NAPOLI – Inutile nasconderlo: a Pasqua, in occasione di qualche giorno di relax, volenti o nolenti un pensierino alla propria vita lo si fa. Una sorta di messa a punto di uno stato d’essere, un tagliando per verificare a che punto si è, quali sono i dettagli da curare, quali necessità tra famiglia, lavoro, rapporti, amicizie vanno approfonditi. Nei giorni di Pasqua s’insinua sottile e docile una possibilità di riprendere in mano la consistenza della propria esistenza, di fare della propria vita un capolavoro come diceva San Giovanni Paolo II. Prendere in mano la propria vita? Ma che vuol dire? Che senso ha un’espressione così? Sembra roba d’altri tempi soprattutto in un periodo come questo dove la restrizione ideologica porta in maniera costante ad un rallentamento dei rapporti, della quotidianità banale e spicciola della vita. La fragilità dei tempi in cui viviamo è anche questa: credere che non esista possibilità di riscatto, una mano che ti rialza, un abbraccio che ti salva, ti perdona, ti risolleva, ti inonda di un amore infinito, paziente, indulgente, ti rimette in carreggiata. Prevale il più delle volte una rabbia, una pretesa sulla vita, un accanimento sconsiderato su persone e cose quasi che tutto debba essere dovuto.
Ma come un capolavoro? Troppo spesso, purtroppo, ci accontentiamo dei più fugaci e immediati piaceri (anche in termini di soddisfazione legittima). Troppo spesso la fatica di un lavoro su di sé porta ad una superficialità dell’essere (“nun ce pensà”), ad una disattenzione o disaffezione verso sé e gli altri, quasi che dovesse scendere dall’alto la soluzione ad una problematica concreta. Di sicuro i miracoli accadono, ma il lavoro è certamente la strada educativa necessariamente da percorrere. “Fa’ che ogni giorno sia Natale” diceva Freddy Mercury qualche tempo fa nel desiderio di vedere e rivedere quotidianamente un nuovo inizio. Oggi potremmo dire “Fa’ che ogni giorno sia Pasqua”. Nel senso di essere disponibili a rimettere in gioco, sempre, la nostra quotidiana tranquillità o, forse, la nostra quotidiana insoddisfazione. Perché?
Stanno venendo fuori dati allarmanti su ragazzi sempre più demoralizzati, stravaccati sui propri divani, nelle proprie stanze, nelle loro attese. Una zona grigia che, sembra, non lasci spazio a compromessi.
Sì, abbiamo bisogno di uscire da noi stessi, perché abbiamo bisogno gli uni degli altri. Eppure, ritorna sempre la tentazione di prendere le distanze dagli altri. Ma “il ‘si salvi chi può’ si sta traducendo rapidamente nel ‘tutti contro tutti’, e questo sarà peggio di una pandemia”. Nelle tempeste che stiamo attraversando non ci salverà l’isolamento, non ci salveranno le ideologie o le telenovele, i vari Netflix o le serie tv, che anzi ci renderanno sempre più distanti e insoddisfatti. Non ci salverà l’idolatria del denaro, che rinchiude in sé stessi e provoca voragini di disuguaglianza in cui l’umanità sprofonda. Non ci salverà il consumismo, che anestetizza la mente e paralizza il cuore. All’inizio dell’essere vero uomo non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.
Claudio Baglioni cantava “La vita è adesso” e adesso, con tutte le complicate e difficili implicazioni, bisogna cogliere le occasioni date, pur misere che siano. Cesare Pavese affermava qualche tempo fa “L’unica gioia al mondo è cominciare. E’ bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante”.
C’è sempre un momento, un’occasione in cui non solo possa manifestarsi un fatto, una situazione in cui si genera speranza, ma che si abbia la possibilità, se uno vuole, se si è attenti, di coglierlo. Un amico, una semplice “connessione”, ascoltare un alunno, un caffè con un collega. La Pasqua è sinonimo di rinascita, di attesa, di sorpresa, di una certezza. Sempre, in ogni istante, se siamo attenti, c’è la possibilità di cogliere un positivo per la nostra vita. E questo, grazie a Dio, non solo c’è, ma accade ora!
Del resto, la fede in una Storia che ci accompagna da 2000 anni che è presente ora come allora nonostante si tenti in ogni modo di censurarla, è il supremo atto dell’intelligenza umana. A noi sta il dovere di accogliere la realtà con lealtà e con positività constatandone amorosamente il senso, il significato ultimo.
Innocenzo Calzone
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