PALERMO – L’idea si deve all’artista tedesco Gunter Demnig, che nel 1992 ha collocato le prime pietre nelle strade di Colonia, davanti alle case dove avevano abitato alcune vittime della Shoah. Dalla città di Colonia l’iniziativa si è estesa poi in quasi tutte le nazioni occupate dai nazisti durante la seconda guerra mondiale. Oggi si contano circa 75.000 “stolpersteine”, diffuse in centinaia di città europee. Ma cosa sono le “stolpersteine”, in italiano “pietre d’inciampo”? La pietra d’inciampo consiste in una pietra di 10 cm x 10 (la dimensione di un sampietrino) su cui viene posta una piccola targa d’ottone, nella quale sono incisi il nome, la data di nascita della persona fatta prigioniera dai nazisti, la data e l’eventuale luogo di deportazione e, se conosciuta, la data di morte. E’ stato evidenziato che le pietre d’inciampo sono “prive della verticalità tipica dei monumenti, hanno bisogno della distanza ravvicinata per essere notate e osservate”.
Adachiara Zevi ha sottolineato infatti che “gli Stolpersteine sono davvero come le tessere di un mosaico, come i pezzi di un puzzle che renderà possibile, in un tempo inimmaginabile, visualizzare l’orrore della deportazione nella sua ipertrofica dimensione”. Le persone ricordate dagli Stolpersteine sono tutte le vittime perseguitate e uccise per motivi razziali e politici, insieme ai rom, gli omosessuali, i testimoni di Geova. In Germania, Gunter Demnig prepara ogni singolo Stolperstein e lo interra personalmente, pienamente consapevole della responsabilità storica e umana del suo gesto: “Sono sempre inorridito ogni volta che incido i nomi, lettera dopo lettera – dichiara l’artista -. Ma questo fa parte del progetto, perché così ricordo a me stesso che dietro a quel nome c’è un singolo individuo. Si parla di bambini, di uomini, di donne che erano vicini di casa, compagni di scuola, amici e colleghi. E ogni nome evoca per me un’immagine. Vado nel luogo, nella strada, davanti alla casa dove la persona viveva. L’installazione di ogni ‘Stolperstein’ è un processo doloroso, ma anche positivo perché rappresenta un ritorno a casa, almeno della memoria di qualcuno”. L’espressione “inciampo” deve dunque intendersi non in senso fisico, ma visivo e mentale, per far fermare a riflettere chi vi passa vicino e si imbatte, anche casualmente, nell’opera. L’espressione “pietra di inciampo” è mutuata dalla Bibbia e da un passo dell’Epistola ai Romani di san Paolo.
La prima posa in Italia delle pietre d’inciampo è stata realizzata a Roma il 28 gennaio del 2010. Anche in Sicilia abbiamo già una pietra d’inciampo, posta nell’aprile scorso a Geraci Siculo, paesino in provincia di Palermo, per ricordare il concittadino Liborio Baldanza, perseguitato dal regime fascista e deportato a Mathausen, morto a Hinterbruhl il 3 aprile del 1945. Inoltre a Catania, in attesa che venga collocata una pietra d’inciampo direttamente da Gunter Demnig, il 27 gennaio 2018 è stata deposta davanti alla sede di via Firenze del liceo classico “Mario Cutelli” una grande mattonella commemorativa in ricordo di un docente del liceo, il prof. Carmelo Salanitro – l’unico dell’Istituto a non avere preso la tessera fascista – deportato e ucciso a Mauthausen nel 1945 per la sua opposizione al nazi-fascismo e la sua opera di propaganda contro la partecipazione dell’Italia alla II guerra mondiale.
Maria D’Asaro
Lascia un commento