ROMA – Aumentano sempre di più i rifiuti di plastica nei mari e negli oceani. “Great pacific garbage path” è uno dei grandi agglomerati di plastica che si è formato nel Pacifico fra la California e le Hawaii: una quantità spaventosa di rifiuti galleggianti di plastica portati e mantenuti dal gioco delle correnti oceaniche. Purtroppo, non è l’unico caso: ci sono negli oceani almeno altre quattro isole galleggianti di rifiuti di plastica che si sono creati a causa del cattivo smaltimento e dell’incuria dell’uomo.
Se non si adottano gli opportuni provvedimenti per ridurre l’uso della plastica e migliorare il modo per smaltirla, il rischio è che entro il 2050 la massa di plastica negli oceani supererà in peso quella di tutti i pesci e il 99 per cento degli uccelli marini avrà ingoiato quantità più o meno elevate di residuati di plastica.
Una soluzione al problema potrebbe essere una scoperta scientifica pubblicata sulla rivista Science e realizzata da un gruppo di studio del dipartimento di chimica dell’università del Colorado diretto da Eugene Chen. Si tratta di un polimero basato su una sostanza chiamata gamma-butirolactone, realizzato appunto in quell’ateneo americano. E’ forte, economico e non danneggia l’ambiente, può essere riciclato all’infinito e non inquina. Il nuovo materiale ha molte qualità della plastica ma, a differenza della prima, può essere scomposto e riciclato senza l’intervento di sostanze chimiche o consumi energetici massicci in quanto tale processo avviene a temperatura ambiente. Questo materiale green invece di macerare nelle discariche o negli oceani può essere collocato in un reattore e depolimerizzato.
Il problema da affrontare è quello dei costi, ovvero bisogna lavorare per realizzare un materiale che sia anche economico da produrre. L’augurio è che la ricerca scientifica possa dare un contributo alla soluzione di questo grave problema. L’ambiente e l’uomo, in particolare, ne trarranno grandi benefici.
Silvia Fornari
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