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Poggio Vittiano, gioiello medievale

di | 2022-09-11T06:50:23+02:00 11-9-2022 6:35|Sezione 8, Viaggi|0 Commenti

VARCO SABINO (Rieti) – Cicolano, Terra di Cicoli, Valle del Salto: tanti nomi ma un solo territorio che nei secoli è stato molto trafficato, con i pellegrini che si recavano in Terrasanta, i pastori in transumanza verso la Puglia (se in direzione Avezzano), o verso l’Agro Romano (se in direzione Varco Sabino, un tempo nello Stato Pontificio). Qui artisti, pittori e scultori si muovevano al seguito dei pastori, con i loro “cartoni” (forme per riprodurre figure come Gesù Bambino, la Madonna, i Santi), vendendo le opere nelle fiere e nei mercati durante il viaggio. Le tante chiese rurali del Cicolano nascondono preziosi affreschi, molti dei quali furono coperti dalla calce durante le pestilenze, alcuni tornati alla luce con i lavori di messa in sicurezza dopo i terremoti: gli affreschi della chiesa di Santa Maria di Capradosso di scuola giottesca a Petrella Salto, la chiesa della Madonna del Poggio a Fiamignano, Santa Maria della Neve a Pescorocchiano, solo per citare qualcuno.

In alcuni servizi giornalistici il Cicolano è posto in Sabina, con cui non ha nulla a che vedere culturalmente, storicamente e territorialmente: la Sabina (divisa oggi tra Sabina romana e Sabina reatina) era nello Stato Pontificio, mentre il Cicolano era Regno delle Due Sicilie. In Sabina il clima è più dolce, i monti più morbidi, crescono gli ulivi, mentre il Cicolano è aspro, selvaggio, più freddo e attraverso il “passaggio” di Varco Sabino, non solo i pastori si avviavano in transumanza verso l’Agro Romano, ma fuggivano anche molti ricercati e condannati con bolle papali, attraversando il fiume Salto (il lago ancora non c’era). Un vecchio detto popolare recitava come ammonizione: “Né pè femmone, né pe’ mule, non passate là da fiume”. Anche Francesco Cenci, condannato dal Papa, fuggì ospite dei Colonna nella rocca di Petrella Salto, dove rinchiuse anche la povera Beatrice, insieme a Lucrezia Petroni, nobildonna romana, seconda moglie di Francesco (nella rocca avvenne il parricidio, ma questa è un’altra storia).

La provincia di Rieti dal 1927 è costituita dalla Sabina, la valle del Velino, il Cicolano, il Leonessano, ma Google non si è aggiornato e colloca i paesi del Cicolano in Abruzzo, anche se si può dire ancora oggi che culturalmente e tradizionalmente è più abruzzese che reatino, tantomeno laziale. Oltre alle tante chiesette rurali, questo territorio è caratterizzato dall’incastellamento medievale, con i resti di rocche e castelli in difesa dalle invasioni barbariche: ognuno controllava l’altro dalla sua sommità. La rocca di Petrella Salto era una grande fortificazione (oggi è conosciuta come la rocca di Beatrice Cenci), ovunque sono sparsi i resti di torri di avvistamento e di castelli (Rocca Vittiana, Poggio Vittiano, Poggio Poponesco, Girgenti, Macchia Timone, la Rocca di Corvaro, che fu sede anche dell’Antipapa, la rocca di Torano, resti di un castello persino sull’altopiano di Rascino, Tonnicoda, Castel Mareri), ognuno con una storia da raccontare.

Vicino ai castelli e alle chiese c’erano fontanili e vicino ai fontanili gli “spedali”, luoghi dove i pellegrini potevano rifocillarsi e sostare per tre giorni. Oggi tocca al castello di Poggio Vittiano, come descritto nella pubblicazione “Il castello di Poggio Vittiano – dell’Abbazia di San Salvatore Maggiore” curata dall’associazione cultuale di Poggio Vittiano, con la consulenza del professor Paolo Maglioni. Il titolo già dice tutto: i cambiamenti territoriali, religiosi, politici. L’Abbazia di San Salvatore Maggiore, ancora oggi un gioiello, fu fondata nel 735, costituì una diocesi che andava dalla parte del fiume Salto, dal ponte di Rieti, fino al monte Navegna. Oggi è nel Comune di Concerviano, che la acquisì nel proprio patrimonio verso la fine del ‘900. Il castello di Poggio Vittiano compare in fonti scritte del XIII secolo come signoria feudale dell’Abbazia.

Da Vicus a Castrum (accampamento militare dell’esercito romano), il piccolo borgo era chiuso all’esterno e in grado di potersi difendere, chiusa la porta del castello rimaneva in funzione un piccolo ostello (la Caupona) per accogliere forestieri. L’antichità del Vicus è dimostrata anche dall’esistenza di una strada consolare romana, la via Cecilia: staccatasi dalla Salaria all’altezza di ponte Buita, raggiungeva Cliternia, città equicola (gli Equi erano l’antico popolo guerriero del Cicolano), vicino Capradosso nel comune di Petrella Salto. La Via Cecilia passava per Trebula Mutuesca (nel comune di Montelone Sabino dove c’è un piccolo museo con interessanti reperti archeologici), attraversava il fiume Turano, risaliva fino a Longone e raggiungeva Vallecupola nel comune di Roccasinibalda in Sabina (anche qui da visitare un bel castello ancora intatto).

Poggio Vittiano è l’aggettivo del nome proprio derivante dalla famiglia Vectia, romana di origine sabina, presente nel paese fino a tutto il 1700, divisa in più rami (alcuni membri furono monaci dell’Abbazia). Intorno al 400 d.C. con l’imperatore Teodosio il cristianesimo diventò religione di Stato e la chiesa venne realizzata in una parte del palazzo del signore ‘Vectius’. Visibile ancora l’arco dell’entrata, unico accesso alla chiesa, dove fu addossato il campanile che fu aggiunto al fabbricato e rimase fino al 1870, la sacrestia fu ricavata da una torretta costruita in un secondo momento. Nel 1817 i castelli subirono un cambiamento e vennero uniti in un unico comune, inizialmente Poggio Vittiano fece parte del comune di Castel Vecchio, oggi Castel di Tora (nella valle del Turano), nel 1853 Varco Sabino diventò comune con le frazioni di Poggio e Rocca Vittiana.

L’associazione culturale è nata nel 2003 per promuovere la cultura, l’arte e il turismo, ha finalità sociali, organizza eventi, ha ripristinato il portone d’ingresso al paese, organizza feste e sagre (fra cui quella della polenta), ha aperto un piccolo bar come centro di aggregazione. Con questa pubblicazione vuole ricordare la storia, il territorio, i personaggi e gli abitanti i cui sacrifici “ci permettono oggi di ammirare questa meravigliosa realtà”.

Francesca Sammarco

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