PERUGIA – Viene ricordato per una acuta intelligenza ed il carattere indomito, per i miracoli e soprattutto per la sua santità. Ma il papa di Todi, Martino I – eletto 74° pontefice il 5 luglio 649 – ebbe anche una vita travagliata, complicata e infine tragica dovuta proprio al suo coraggio e alla sua fermissima, saldissima fede. Martino – che secondo la tradizione orale sarebbe nato ai piedi del colle di Todi, in località Pian di San Martino – visse in tempi decisamente difficili e complessi. In Italia dominavano i Longobardi e la potenza del tempo risiedeva in Costantinopoli, dove sul trono sedeva l’imperatore bizantino Costante II. Quest’ultimo propugnava teorie eretiche sulla natura di Cristo (l’eresia monotelita o del patriarca Sergio) da un lato e rivendicava per sé, sotto il profilo politico, la conferma delle nomine dei pontefici di Roma.
La teoria propugnata da Sergio sosteneva che in Cristo esisteva un’unica volontà, mentre il papato replicava che Cristo possedesse due volontà naturali “senza divisione, commutazione, separazione confusione, secondo l’insegnamento dei Padri” (tesi poi riconosciuta valida dal Terzo concilio di Costantinopoli del 680-681 e approvata da papa Leone II). Martino I, per respingere le tesi eretiche e le intromissioni dell’imperatore, convocò appena eletto un sinodo in Laterano, al quale parteciparono 105 vescovi. Al termine dei lavori le teorie di Sergio e dei suoi seguaci vennero condannate. Il papa, a conclusione dei lavori sinodali, pronunciò una durissima enciclica.
La controversia teologica finì per incancrenirsi e la tensione tra le parti raggiunse livelli enormi. Lo stesso pontefice riuscì a sfuggire ad un attentato sacrilego: all’ultimo momento Martino I si sottrasse al pugnale di un sicario, pronto a colpirlo a morte addirittura durante la celebrazione della messa al momento della Comunione in Santa Maria Maggiore: si parlò di miracolo in quanto l’esecutore materiale al momento di sferrare il colpo mortale sarebbe stato accecato, temporaneamente, da una luce abbagliante. Costante II ordinò al nuovo esarca – il precedente, Olimpio, pur avendo ricevuto gli ordini imperiali non aveva creato fastidi al pontefice – Teodoro I Calliope (il governatore bizantino in Italia) di catturare il papa e di portarlo a Bisanzio.
Il 15 giugno 653 in San Giovanni in Laterano papa Martino I cadde, con un tranello, nelle mani degli sgherri dell’esarca. Trascinato prima a Miseno, poi in nave, nell’isola di Nasso arrivò poi, dopo qualche mese, a Costantinopoli, dove da giovane era stato inviato quale “apocrisario” (oggi questo ruolo si definisce “nunzio apostolico”) per conto di papa Teodoro I, che ne apprezzava, in modo significativo, la saggezza e la santità di vita. Il pontefice romano in carica fu processato per alto tradimento, condannato a morte, tra sberleffi e irrisioni (fu messo anche alla gogna). Cercarono anche di fargli abiurare la condanna del monotelismo, ma Martino impavido, pure sofferente da tempo di gotta e di dissenteria, tenne testa ai carnefici.
Alla fine, anche per intercessione del patriarca Paolo II, la pena di morte fu commutata in esilio. E lo sfortunato pontefice venne mandato nella inospitale (allora) regione del Chersoneso, in Crimea. Qui il pontefice, lontano e dimenticato, perì di stenti il 16 settembre del 655. Il suo corpo venne sepolto nella basilica di Santa Maria a Blachernas in Cherson. In seguito i poveri resti vennero traslati a Roma. La sua memoria viene festeggiata il 13 aprile.
Elio Clero Bertoldi
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