PERUGIA – La morte di Piero Angela (1928-2022) ha colpito e commosso l’intera comunità nazionale, perché il giornalista, dai modi eleganti, composti, garbati, è stato il più grande divulgatore scientifico del nostro paese, e non solo – nonostante avesse compiuto i primi passi nella carriera professionale nello sport e nella cronaca nera – grazie alle sue interessanti, fortunate e seguitissime trasmissioni televisive. Ma dell’Angela giornalista hanno trattato tutti: quotidiani, settimanali, radio, televisioni. Meno noti i suoi esordi e le sue passioni: la musica e gli scacchi.
Piero era nato in corso Galileo Ferraris, 14, a Torino, figlio di Carlo, psichiatra (e “Giusto tra le Nazioni”, per aver salvato, nascondendo, nella struttura da lui diretta, un numero piuttosto rilevante di ebrei ricercati dai nazifascisti). Abitava, Angela, a poca distanza da casa Agnelli e raccontava che da ragazzino era stato invitato, con altri amichetti, a giocare a pallone nel campetto privato della grande famiglia di industriali e che, a fine pomeriggio, aveva ricevuto in regalo una maglia della Juventus, di cui è rimasto sempre un tifoso. A scuola aveva frequentato il classico “Massimo D’Azeglio”(per tre anni) e poi il “Vittorio Alfieri” (gli ultimi due). Lui stesso confessava di aver avuto alle superiori un “rendimento scadente”.
Si era iscritto ad Ingegneria al Politecnico, ma dopo un paio d’anni aveva mollato. Non faceva per lui. Si era, nel frattempo, diplomato, ed in maniera brillante, al Conservatorio “Giuseppe Verdi” in clavicembalo. In effetti, già a sette anni, aveva iniziato a seguire lezioni di pianoforte. Diciottenne, o giù di lì, aveva cominciato a suonare nei locali torinesi quali l’Hot Club (dove si esibivano Fred Buscaglione ed Enrico Rava), mentre nel centro psichiatrico diretto dal padre aveva avuto i primi approcci col gioco degli scacchi, con risultati eccellenti. La musica, comunque, lo coinvolgeva di più. In particolare il jazz.
Con un amico era riuscito ad imbucarsi ed a salire sul palco, a Torino, durante una esibizione di Rex Stewart e Dizzy Gillespie. Nel 1949, a 21 anni, aveva guadagnato una discreta cifra suonando nella stagione estiva alla “Capannina” di Viareggio, gestita dal mitico Sergio Bernardini: Peter Angela – questo il nome d’arte scelto quale jazzista – suonava il pianoforte, il suo amico Gigi Marsico, la chitarra elettrica. Il gruppo si esercitava sulle registrazioni di pezzi appositamente prodotti negli USA per le truppe americane. Poi, nei primissimi anni Cinquanta, con il batterista Franco Mondini aveva formato un trio, al quale si aggìunsero, via via, solisti del peso di Ninì Rosso, Nunzio Rotondo, lo stesso Rex Stewart. Una esperienza breve l’aveva vissuta col quartetto Rotondo e un’altra con Franco Cerri (col quale, ancora minorenne, andava a seguire, dall’esterno, nel capoluogo piemontese, i concerti di Gorni Kramer e del quartetto Cetra).
Era stato proprio Marsico, giornalista, a propiziare il suo ingresso nella redazione del “Gazzettino piemontese” prima e poi alla Rai, in via del Babuino a Roma, nel 1953, dove uno dei suoi amici più stretti sarebbe diventato il collega Enzo Tortora, anche lui con un passato di musicista (percussionista, per la precisione). Pochi mesi prima sempre Marsico, lo aveva invitato in una sua trasmissione in Rai in cui Peter aveva suonato, alla grande, un arrangiamento di “Lovers”. Nel frattempo Angela si era fidanzato (nel 1951) con una promettente ballerina della Scala, Margherita Pastore (18 anni, minuta, ma bella e fine e con grandi occhi azzurri), incontrata ad una festa di amici comuni a Torino.
Un “coupe de foudre” per entrambi: pur assunto in Rai a Roma e poi inviato a Parigi e a Bruxelles quale corrispondente, il rapporto con Margherita (che per amore aveva abbandonato, a sua volta, la carriera di ballerina) invece di sfilacciarsi si rafforzò, tanto che la coppia si sposò nel 1955. Tre anni dopo nacque Christina e poi, nel 1962, Alberto. Il lavoro, assorbente e la famiglia avevano spinto Angela a riservare alla musica (come agli scacchi) una dimensione intima, privata. Eppure, solo poche ore prima di spegnersi, aveva chiesto ad un amico se era riuscito a recuperare negli archivi Rai la registrazione della sua esibizione con “Lovers”. Aveva in animo, infatti, di incidere un disco con alcuni dei suoi pezzi di migliore riuscita. Forse si sarebbe rivelato un successo anche quello.
Elio Clero Bertoldi
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