ORGOSOLO (Nuoro) – La Sardegna è una terra di contrasti dai sapori forti o delicati, dai colori tenui o accesi e sgargianti, abitata da un popolo per alcuni riottoso, chiuso ma fiero, per altri discreto, gentile e ospitale. È considerata non solo la meravigliosa isola dalle acque cristalline, dalle sabbie fini e dalle coste rocciose che si gettano a picco sul mare, ma anche la patria del muralismo italiano e Orgosolo ne rappresenta la “capitale”.
Orgosolo, in provincia si Nuoro, è un piccolo paese di circa 4.200 abitanti. Si trova nell’entroterra sardo, nella zona che i romani, durante la loro dominazione, denominarono “Barbaria” e che oggi è conosciuta col nome di Barbagia. Il territorio è prevalentemente collinare e montuoso e l’attività principalmente praticata è quella agro-pastorale. La cittadina barbaricina ospita nelle sue strade ben 150 dipinti murales che decorano i muri delle case orgolesi e che attirano ogni anno la curiosità di migliaia di turisti italiani e stranieri. I murales sono dipinti che raccontano la storia e la quotidianità del paese, narrano di politica, malessere e giustizia sociale o rappresentano scene di vita comune legata al lavoro della terra e all’allevamento del bestiame.
La tradizione muralistica della Sardegna si fa risalire a Pinuccio Sciola, a un gruppo di architetti milanesi e al maestro Francesco Del Casino, ma di molti murales non si conoscono gli autori. Gli anni ’60 e ’70 sono quelli che hanno visto nascere la maggior parte dei murales orgolesi, grazie all’entusiasmo e alla passione politica e sociale che agitava gli animi degli artisti. I primi murales collettivi, infatti, con figure drammatiche, raccontano la vita dei pastori, la miseria e le lotte per la terra, quelli più politicizzati, databili intorno agli anni ’70 e ’80, raccontano le trasformazioni della società italiana. Oggi molti di questi dipinti, che per anni hanno accompagnato la vita della semplice gente di Orgosolo, col tempo hanno lasciato il posto ad affreschi che illustrano la quotidianità della vita pastorale e dei vari paesi sardi.
Il primo murales a Orgosolo fu firmato nel 1969 da Dioniso, nome collettivo di un gruppo di anarchici fondato nel 1965 e guidato dal lucchese Giancarlo Celli con un’ispirazione anarchica e libertaria. Pochi anni dopo, per onorare la Resistenza e la Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, un insegnante senese, Francesco Del Casino, e i suoi alunni della scuola media ne realizzarono altri, cui si aggiunse successivamente il contributo di diversi artisti e gruppi locali. Uno dei murales più importanti del paese descrive con pochi tratti di colore la rivolta di Pratobello, una rivolta popolare antimilitarista messa in atto col metodo della resistenza non violenta dai cittadini del paese nel giugno del 1969. Il murales ha un titolo, “Concimi non proiettili” e vuole ricordare come la popolazione orgolese si oppose all’utilizzo di Pratobello come poligono. Altri murales commemorano la lotta partigiana, e quello dal titolo “Caccia grossa ad Orgosolo” rievoca la storia del banditismo sardo.
I murales regalano ad Orgosolo un’atmosfera unica e inconfondibile che non capita di percepire altrove. Il paese sembra infatti una sorta di museo a cielo aperto o un libro di storia raccontato per immagini. Purtroppo a volte accade che chi vive in mezzo a tanta meraviglia non ne percepisca il valore, infatti spesso succede che la gente del posto, sebbene inconsapevolmente, vivendo dentro un’opera d’arte si è talmente abituata a ciò da non percepire più la bellezza e il messaggio morale di tali opere. Passeggiare per i viottoli di Orgosolo significa passeggiare immersi in una bellezza inusuale e affascinante che rapisce corpo e anima.
Con il tempo i temi rappresentati dai murales si sono evoluti e modificati ma sempre risulta presente il tema della guerra. Un murales infatti raffigura lo splendido quadro di Pablo Picasso “Guernica” e il cubismo è spesso stato adottato come stile dagli autori dei murales. Ancora sul tema della guerra il famoso murales “Felice il popolo che non ha bisogno d’eroi”, titolo tratto dalla citazione di Bretch, esprime il forte dissenso della popolazione orgolese alla guerra. “Siamo tutti clandestini” invece ci ricorda il dramma dell’emigrazione ed è ispirato al famosissimo quadro, “La zattera della Medusa “, del francese Théodore Géricault, che realizzò l’opera tra il 1818 e il 1819, mentre il murales dedicato a Piazza Tien An Men spazia su un evento che ha segnato in modo drammatico la storia della Cina.
Come si può comprendere ad Orgosolo l’arte muralistica è stata ed è tuttora strumento per rappresentare la propria concezione, morale o politica, del vivere narrando di storia, di politica, di vita quotidiana, ma soprattutto di tradizione e di Sardegna. Pastori che portano il gregge al pascolo, donne ritratte nell’atto di lavare i panni o raccogliere l’acqua alla fonte, o intente a svolgere sulla soglia di casa le faccende quotidiane o ancora a portare sulla testa cesti e panieri, sono solo alcune delle immagini che raccontano la storia centenaria di Orgosolo.
I murales di Orgosolo meritano senz’altro di essere visti. Parlano dei nostri tempi, delle vicende vissute nell’isola e nel “Continente”, e da tutti se ne può ricavare una morale. I murales sardi oggi rappresentano una nuova forma di arredo urbano ma sono soprattutto la nostra memoria storica e un monito per i giovani che non devono mai dimenticare chi siamo, da dove veniamo e che lungo e doloroso cammino spesso abbiamo dovuto percorrere per arrivare ad essere chi siamo oggi.
Virginia Mariane
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