Lui si chiama Ovidio Marras ed ha quasi 93 anni. Fa il pastore da sempre ed è sardo. La storia che lo coinvolge comincia agli albori degli anni Duemila quando Ovidio, come ogni giorno, porta il suo gregge al pascolo a Capo Malfatano, costa sud-ovest della Sardegna. I terreni sono della sua famiglia e lì lui ci vive, ci abita e ci lavora da quando è nato. Ma quel giorno fatidico c’è qualcosa che non quadra perché si accorge che in quell’area (che conosce come le sue tasche) c’è uno strano giro di persone che vanno e vengono indaffaratissime. Sono tecnici che prendono le misure. Poco tempo dopo viene sistemata una recinzione.
Marras sporge denuncia. È solo contro tutti. Nemmeno l’allora sindaco di Teulada, Comune in cui ricade Capo Malfatano, lo appoggia. C’è un business pronto. Una mega colata di cemento da 150mila metri cubi. Con albergo, ville e casette. Insomma, l’intenzione è di costruire un resort di lusso. La società che aveva presentato il progetto era la Sitas, Società iniziative agricole sarde. Un nome che evoca appartenenze isolane e anche obiettivi legati legati all’agricoltura. In realtà, dietro c’era solo l’imprenditoria nazionale, come le famiglie Benetton e Caltagirone, e di agreste e bucolico non c’era proprio nulla.
Per convincerlo gli facevano promesse di ogni genere: “Guarda, Ovidio, che la tua terra te la paghiamo a peso d’oro. Costruiremo a Tuerredda hotel a 5 stelle con lussuose suite per gente ricca, ne faremo una nuova Porto Cervo… Dicci tu la cifra e noi te la diamo”. Ma Ovidio, pastore con pochissima istruzione ma dotato di orgoglio smisurato, rispondeva che lui a Porto Cervo non ci era mai andato e, per la verità, non sapeva nemmeno si trovava. E aggiungeva: “Guardate che io non vendo, questa è la terra di mio padre e del padre di mio padre e me la tengo… E voi qui intorno non avete diritto di costruire”.
Parte il primo ricorso al Tar, ma ci vogliono sedici anni perché la vicenda giudiziaria si concludesse in Cassazione con la vittoria di questo pastore che ha evitato il mostro edilizio in riva al mare, non distante nemmeno dalla spiaggia di Tuerredda, una delle perle della costa.
Ovidio Marras ha fatto causa contro megagruppi immobiliari rappresentati da stuoli di avvocati. Lo prendevano in giro come un vecchio scemo tignoso fuori dal tempo che si era messo contro poteri troppo forti, contro chi voleva gettare su uno degli angoli più belli e incontaminati della Sardegna una colata di cemento di 910 mila metri quadri, più o meno come un palazzo di dieci piani. Invece Ovidio ha vinto. Da solo e definitivamente.
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