ROMA – Quanti spettacoli, quante regìe teatrali e cinematografiche, quanta bellezza ha distribuito al pubblico mondiale, con la sua sapienza scenica, Franco Zeffirelli, pur col suo carattere spietatamente toscano (che le cose non le mandava a dire…). In occasione dell’anniversario della nascita del regista, il Teatro dell’Opera di Roma ha deciso di reinscenare (12-19 marzo) la celebre opera in un Prologo (assai originale e molto noto) e due atti: “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo.
Andò en première nel 1892, nel Teatro Dal Verme di Milano, diretta da Toscanini con pieno successo, tanto che fu la prima a raggiungere il milione di dischi, un successo che non si è più ripetuto con le opere successive di Leoncavallo. L’allestimento romano di Zeffirelli nel 1992 debuttò proprio al Teatro dell’Opera: il regista (oggi ripreso da Stefano Trespidi) amava tanto “Pagliacci”, da riuscire a portare l’opera in pubblico fino a poco prima della morte, al Carlo Felice di Genova nel 2011 e al Teatro dell’Opera di Muscat in Medio Oriente nel 2018 .
“Pagliacci” è uno strano miscuglio di finzione teatrale e realtà, che peraltro nasce da un fatto realmente accaduto e vissuto, un assassinio in scena in asse con quello rappresentato nella trama dello spettacolo, al quale Leoncavallo da piccolo assistè coi famigliari, rimanendone colpito fino a farne anni dopo l’opera lirica che conosciamo.
Nella piccola compagnia che si appresta a dare spettacolo, Nedda-Colombina (soprano georgiano Nino Machaidze), sposata col capocomico Canio-Pagliaccio (tenore Brian Jagde), lo tradisce perché innamorata di Silvio (tenore Vittorio Prato) e respinge il brutto e perfido Tonio (baritono Amartuvshin Enkbat). Questi si vendica rivelando la tresca a Canio: il quale inferocito perché ignora il nome dell’amante di Nedda, travolto dall’ira uccide in scena la donna, che nell’agonia rivela il nome di Silvio, così che Canio pugnala anche lui, e voltandosi al pubblico ammutolito grida: “La commedia è finita!”.
La scenografia realizzata da Zeffirelli è un intreccio stupendo di immagini di pagliacci, pubblico, moto, bici, locandine, bottiglie, comparse, costumi, tra il groviglio dei sentimenti di livore, odio, tenerezza, amore, paura e orrore. Il direttore d‘orchestra sarà il sensibile Daniel Oren, direttore della prima ora nel 1992, che guida anche il Coro e il Coro di Voci Bianche: vi sarà anche la Scuola di Danza del Teatro. I colori vivacissimi sono di Raimonda Gaetani (apprezzata già da Zeffirelli) e le luci di Vinicio Cheli.
ll regista subì l’invidia dei colleghi che per decenni lo accusarono – a proposito di quest’opera, della Butterfly ed altre – di descrittivismo e passatismo, ostentando l’aridità della loro astrattezza scenografica. Zeffireli ha sempre oltrepassato tutto, certo della sua arte, e mantenendo la solarità del suo temperamento, che pure non risparmiava a nessuno ironia e sarcasmo.
Paola Pariset
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