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Quando bruciano non solo gli alberi…

di | 2024-08-23T10:36:01+02:00 25-8-2024 5:00|Attualità, Sezione 1|0 Commenti

TARANTO – “Fuori, fuori… uscite… correte, c’è il fuoco!!”, è cominciato così l’incubo che hanno vissuto nelle prime ore del pomeriggio del 30 luglio scorso tanti villeggianti e residenti nella zona di Lido Silvana (comune di Pulsano, in provincia di Taranto), mentre tutto bruciava ed il vento soffiava con una forte intensità. È questo luogo uno dei tratti più belli della costa ionica pugliese, frastagliata e rocciosa con baie e calette che spuntano improvvise, tra folte pinete ed una fitta macchia mediterranea che si specchia nelle acque cristalline. Ancora una volta la storia si è ripetuta, come nel 2001 quando andarono persi 40 ettari di macchia mediterranea e 13mila alberi di pino.

Ora le persone coinvolte e sconvolte dall’evento ripercorrono con tristezza gli scenari apocalittici, da inferno dantesco di quel terribile giorno: alberi divorati dalle fiamme in pochi attimi; sterpaglie e campi anneriti e fumanti; anziani nel panico con gravi difficoltà deambulatorie; bambini intimoriti che piangevano, chiedendo dove fossero i nonni rimasti nelle loro case, vista l’ora e l’alta temperatura esterna. Il mare da raggiungere rappresentava l’unica via di fuga, mente l’aria diventava irrespirabile, la fuliggine e le faville più fitte, il fronte del fuoco sempre più esteso e la colonna di fumo grigio e nero intenso si stagliava minacciosa nell’azzurro del cielo. La professionalità e l’abnegazione di tutti gli uomini delle forze dell’ordine intervenute, insieme alla generosità e disponibilità della gente del luogo hanno sicuramente impedito che il terribile incendio potesse causare una strage, anche se purtroppo il bilancio finale ha fatto registrare una vittima, “ma”…

Per qualche arcano ed inspiegabile motivo, questi drammatici eventi lasciano sempre in sospeso dei “ma”, che sono destinati a non avere risposte esaustive e forse ancora una volta, tra circa un ventennio, qualcuno racconterà di altre centinaia di ettari di bosco e macchia mediterranea persi, della fauna decimata, di imprese ed esercizi commerciali distrutti, di strage mancata per caso, per miracolo o per un cambio improvviso della direzione del vento. Ormai l’incendio del 30 luglio è stato derubricato ad episodio passato e tutti sono tornati a tuffarsi nelle acque di quel mare caraibico; tuttavia, occorrerebbe riflettere sulla portata di quei “ma”. Alcuni imputabili all’incuria e mancanza di senso civico di tanti; altri alla negligenza, se non ignavia dolosa, dei politici locali e non; o ancora alla criminalità infiltrata nella gestione della “res publica” che finisce poi con l’acquistare – trascorsi i termini di legge – vaste estensioni di territorio a cifre irrisorie rispetto alle quotazioni iniziali, basti ricordare che i terreni del campeggio di Fata Morgana, distrutti dall’incendio del 2001, sono stati acquistati diciassette anni dopo ad un prezzo di saldo di 427.000 euro, dopo sei anni di aste andate deserte, rispetto al prezzo d’asta iniziale di 3.944.200,00.

Probabilmente anche oggi il quadro finale potrebbe vedere ulteriori cementificazioni selvagge e resterà solo l’amarezza per una realtà ed un territorio mai rispettati, accanto alla rabbia e lo stupore per le tante costruzioni abusive ineluttabilmente condonate, nascoste tra quegli alberi ormai anneriti o del tutto inceneriti. Chi abbia trascorso la propria giovinezza in questi luoghi, ma anche tutti coloro che amano e rispettano l’ambiente, provano un dolore intenso di fronte a tanto scempio, che rappresenta la scomparsa non solo di angoli di natura paradisiaca, ma anche di ricordi, sensazioni, affetti che a quei luoghi erano strettamente legati. La magistratura attualmente indaga, il piromane – presunto responsabile – è stato già arrestato e comunque riemergono forti sempre gli stessi “ma”, con la loro pressante urgenza di risposte serie.

Capriccioso e bizzarro questo vento che ha portato il fuoco verso alcune case, ne ha saltate altre e si è poi diretto con ferrea sicurezza e precisione millimetrica su una struttura turistica all’asta; inspiegabile un fumo così nero ed intenso, a meno di non collegarlo ad amianto, plastica o “rifiuti speciali” scaricati illegalmente; intollerabile leggere solo ora cartelloni di divieto di transito “Falesia sabbiosa, soggetta a frane” e contemporaneamente scorgere costruzioni faraoniche poco distanti. Restano il cordoglio per la vita persa dell’anziana signora, la solidarietà per tutti coloro che hanno visto andare in fumo in un attimo i sacrifici di tanti anni di lavoro, la tristezza per un paesaggio desertificato e grigio, disseminato di carcasse di auto, moto e lampioni liquefatti. Resiste tuttavia forte quanto indignata la speranza che nessun sindaco dichiari ancora una volta (come nel 2001) “la stagione turistica è comunque salva”, stendendo un vergognoso velo di apparente normalità su tutto.

Adele Reale

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