Secondo il Wwf dal 1970 a oggi la fauna selvatica mondiale è diminuita del 60%, molti ecosistemi stanno morendo e addirittura i più pessimisti tra gli scienziati danno per certa la scomparsa del genere umano entro poche centinaia di anni.
Colpa nostra, noi uomini e donne, che con un comportamento avido abbiamo divorato in modo irreparabile quanto di più bello Madre Natura ci ha messo a disposizione. Più ancora, come tante volte sottolineato da esperti del settore ambientale ed economisti, le responsabilità di questo cambiamento che appare inarrestabile, vanno attribuite al capitalismo che punta solo e soltanto sul profitto e non su una gestione ecosostenibile del pianeta Terra. E’ quindi anche una questione culturale.
Inquinamento, disboscamento, urbanizzazione incontrollata, sfruttamento illimitato delle risorse naturali che dall’avvento dell’era industriale, più o meno duecentocinquanta anni fa, stanno producendo quei cambiamenti climatici che veramente oggi mettono paura anche ai più scettici: è l’evidente conseguenza di un’economia destinata a portare solo danni.
Anche noi comuni mortali, uomini della strada, ce ne possiamo rendere conto giorno dopo giorno. Pensate a quello che sta succedendo. Quest’anno l’inverno – e non solo in Italia – ha deciso di non farsi vedere. E’ sembrato di essere in primavera. Nel Lazio – non all’estremo sud della Penisola ma nell’entroterra dell’Italia centrale – già da qualche giorno è fiorita la mimosa, i gatti cacciano le prime lucertole ancora mezze addormentate, si sono già visti i primi sciami di moscini e in certe zone di Roma la gente si lamenta per gli attacchi delle zanzare.E non è finita qui. Gli alberi da frutto hanno messo le prime gemme invitati dai subdoli raggi solari di una stagione che si mostra come fosse primavera. Ma così non è, le gelate possono ancora arrivare con tutte le conseguenze immaginabili.
Vogliamo salvare la Terra e tutti i sui abitanti, non solo l’Uomo? Cambiamo modo di vivere, in tutte le due forme. Non è l’agricoltura industriale il settore identificato come il responsabile primario della perdita di biodiversità bensì l’irrazionalità del capitalismo che considera priva di valore la maggior parte della vita su questo pianeta, che impone che abbiano valore solo le specie mercificabili, che ricerca il profitto ad ogni costo e mistifica una pericolosa crescita economica.
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