivista sin dai tempi in cui studiava Fisica all’università, anni in cui ha fondato il gruppo degli “Studenti illuminati”. Già a partire dagli anni ’90 entrava ed usciva dalle prigioni, per aver sostenuto la campagna elettorale del riformista Mohammad Khatami, eletto presidente nel 1997 e nel 2001 grazie al voto delle donne e dei giovani, illusi di poter ottenere riforme e diritti. Quello contro l’hijab obbligatorio per le donne, tra i cardini principali su cui si fonda la Repubblica islamica, è da sempre il suo cavallo di battaglia e l’ha esposta alla repressione del regime. Ma nonostante i rischi, Narges non ha mai scelto di lasciare l’Iran come invece ha fatto Masih Alinejad, giornalista esule negli Usa, che qualcuno ha considerato come contendente per lo stesso premio.
“Il sostegno globale e il riconoscimento della mia difesa dei diritti umani mi rendono più risoluta, più responsabile, più appassionata e più fiduciosa. Spero anche che questo riconoscimento renda gli iraniani che, protestano per il cambiamento, più forti e più organizzati. La vittoria è vicina”, ha detto l’attivista iraniana detenuta in carcere in un messaggio arrivato al New York Times subito dopo il premio. Nonostante i lunghissimi anni di carcere Narges Mohammadi si è sposata con Taghi Rahmani, attivista anche lui, con cui ha avuto due figli gemelli, Kiana e Ali, che vivono a Parigi, da dove tre anni fa lanciarono un appello per chiedere il rilascio della madre che non vedono da 8 anni.
Buona domenica.
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