La sensibilità ambientale è cresciuta in questi ultimi decenni. E’ un dato inconfutabile anche se di contro c’è da rimarcare che questa attenzione nei confronti del pianeta Terra viene pur spesso mortificata da un comportamento aggressivo e distruttivo da parte dei singoli come pure da parte delle aziende, grandi e piccole, dalle multinazionali e dai Governi stessi.
Cresce la sensibilità ambientale e di pari passo cresce anche la sensibilità verso gli animali, verso la loro qualità di vita. Guardiamo (in molti ma non ancora abbastanza) alla loro esistenza con rispetto, con affetto. I cosiddetti animali domestici – cani e gatti soprattutto – sono diventati parte della nostra vita, fanno parte della famiglia, li chiamiamo con orgoglio “amici” se non addirittura “figli”. Li difendiamo e li proteggiamo dalla cattiveria e dalla violenza.
Su questo particolare tema c’è da evidenziare che in molti Paesi del mondo ci sono leggi specifiche e assai severe che difendono la condizione di vita degli animali. Anche in Italia abbiamo fatto notevoli passi avanti.
Fino a qualche decennio fa era cosa normale tenere i cani tutta la vita legati alla catena, far loro svolgere lavori pesanti, costringendoli con maltrattamenti, abbandonarli in spazi ristretti e lasciandoli senza mangiare e bere per giorni. Adesso questi comportamenti, grazie anche alle battaglie delle associazioni ecologiste, sono puniti dalla legge e molto più di prima li vediamo dibattere nelle aule dei tribunali.
“Situazioni che coinvolgono tutti i settori del diritto – afferma Michele Pezone (nella foto a destra), responsabile dei diritti degli animali e coordinatore dell’ufficio legale della Lega nazionale Diritti del cane – sia quello amministrativo (si pensi al regolamento di polizia veterinaria, all’anagrafe canina, alla gestione dei canili ecc.), sia quello civile (responsabilità per danni, problemi condominiali, liti tra coniugi sull’affidamento di animali, proprietà di animali contese ecc.), sia quello penale”.
La legge 189 del 2004 ha introdotto nuovi reati nel codice penale tra cui l’uccisione di animali, il divieto di spettacoli con animali, il divieto di combattimenti. Ma c’è di più, il maltrattamento è un reato previsto e punito dagli artt. 544 ter e 727 del codice penale e non si tratta più solo di un “delitto contro il patrimonio” (cioè il bene protetto è la proprietà privata dell’animale da parte di un proprietario), come è previsto dall’art. 638 (Uccisione o danneggiamento di animali altrui). La differenza è stata chiarita dalla Cassazione (sentenza n. 24734/2010), che sancisce come il delitto di cui all’art. 544 ter c.p., tutela ora il sentimento per gli animali. Con l’art. 638 l’animale era tutelato quale “proprietà” di un terzo soggetto, che risultava essere la parte offesa ma con l’art. 544 ter, è riconosciuta una condotta lesiva nei confronti dell’animale stesso.
“Io credo che a breve – prosegue Pezone – si dovrà anche cominciare a lavorare a una codificazione organica, come si è già fatto in Francia, che disciplini in modo sistematico tutti gli aspetti della convivenza dell’uomo con gli altri animali, e includere questa materia nei percorsi di studi universitari, come già accade in molte università straniere, compresa la prestigiosa Harvard dove si insegna “Animal law”.
Ma intanto anche qui in Italia, grazie alla legge del 2004, i nostri amici animali sono più tutelati. Tanti i processi nei confronti di persone imputate di maltrattamenti se non addirittura accusate di averne provocato la morte. E tante le condanne.
Segno che i tempi stanno cambiando e in parte sono già cambiati.
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