RIETI – La Piana di Rieti è entrata nel Registro Nazionale dei Paesaggi rurali storici e la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha finanziato il museo agricolo del paesaggio a Rivodutri “L’aratro e la falce” (in fase di appalto i lavori, in un ex edificio scolastico). Sono finora 27 in tutta Italia le aree inserite nel registro: fra queste, il paesaggio del prosecco superiore a Valdobbiadene, gli ulivi monumentali pugliesi, gli olivi terrazzati di Vallecorsa, gli uliveti a terrazze e lunette dei Monti Lucretili, alti pascoli della Lessinia, con il coinvolgimento di 12 regioni. Nel sito reterurale.it tutti i siti iscritti, le loro caratteristiche, il decreto che impegna gli enti a mantenere inalterate le caratteristiche riconosciute in sede di conferenza Stato-Regioni, pena la perdita dell’iscrizione nel Registro nazionale.
Il paesaggio della piana di Rieti è frutto di un lavoro antico, disegnato dalle opere dell’uomo, dove l’uomo non fa danni, ma migliora la fruizione del territorio arricchendolo. E’ un concentrato di risorse ambientali, paesaggistiche, storiche e produttive tradizionali, in un bacino omogeneo, delimitato e caratterizzato da storia e vicende comuni, su cui è possibile avviare una programmazione integrata, con il sostegno di tutti gli entri territoriali. Questo riconoscimento è il punto di partenza per politiche di sviluppo, in funzione dei fondi del Pnrr, che escludono i comuni al di sotto dei 15 mila abitanti, inducendo comuni, riserve, Regioni e Province, enti sovracomunali, a pensare il territorio come “area vasta” con lo sguardo lungimirante di una visione comune, pensando anche al grande evento del 2023 per gli 800 anni dal primo presente vivente di Greccio.
La città di Rieti con la sua storia e i suoi monumenti, il fiume Velino, collante di tutta la provincia, le sorgenti di Santa Susanna (una portata di oltre 5 mila litri al secondo fra le più importanti d’Europa), una grande pianura agricola, borghi e ville rurali di grande pregio (come i resti della villa del console Quinto Assio a Colli sul Velino), quattro santuari francescani, una riserva naturale, un sito di interesse comunitario (Sic), un’architettura contadina ancora intatta. Tutto ciò nel letto di un antico lago, il Lacus Velinus, che un tempo occupava tutta la valle, di cui oggi restano solo i laghi Lungo e Ripasottile, frutto di opere idrauliche e di bonifica fin dai tempi degli antichi romani.
La storia del lago risale al Pleistocene quando l’uomo viveva in villaggi su palafitte ai bordi del lago. La cascata delle Marmore è la conseguenza del “taglio” nelle cave a Marmore, effettuato per far defluire le acque sin dai tempi di Manio Curio Dentato, console romano di origini plebee, passato alla storia non solo per la vittoria sui Sanniti, ma proprio per le sue opere idrauliche, acquedotti, terme. Fu lui a prosciugare l’antico lago, ma lo scorrere delle acque calcaree del Velino nel corso dei secoli richiuse l’apertura e con la caduta dell’Impero Romano e l’abbandono della manutenzione delle opere di bonifica, i terreni tornarono a impaludarsi. Al periodo romano viene attribuita anche la realizzazione del canale di Santa Susanna e una rete di canali per far defluire le acque nel fiume Velino.
Nel X e XI secolo, con le invasioni barbariche, le popolazioni si rifugiarono nei centri fortificati sui colli circostanti. Successivamente si susseguirono diversi tentativi di architetti come Antonio da Sangallo con Paolo III Farnese, Giovanni Fontana con Clemente III, Paolo Maderno con Paolo V, che costruirono altri canali. Fu Fontana, nel 1596, a intuire che andava ripristinato il sistema idraulico di 1800 anni prima, riaprendo il taglio a Marmore, riuscendo a restituire all’agricoltura parte dei terreni sommersi. La soluzione arrivò negli anni ’30 con le idrovore del lago di Ripasottile e la costituzione del Consorzio di Bonifica ad opera del principe Potenziali e pochi anni dopo le dighe del Salto e del Turano. Senza il Consorzio e le sue idrovore, ancora funzionanti, il lago si riformerebbe, riproducendo le temute “pianare” che arrivavano ad allagare frequentemente la città di Rieti.
La piana mostra ancora oggi i segni di una economia basata sull’acqua, antichi approdi; Tommaso da Celano, biografo di San Francesco, racconta dell’arrivo in barca nella piana, oggi conosciuta anche come “Valle Santa”. Qui San Francesco ha trascorso alcuni anni lasciando segni tangibili con il primo presepe vivente, i santuari di Greccio, Fonte Colombo, Poggio Bustone, La Foresta. La mano dell’uomo ha trasformato la piana, rendendola agricola, ma il paesaggio è costituito anche da zone di alto valore naturalistico e faunistico intorno ai due laghi (meta degli amanti del birdwatching) in area demaniale, che si distinguono tra i campi di grano, le siepi di biancospino che delimitano gli appezzamenti, salici, orti, frutteti, sambuco, corniolo, olmo, erbe officinali ed erbe tintorie, in un connubio armonico su cui dominano il Santuario di Greccio, i resti dell’Abbazia di San Pastore, la collegiata di San Michele a Contigliano, sotto lo sguardo del monte Terminillo.
Un primo volume del Museo dell’agricoltura e del Paesaggio è costituito dalla raccolta di foto in bianco e nero dell’architetto Marcello Mari “Nel letto di un antico lago, la piana di Rieti, paesaggi di storia e di natura”. Mari ha collaborato alla stesura del Piano di riassetto dei laghi, al progetto del Museo e al bando di partecipazione che oggi ha dato i suoi frutti, dopo un percorso iniziato nel 2016 dall’allora sindaco di Rivodutri Barbara Pelagotti. “Ripartire dalla bellezza” è stato il tema dell’incontro all’auditorium di Santa Scolastica a Rieti in cui sono intervenuti, storici, politici, tecnici per confrontarsi sugli sviluppi futuri e le potenzialità a portata di mano, moderato dall’ex sindaco di Rivodutri che è intervenuta sul progetto del museo per il paesaggio.
Fabio Brini (agronomo della Riserva dei laghi e coredattore del dossier per l’iscrizione della Piana nel Registro Nazionale) ha illustrato il paesaggio agricolo della piana, Mauro Agnoletti (sistemi agricoli e alimentari, Università di Firenze) “il ruolo dei paesaggi storici per lo sviluppo rurale e la conservazione dell’ambiente”, Vito Consoli (direzione regionale capitale naturale, parchi e aree protette) “i paesaggi e le aree protette”, gli architetti del paesaggio Emanuele Von Norman e Rossella Ongaretto “il Manifesto della ripartenza per il paesaggio”, Patrizia Palenga è intervenuta per il Fai di Rieti, Roberto Lorenzetti sulla “costituzione del paesaggio nella valle reatina”, Roberto Marinelli ‘”acque e paesaggio, la grande bonifica”, Marcello Mari “pianificazione e paesaggio, l’esempio della piana reatina”, il vicesindaco di Rieti Daniele Sinibaldi e vicepresidente Anci Lazio “un sistema di luoghi di cultura per Rieti”, Miriam Cipriani “la Regione Lazio per la cultura”.
Francesca Sammarco
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