PERUGIA – Giù il cappello. Se fino ad oggi la prudenza invitava a non sbilanciarsi troppo, adesso ogni remora deve cadere e cedere il passo all’evidenza: questo, signori, è un vero campione, anzi un campionissimo. Tadej Pogacar iscrive, a suon di vittorie (e di quale portata…), il proprio nome nell’albo d’oro dei più grandi fuoriclasse di ogni epoca nel ciclismo e, più in generale, dello sport. Domenica sul circuito di Zurigo si è aggiudicato il titolo di campione del mondo battendo gli avversari con una fuga, negli ultimi cinquanta chilometri addirittura in solitaria, da lasciare a bocca aperta per la meraviglia, anche i veterani di questo sporti, pure i più smaliziati.
Sono anni in realtà che lo sloveno aveva fatto irruzione nel mondo della bici, conquistando apprezzamenti per il suo modo di porsi modesto e per niente smargiasso; simpatie per il suo cuore d’oro (confermato da più episodi anche sotto gli occhi delle telecamere); per le sue innate, e forse immense, qualità tecniche e fisiche. Ogni volta, tuttavia, non mancava chi frapponeva i propri “ma”. “C’è Jonas Vingegaard!”, sosteneva qualcuno. “Attenzione: dovrà vedersela con Remco Evenepoel!”, esclamava qualche altro. Per di più, in alcune circostanze, il “nostro” era stato impantanato anche da brutti infortuni. Beh, “Pogi” – come lo chiamano gli amici ed i compagni di squadra – ha spazzato via non solo ogni dubbio, ma anche ogni avversario, che di volta in volta gli è stato contrapposto.
Come un vulcano che in principio brontola e borbotta, poi comincia a gettar fuori lingue di fuoco e lapilli ed infine erutta con la sua irrefrenabile potenza, Pogacar alla fine, ed in pochi mesi, è esploso: prima il Giro d’Italia (con sei vittorie di tappa, una a Perugia), poi il Tour de France (con altri sei successi infilati nel carniere e con quale irridente superiorità, sia in salita, sia nello sprint), ora il campionato del mondo. Vittorie mitiche. Fino ad oggi solo due ciclisti erano riusciti a centrare una simile tripletta: un “certo” Eddy Merckx, belga, detto “Il Cannibale” e Stephen Roche, irlandese.
Tadej viene da Komenda, una cittadina della Slovenia centrale di poco più di 5.000 abitanti, a 400 metri di altezza ed a pochi chilometri da Lubiana, la capitale. Agricoltura ed allevamenti equini contraddistinguono questa area. Il padre, Mirko (la madre si chiama Marjeta), racconta come avrebbe voluto che il figlio praticasse, che so?, il calcio (cui si è dedicato sino a 9 anni), il volley, il basket, invece Pogi ha scelto il ciclismo, seguendo il consiglio di alcuni amici e l’esempio del fratello Tilen (il campione ha pure una sorella, Barbara). Aperto, simpatico, senza essere invasivo, Tadej vanta un titolo di studio (un diploma) e, financo, una bella ragazza bionda, come compagna, Urska Zigart, connazionale e pure lei ciclista di alto livello. I due si sono conosciuti – narrano le cronache rosa – in Croazia, nel corso di un ritiro misto dei pedalatori sloveni Under 23: lui 18 anni (la data di nascita: 21.9.1998), lei due in più.
Quando hanno iniziato a gareggiare, entrambi usavano, per questioni di economia, bici usate. Ora hanno fondato un club (il ciclismo con Pogi sta vivendo una incredibile esplosione in Slovenia) e fanno crescere nuove leve, alle quali forniscono strumentazioni di ultima generazione e presto daranno vita ad un settore femminile, magari proprio col nome di Urska. Se lo può permettere certo con tutto quello che guadagna ogni anno (per il prossimo quadriennio dovrebbe incassare, dai soli contratti di ingaggio, qualcosa come 32 milioni di euro complessivi…), eppure non tutti i Paperoni del mondo posso fregiarsi di una tale disponibilità di animo!
La testimonia, questa grande generosità del campione, pure una ulteriore iniziativa benefica: ha lanciato, fin dall’epoca dei primi successi, una fondazione per combattere il cancro ed aiutare i malati. Colpito dalla dolorosa fine della madre della sua fidanzata. Quest’ultima ha tenuto a precisare, che l’iniziativa non è per la sua mamma, che non c’è più, “ma per trovare cure per quante più persone possibile e per non lasciarle sole e accompagnarle anche negli ultimi momenti”. Tadej Pogacar, lo “Squalo” dal cuore tutto d’oro.
Elio Clero Bertoldi
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