NAPOLI – Il risveglio degli amanti dell’arte il 12 del mese di luglio non è stato dei più entusiasmanti. L’opera “La Venere degli stracci” dell’artista Michelangelo Pistoletto è stata bruciata. “La mia prima reazione è stata di un forte controllo dell’emozione, perché la ragione deve vincere sempre”: così si è espresso il maestro Pistoletto dopo aver saputo dell’incendio che ha distrutto la sua opera inaugurata lo scorso 28 giugno nella piazza del Municipio di Napoli.
“Emozione e ragione esistono sempre e sono una dualità che deve trovare un accordo, un bilanciamento, un’armonia – sottolinea l’artista biellese – . La Venere degli stracci rappresenta proprio questa dualità: la bellezza senza fine e il degrado continuo. Due elementi contrari che sono, forse, uno più emozione, l’altro più ragione, ma si incontrano per rappresentare la rigenerazione di questi stracci che stiamo creando. Sono detriti non solo fisici, ma intellettuali, morali, sociali e politici. Quindi la Venere rappresenta la venerabilità: questa stessa parola viene proprio da Venere. C’è un concetto assolutamente profondo e anche morale di incredibile portata, che deve rigenerare la società stracciona. Quest’ultima purtroppo ha preso il sopravvento: è come un’autocombustione dell’atto peggiore dell’umanità. Io non dichiaro guerra preventiva a chi ha fatto questo gesto catastrofico ma propongo la pace preventiva”.
E’ una guerra continua (se guerra può considerarsi) quella tra una Napoli che tenta di risvegliarsi, riprendersi, comunicarsi nella sua estrema bellezza e quella frangia di teppistelli figli dell’ignoranza più bieca che spadroneggiano indisturbati per le strade della città, della civiltà. Non è il caso assolutamente di addentrarsi nei commenti contro la banalità mentale di realtà partenopee trite e ritrite anche perché ci sono esempi sparsi in ogni angolo del mondo. E’ opportuno soffermarsi, invece, su un concetto di viltà culturale forse da sempre presente nell’uomo che vive di pane e ignoranza, che si ciba di condimenti culturali insulsi e pochezze espressive, principalmente di mal-essere.
Da quando è stata installata a piazza Municipio non è che avesse avuto chissà quale riscontro positivo, la Venere degli stracci ha accumulato commenti più o meno “liberi”, molti da parte di chi non l’ha capita, qualcuno ha storto il muso prediligendo classicità artistiche, altri hanno apprezzato il tentativo di dare valore ad uno spazio, quale quello di piazza Municipio, figlio anch’esso di idee e progetti fatti su carta e applicati ad un contesto che evidentemente merita di più. Intanto la Venere è stata bruciata, distrutta e non certo in un dialogo carico di giudizio, competenze, compiacimenti, paragoni artistici. E’ stata bruciata e basta per lo “sfizio” di farlo così come ogni anno si rubano gli alberi di Natale nella galleria Umberto I, così come si sfregiano monumenti storici con scritte o incisioni, così come si può ammazzare un clochard per il gusto di riempire un vuoto interiore. Si fa e basta. Così, per gioco, per noia, per essere protagonisti nell’istante, per farlo vedere su qualche social, per dirlo agli amici. Tutto qui? Sì, purtroppo tutto qui. Senza una base o una motivazione adeguata. Bisogna rassegnarsi ad una generazione persa? Mai. Resistere strenuamente suggerendo un senso, il bello, la magnificenza di opere d’arte, di monumenti, di una vita che attende qualcosa di più denso e vero per ciascuno di noi, ma soprattutto per quattro balordi figli del nulla.
Che bello il commento del direttore di Cittadellarte Paolo Naldini, apparso sul sito del Journal della Fondazione Pistoletto: “La Venere degli stracci è dal 1967 simbolo del mondo nell’era del consumismo sconsiderato; adesso la Venere bruciata è anche il simbolo del pianeta in fiamme e di ciò a cui porta la nostra violenza. Ora dobbiamo verificare la solidità della struttura bruciata. Ma prima di tutto vorrei dire ai napoletani che sono solidale con loro e con le loro Istituzioni che hanno voluto accogliere quest’opera in Piazza del Municipio, uno spazio pubblico per eccellenza: che bello e importante ora sarebbe che i napoletani portassero ognuno uno straccio e ricomponessimo insieme una nuova opera pubblica, frutto della cura di tutti per il nostro pianeta, per il coraggio della bellezza contro l’intimidazione della paura”.
Bisogna continuare su questa strada asfaltata di bellezza, novità, ideali veri e cultura portando dentro quel velo di tristezza e rabbia che solo così può essere cancellato.
Innocenzo Calzone
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